Anche di fronte ad un’Italia del tennis che non smette di stupire, sarebbe quasi da stolti dirsi “abituati” al prestigio, all’emozione di certe partite. Soprattutto quando di fronte, la sorte sceglie di mettere due tennisti – e forse anche due personalità – che hanno i loro evidentissimi tratti distintivi.
Di Mattia Bellucci, n. 92, il grande pubblico si è forse accorto solo all’ABN Amro Open, dopo la grandissima vittoria sul n. 7 Daniil Medvedev, la prima in assoluto contro un Top-10, per il tennista di Busto-Arsizio. Una lucidità fuori dal comune, la sua, se si considera lo storico di appena 18 partite giocate sul circuito ATP. E ora, alla 19ma, ad un passo dalla sua prima semifinale in carriera (in un ATP 500 che mette in palio 2.563.150 euro) è chiamato a ripetere un’impresa al cospetto di Stefanos Tsitsipas (n. 12).
Più che un contrasto di stili, quel che ci aspetta, è una sfida a tutto campo, tra due giocatori il cui bagaglio tecnico, nei giorni migliori, spicca più di ogni altra cosa. Lo ha mostrato contro Medvedev, l’azzurro, bravo a variare il più possibile, ad uscire dalla “trappola” degli scambi più lunghi a ritmo costante, e poi a mantenere i nervi saldi, come fosse lui il giocatore navigato, quando più contava.
Non ce ne voglia Medvedev, ma Tsitsipas – purtroppo per Bellucci – sulla carta potrebbe essere ben più difficile da cogliere impreparato con i cambi di ritmo. D’altronde, la versione che il greco sta mostrando in Olanda, è la migliore da diverso tempo a questa parte, soprattutto sulle superfici rapide, dove non raggiunge una semifinale dall’ATP 250 di Los Cabos, a febbraio dello scorso anno.
Per sconfiggere Tallon Grieskspoor (n. 43, annullando anche un match point nel secondo set, ha impiegato due ore e 59 minuti, giusto sette in più di quelli serviti all’italiano per superare Medvedev. Una partita, quella contro l’olandese, che in linea teorica, potrebbe anche aver seguito lo stesso binario sul quale muoverà quella con Bellucci.
Perfecting the underarm point ??#abnamroopen pic.twitter.com/KFdYG3V8fY
— Tennis TV (@TennisTV) February 5, 2025Incidere il prima possibile, mettere i piedi in campo e toccare, vicendevolmente, l’uno il “nervo scoperto” dell’altro. Bellucci, come il due volte finalista Slam, è un tipo riflessivo: loquace davanti ai microfoni, attento osservatore in campo. Più volte, sin quasi allo sfinimento, ha “pizzicato” Medvedev troppo lontano dal campo in risposta, e tante altre ha chiuso in maniera rapida sfruttando sapientemente la sua curva mancina.
Un’arma preziosa, nonostante i suoi 178 centimetri d’altezza piuttosto modesti per la Top-100 attuale. Ancor più preziosa per togliere il tempo al rovescio ad una mano (con i suoi risaputi problemi) dell’ellenico. Il quale, dal canto suo, può vantare una maggiore potenza ed un dritto tra i più “mortiferi” nell’intero panorama del tennis attuale.
"Mi sono detto che avevo avuto delle chances importanti, è vero, ma allo stesso tempo avevo sempre sognato una situazione del genere: essere un set pari contro Medvedev in un ATP 500 mi ha fatto stare nel match anche quando ero fisicamente stanco" ha raccontato Bellucci dopo il trionfo di mercoledì.
Oltre la barriera della fatica, anche quella pregressa, dovrà spingersi se vorrà prolungare il più possibile il suo torneo, alimentato dal piacere per un modo di giocare in cui si identifica, e dalla voglia crescere e apprendere. Per far sì che un match del genere, in un palcoscenico prestigioso, possa ancora una volta ammirare la migliore versione di sé stesso.