Non è mai troppo tardi per lasciare il segno nel circuito maggiore. Lo sa benissimo Evan King, trentaduenne statunitense, reduce dai due successi in doppio nei tornei Atp 500 di Dallas e Acapulco con il connazionale Christian Harrison e ora catapultato alla posizione numero 40 della specialità, suo best ranking. Insieme, King e Harrison sono anche la quarta coppia nella Race. Uscito dal college, Evan è il giocatore con il maggior numero di vittorie nella storia dell’Università del Michigan (record di 117-34 in singolare, 79-48 in doppio) e, tra gli innumerevoli riconoscimenti, è stato anche nominato per due volte tra i ‘Big Ten Athlete of the Year’, nel 2012 e nel 2013.
E pensare che il tennis lo ha cominciato a prendere sul serio molto tardi: "Fino a 12 anni giocavo a basket, non è che Chicago (dove è nato, ndr) sia una città così nota per il tennis e i tennisti. Mio padre era un super appassionato di sport e così in famiglia si provava un po' di tutto. Ma ho capito di poter fare sul serio solo verso i 18 anni, prima era tutto un po' random".
Dopo aver alternato, nei primi anni di carriera, l’attività universitaria ad alcune esperienze nel tour professionistico, ricoprendo per due stagioni anche il ruolo di ‘assistant coach’ per la squadra maschile dell’Università del Michigan, King prova a farsi strada dapprima in singolare, senza però mai andare oltre il 185° posto raggiunto nell’aprile 2018. Vincitore di sei titoli Futures, mette a referto soltanto una presenza a livello di tabellone principale nei tornei dello Slam, qualificandosi agli US Open 2017, battendo nel suo cammino a Flushing Meadows anche Salvatore Caruso.
In cinque partite disputate nel circuito Atp, lo statunitense colleziona soltanto una vittoria, otto anni fa a Los Cabos contro la wild card Manuel Sanchez (allora n.624 del mondo), mentre il giocatore con la classifica più alta da lui battuto è il numero 85 Atp Yoshihito Nishioka al Challenger di Aptos nel 2016. A livello Challenger, non si spinge mai oltre le semifinali, raggiunte per tre volte tra il 2017 e il 2019, rigorosamente sempre sul cemento, la superficie sulla quale tuttora ottiene le migliori soddisfazioni.
Archiviata una lunga ma non proprio entusiasmante esperienza da singolarista, King opta per un cambio radicale di priorità a partire dal 2023, decidendo di dedicarsi a pieno regime a quei doppi che, comunque, l’avevano sempre accompagnato anche nella fase iniziale della sua avventura tra i pro. Entrato per la prima volta nella Top-100 di specialità nel luglio di due anni fa, nelle ultime due stagioni mette a referto ben dodici titoli nel circuito Challenger, dieci di questi al fianco di Reese Stalder, il suo primo vero compagno fisso. A fine 2024, poi, arriva la decisione di iniziare a collaborare con Christian Harrison, fratello minore di Ryan, ex numero 40 Atp in singolare e anche ottimo doppista.
"Mi è sempre piaciuto il doppio - ha spiegato King, dreadlocks alla Dustin Brown ma tennis molto diverso - perché l'ho sempre affrontato in modo più leggero, rispetto al singolare. All'inizio giocavo solo con chi consideravo amico, non certo con partner a caso. Era un modo per arrotondare, non ero molto concentrato su questo. Poi ho capito che poteva arrivare qualcosa di serio. Si è trattato di una transizione particolare, che mi ha fornito tante opportunità che altrimenti non avrei avuto".
I due debuttano con successo nei Challenger sudamericani di novembre (vittoria a Temuco e finale a San Paolo), mentre a inizio 2025 sembrano pagare il salto di qualità (e di classifica) degli ultimi mesi, uscendo all’esordio in tre dei primi quattro tornei giocati. La svolta arriva a inizio febbraio all’Atp 500 di Dallas, quando King e Harrison passano le qualificazioni e, via via, battono coppie affermate come Salisbury-Skupski, Matos-Melo, Murray-Peers e, in finale, Behar-Galloway, riuscendo così a mettere in bacheca il loro primo titolo nel circuito maggiore, senza aver perso nemmeno un set nel corso della settimana. La conferma che non sia stato un successo frutto del caso arriva dalla finale raggiunta pochi giorni più tardi all’Atp 250 di Delray Beach.
Passano altre due settimane e il copione di Dallas si ripete ad Acapulco, nel secondo ‘500’ ravvicinato a cui i due statunitensi decidono di prendere parte: anche qui arrivano a sollevare il trofeo partendo dalle qualificazioni, lasciando appena quattro giochi all’atto conclusivo ai francesi Doumbia e Reboul. La vittoria in Messico consegna il 40° posto nel ranking di specialità a King e il 42° a Harrison, oltre al momentaneo quarto posto nella Race con 1.240 punti, a due passi dai britannici Cash e Glasspool. “Non possiamo negare di aver lavorato molto intensamente per arrivare a centrare questi traguardi. Abbiamo trascorso tanto tempo lontano da casa, sempre in giro per i tornei, e ci siamo allenati duramente per giungere al successo. Io e Harrison ci conosciamo abbastanza bene, ognuno di noi ha uno stile di gioco che ben si adatta alle caratteristiche dell’altro. È fondamentale avere fiducia nel proprio partner, in campo ci sentiamo sicuri e ci divertiamo”, ha ammesso King al termine della finale vinta ad Acapulco.
Nel frattempo, al di là dei successi, Evan pensa già al dopo carriera, con un obiettivo chiaro: "Mi piacerebbe diventare coach all'interno di un college, come quello in cui sono cresciuto. Si tratta di un ruolo molto stimolante, su questo ho pochi dubbi".
King e Harrison però intanto si godono questo straordinario momento di forma e possono sognare l’approdo alle Nitto Atp Finals di Torino. Dopo anni di sacrifici, sembra essere finalmente arrivato il momento della consacrazione nel circuito maggiore. Un bell’esempio per tutti quei giocatori che tendono ad abbattersi di fronte alle difficoltà: non bisogna mai smettere di crederci, perché può bastare un mese per dare una svolta alla propria carriera. Evan King lo può testimoniare.