Il mondo dello sport è da sempre colmo di baby prodigio e il padel non fa eccezione. In un universo ricco di giovani talenti che puntano – e spesso riescono – a inserirsi in mezzo ai grandi, il gioco della pala propone Andrea Ustero, 17 anni, mancina catalana baciata da madre natura che le ha donato talento, tocco e una capacità di divertirsi e divertire della quale ha fatto la sua priorità. Entrata nel giro grosso ad appena 15 anni, oggi è la sola minorenne fra le prime 16 della classifica mondiale (numero 14), grazie a un progetto con la connazionale Alejandra Alonso – di un anno più grande – che funziona sempre meglio.
La loro è una bella storia: non sono due ragazzine che si sono affermate a fianco di altre giocatrici e poi hanno deciso di unire i propri percorsi, ma hanno saputo scalare la classifica insieme, dimostrando che qualità, freschezza e voglia di emergere possono battere anche esperienza e abitudine. Applausi alla Alonso, che puntando su Andrea ci ha visto lungo: nel 2023 aveva già una buona classifica e opzioni interessanti, invece è andata a pescare una ragazza che aveva visto – e ammirato – solo nei tornei giovanili, trascinandola nel circuito “pro”.
Il resto è storia recente, con un 2024 condito dalla loro prima finale insieme nel circuito Premier Padel, più cinque semifinali che hanno portato entrambe nella top-16. E anche, per la Ustero, una finale nel Major di Parigi a fianco di Delfi Brea, quando la compagna si è dovuta fermare per infortunio e lei ha sfruttato l’occasione per migliorarsi ancora a fianco di una delle più forti del mondo. Un motivo in più per credere che il 2025 sarà ancora il loro anno: per guardare al numero uno è forse ancora presto, ma tutto ciò che segue non è affatto fuori portata e anzi, sarebbe una sorpresa se non vincessero almeno un titolo nel Tour.
“Sarò sempre grata ad Alejandra per la sua decisione – ha detto Andrea in una intervista –, perché ha puntato su di me nonostante ciò la obbligasse a tornare a giocare le qualificazioni, a causa della mia classifica di allora. Insieme a lei sono entrata nel padel professionistico e oggi è la mia migliore amica. L’unico rimpianto è la difficoltà ad allenarsi insieme lontano dai tornei: lei è di Valladolid, io di Barcellona, dunque siamo riuscite a organizzarci poche volte”. Colpa dei tanti viaggi, ma anche dello studio, visto che entrambe frequentano ancora le scuole superiori, dunque devono arrangiarsi come riescono.
Eppure, sin qui non è stato affatto un problema e le soddisfazioni sono andate in crescendo, gettando le basi per ambizioni importanti in vista della nuova stagione al via la prossima settimana a Riyadh. “A causa dei cambi di coppia – continua la 17enne di Barcellona – siamo scivolate alla nona posizione, quindi fuori dalle teste di serie. Pertanto puntiamo a tornare fra le prime 8 il prima possibile, e poi a vincere i nostri primi titoli. Lo scorso anno ci siamo dovute confrontare spesso con le numero uno Sanchez/Josemaria, l’unica coppia che non siamo mai riuscite a battere. Ma quest’anno credo che le rivali da battere saranno altre due: Delfi Brea, capace di fare cose incredibili, e Gemma Triay, perché gioca un padel di un altro pianeta”.
Affermazione forte, da parte di una ragazza che al talento abbina un caratterino niente male, e a padel è disposta a giocare solo alle sue condizioni. Che significa? Torna in mente un episodio del 2024, quando il coach le suggerì una tattica più conservativa e lei si oppose, definendola noiosa. “Io voglio essere aggressiva, giocare d’attacco. I pallonetti mi annoiano. Sono mancina, ho una buona mano, ho tante soluzioni e mi piace usarle. Gioco per divertirmi, e mi diverto solamente così”. Si diventa (baby) fenomeni anche in questo modo. Per fortuna.