Ci sono quelli che la forza ce l’hanno dentro e quelli che hanno bisogno di trovarla fuori. Ci sono quelli come la rumena Sorana Cirstea che nel 2013 era arrivata al numero 21 del mondo grazie all’apporto di un coach Doc, come Darren Cahill - già guida di Agassi e Hewitt, ed ora di Sinner -, e dieci anni dopo, grazie ai consigli dell’ex pro Thomas Johansson, si ripresenta in una semifinale “1000”, a Miami, battendo come la settimana scorsa a Indian Wells Caroline Garcia e quindi anche la numero 2 del mondo, la regina degli Australian Open, Aryna Sabalenka.
GRAZIE, COACH
A Toronto 2013, Sorana ringraziò pubblicamente il coach australiano Cahill dopo il successo dei quarti contro Kvitova che la portava alla prima semifinale di un WTA Premier 5: “E’ sceso in campo sul 4-3 nel secondo set, ha indicato una ragazzina sugli spalti e mi ha chiesto: 'Secondo te quella lì dove vorrebbe essere adesso?'. Io gli ho risposto sicura: 'Qui, al posto mio'. E lui mi ha caricata nel modo ideale: 'Infatti, è per questo che sei qui perché hai lavorato tanto e hai sacrificato tutto, proprio per vivere momenti come questo. E non esiste altro posto al mondo in cui vorresti essere, vivi il tuo momento fino in fondo'. Così mi ha tolto tutta la pressione dalle spalle. Mi sono detta: 'Sono qui per giocare, divertirmi e dare il massimo. Lei è più forte di me, può anche battermi ma non gliela regalo la partita. Lotterò fino all’ultimo punto'”.
La settimana dopo, a 23 anni, raggiungeva la miglior classifica di sempre, ma a fine anno, limitata da più infortuni soprattutto alla spalla, cedeva la leadership nazionale alla stella nascente Simona Halep e anche il guru, Cahill, che passava proprio alla corte della rivale diretta.
PURGATORIO
Nel 2015 Sorana non solo è uscita dalle top 100, ma è scivolata addirittura al numero 244 del ranking WTA. Anche se già a fine 2016 era tornata all’81 e a fine 2017 era risalita al 37. Senza un super coach che le facesse insieme da motivatore e da bussola tennistica, è scesa di nuovo ed è tornata di nuovo su, passando delle top 80 alle top 40, senza grandi acuti fino all’anno scorso, quand’è arrivata al quarto turno agli Australian Open e, con un paio di semifinali, ha ripreso fiducia e anche la voglia di riprovarci sul serio.
Al punto da assoldare a ottobre un coach a 5 stelle come lo svedese Thomas Johansson. Che oggi, a 32 anni, dopo i quarti a Indian Wells e le semifinali a Miami, ringrazia pubblicamente proprio come dieci anni fa aveva fatto con Cahill. Perché la morale spiccia è facile: “Quando giochi bene, tutto diventa un po’ più automatico. Non pensi così tanto e il tennis è un po’ più semplice. Invece quando stai lottando con la fiducia, pensi troppo a ogni colpo e giochi ogni punto nella testa, così tendi a complicare le cose”.
Ma pur da veterana, Sorana è stata abbastanza umile da rimettersi in gioco: “Thomas mi ha reso un po’ più consapevole di tutto. Mi ha insegnato un po’ di QI nel tennis. Quando giocava lui, penso che sia stato uno dei migliori a leggere il gioco. Quindi ha condiviso questa sua forza un po’ con me”.
SEGRETI
Johansson ha incoraggiato Cirstea a dimenticare il mantra più comune ai tennisti pro, che il gioco si gioca al meglio concentrandosi su se stessi. “Lui leggeva il suo avversario molto, molto, bene. Quindi mi sta insegnando anche questo. Una cosa che sentivo che mancava completamente. Io mi sono sempre concentrata solo sul mio gioco e lo faccio ancora perché ho un gioco aggressivo ma lui mi ha reso più intelligente”.
Di certo le è servito molto osservare il linguaggio del corpo di Sabalenka, anticipando colpi e reazioni anche di giocatrici forti ma prevedibili ed umorali come Garcia. “Il discorso è tecnico e tattico, ma è soprattutto mentalmente che ora posso vedere il tennis in modo molto diverso da come ero abituata. Se sono migliorata enormemente e lo devo sicuramente a Thomas”. Anche perché oggi ormai tutti studiano tutti: “C’è un bel po’ di tattica, molti giocatori prendono anche analisti nel team. Il livello è così vicino che si riduce ai dettagli, una o due cose, uno o due punti qua e là che possono decidere la partita”.
E Sorana, dieci anni dopo Cahill, ha imparato a crederci con un altro super coach come Johansson che, cresciuto nel mito di Mats Wilander, vinse 9 titoli, salì al numero 7 del mondo nel giugno 2002 dopo aver beffato quell’anno lo strafavorito Marat Safin nella finale degli Australian Open, frastornato dalle famose Safinettes ma anche dal gioco completo e attentissimo dello scandinavo. Conquistando uno Slam che altri più forti di lui non hanno mai conquistato. Eppoi, malgrado gravi problemi al ginocchio, riportò anche uno svedese in semifinale a Wimbledon nel 2005.
FELICITA’
E’ complicato fare un tennista, è un puzzle di tante tessere che devono collocarsi alla perfezione insieme nel segno dell’equilibrio fra potenza ed aggressività. Come suggerisce la deliziosa Cirstea che ha sempre fatto strage di cuori sugli spalti: “Questa con Sabalenka è la più grande vittoria della mia carriera al culmine del momento in cui gioco meglio a tennis di sempre. Penso di aver sempre avuto il gioco, sono sempre stata aggressiva, in campo, e pericolosa, ma adesso vedo qual è la mia posizione in campo, vedo quella dell’avversario e valuto la migliore selezione di colpi, alterno la potenza con uno slice o una una palla alta, ci metto un po’ di varietà e sono una giocatrice più completa. Prima avevo un piano A e basta, adesso sento di avere anche un buon piano B, se il primo non funziona”.
Anche perché sono diminuiti i lapsus mentali: “Spesso in passato ero un po’ irregolare. E contro i migliori giocatori non ti è concesso: dall’inizio alla fine devi sempre essere molto solida, molto aggressiva, molto composta. Non puoi uscire dalla situazione nemmeno per un game solo, perché quello può essere il game che decide. Così, penso di aver trovato un equilibrio e quindi serenità sul piano personale insieme alla fiducia nel tennis: sono felice di giocare e lotto più che posso. Per cui dopo tutto il lavoro che ho fatto da ottobre, da quando è arrivato Thomas, oggi mai sento sollevata e felice”.
Dieci anni dopo, da super-coach a super-coach.