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Scandalo doping, bufera su Magnini: indagini della procura ma per il Gip non ci sono prove

Il campione azzurro sarebbe stato il presunto destinatario di prodotti dopanti. Rinviato a giudizio il suo medico nutrizionista

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Filippo Magnini
Filippo Magnini

Filippo Magnini, campione di nuoto e compagno di Federica Pellegrini, sarebbe stato – secondo quanto scrive Il Giorno – il presunto destinatario di prodotti dopanti. L’olimpionico azzurro sarebbe stato per questo “intercettato, pedinato, anche al casello dell’autostrada” anche se –va detto subito – non c’è la prova che abbia utilizzato quelle sostanze.

Nell’odierna edizione di Libero Quotidiano.it, che rilancia la storia, si afferma che Magnini - stando alle carte della procura di Pesaro - "era destinatario anche di sostanze provenienti dalla Cina, nel giugno del 2016, con principio attivo la pralmorelina, ormone della crescita, sostanza anzidetta procurata per l'atleta Magnini Filippo che aveva in corso la preparazione per le gare olimpiche nell'anno 2016", si legge nelle carte dalla procura di Pesaro

A gennaio 2016, sempre dalle carte dei magistrati si apprende – stando ancora a Libero - che “erano destinate a lui fiale di Hygetropin, non ormone della crescita ma sostanza pericolosa per la salute”. Queste fiale sarebbe state sequestrate nei locali degli ambulatori, delle Poste e dell’aeroporto di Milano-Malpensa.

La vicenda - continua il quotidiano - prende l’avvio da una inchiesta su un traffico di sostanze dopanti rinvenute a marzo 2015 in un centro di fisioterapia, il Fisioradi. Gli inquirenti partendo da quella pista avrebbero ricostruito – ricorrendo anche a intercettazioni telefoniche ed ambientali – le amicizie e le frequentazioni del titolare del centro. Tra queste ci sarebbe stato anche Guido Porcellini, medico nutrizionista di Filippo Magnini, "condannato nel 2015 per traffico di cocaina (3 anni e otto mesi di reclusione)".

Ma c’è di più. Il lavoro dei Pm Monica Garulli e Valeria Cigliola avrebbe consentito di stabilire che “a novembre 2015 Magnini avrebbe presentato al suo nutrizionista un altro nuotatore, il suo amico Michele Santucci. Santucci, di Castiglion Fiorentino, specialista dei 100 metri e della staffetta 4×100, avrebbe chiesto a Porcellini “di procurargli dei funghi”, riferisce Libero. In un secondo momento sarebbe stato Magnini a chiarire col dottore che Santucci ‘parlava di funghi ma non erano funghi’”. Il medico a questo punto - si legge sul quotidiano - “fornisce i dati bancari per un versamento su postepay”.

Siamo come detto nel 2015 e la procura di Pesaro, a maggio, chiede una misura interdittiva. Tuttavia il Giudice per le Indagini Preliminari la rigetta perché “i risultati degli esami mettono in dubbio le accuse” e poi “negli altri casi non si hanno a disposizione i prodotti ma solo un enorme materiale intercettivo di non agevole e univoca interpretazione”.

Il Gip chiarisce inoltre che le sostanze di cui si parla "non contenevano la molecola della somatropina". Inoltre “considerando che “gli stessi inquirenti danno atto di come i rapporti tra Porcellini e Magnini sono legati a ragioni professionali viene meno la chiave interpretativa funzionale alla impostazione accusatoria”.

Secondo quanto riporta Il Giorno l’inchiesta si sarebbe conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio di Porcellini e De Grandis (dirigente di rugby) per “commercio di prodotti dopanti, falso, ricettazione e somministrazione di medicinali guasti”.

Per quanto riguarda Magnini invece non avrebbe commesso reati. Al massimo – secondo il Giorno – potrà essere sentito come testimone dell’accusa. Libero sostiene tuttavia che “è difficile che continui ad essere testimonial di I am doping free", il progetto che si batte contro il doping.

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