L’Italia del tennis, la nostra migliore gioventù. Bravi, educati e anche vincenti
Gli azzurri hanno già conquistato due finali dello slam parigino sulla terra rossa: il doppio maschile con Bolelli e Vaassori; la finale femminile con Jasmine Paolini la petite italienne che ha fatto innamorare il pubblico francese. Oggi cercano un posto in finale Jannik Sinner (contro Alcaraz) e la ragazze, Errani-Paolini.
Bravi tecnicamente lo sono sempre stati. Adesso sono anche vincenti. Dicono che l’esempio di uno - Jannik Sinner - che ce l’ha fatta dia molte motivazioni in più anche a loro, al movimento. Non tutti possono diventare numero 1. Stare fissi nella top 20, però, e ogni tanto tentare qualche irruzione lassù in cima, sarebbe già un gran merito. E un gran divertimento. Come quello in questi giorni a Parigi dove la migliore gioventù del tennis maschile e femminile parla italiano. I campi rossi del Roland Garros esibiscono il tricolore in tutti i match delle giornate finali dello slam della terra rossa. Bolelli e Vavassori in finale nel doppio. Jasmine Paolini in finale nel singolare femminile. Oggi Jannik Sinner lotterà per un posto in finale contro lo spagnolo Carlos Alcaraz. Nel frattempo Jannik è diventato numero 1 ma a questo punto sembra quasi un “dettaglio”. Anche Jasmine e Sara oggi andranno in campo per un posto nella finale del doppio femminile. Rischiamo di avere un italiano o una italiana in ciascuna delle quattro finali più importanti dello slam. E tutto questo accade a un paio di mesi dalle Olimpiadi che si giocheranno dal 27 luglio al 4 agosto su questi stessi campi. Su cui possiamo dire che ci presenteremo in buona forma (per essere scaramantici).
Le Olimpiadi
Può bastare questo per capire perchè, appassionati tennisti o no, comunque innamorati del gesto sportivo, stiamo vivendo un sogno inimmaginabile anche per i più ottimisti e i più esperti. Martedì di questa settimana ci sembrava di vivere la leggenda perchè Sinner era diventato numero 1. Tre giorni dopo ci tiriamo i pizzicotti perchè piazziamo i nostri in due, forse anche quattro finali.
Non c’è nulla di casuale in questa performance collettiva che arriva, per paradosso, dallo sport più individuale tra tutti. E dopo vent’anni in cui la Federazione ha allineato su precisi standard quattro mila circoli e 14 mila maestri, ha riorganizzato le scuole tennis, i monitoraggi e i criteri di selezione di bambini e bambine dagli otto anni in su. Il presidente Binaghi, arrivato a Parigi in tempo per festeggiare Sinner e da allora non “riesce” più ad andare via, spiegava l’altro giorno che il suo omologo francese Gil Moretton ha già inviato per tre volte a Roma la delegazione della potentissima Federazione tennis francese per capire “il metodo italiano”. “E noi - allega le mani Binaghi - qualcosa glielo abbiano detto e qualcosa no”. La scuola, i tecnici federali, certo. Ma ciò che fa emozionare e regala sorrisi è che grazie a questi ragazzi seri, educati, scrupolosi, intelligenti e sorridenti, gli italiani si scoprono improvvisamente non solo talentosi - il talento non è mai mancato - ma anche vincenti. E in quello, francamente, eravamo un po’ più scarsi.
Singoli e doppi
In questi momenti la retorica è in agguato. Allora lasciamo parlare la cronaca. La prima parte della giornata ci regala la vittoria nella semifinale di doppio. “Airone” Vavassori (“lo chiamo così - dice Bolelli - perchè nessuno copre la rete come lui con guizzi fulminei e definitivi”) e “Maestro” Bolelli (“io sto bene davanti, sono tranquillo - dice Vavassori - perchè so di avere dietro uno come Simone che sa vedere i campo e mi guida”) hanno battuto in tre set (7-5/2-6/6-2) la coppia Rohan Bopanna e Matthew Ebden che li aveva già battuti in finale nel primo slam di stagione, quello australiano. Cadono record ormai ingialliti. Per la prima volta dal 1959 di Pietrangeli-Sirola una coppia maschile torna in finale di doppio a Parigi.
Era iniziata malissimo con i nostri sotto 1-4 nel primo set. Simone e Andrea recuperano con lucidità e sul 5-5 trovano il break e il primo set. Come se i veterani fossero loro e non la ben più esperta coppia avversaria. Che infatti reagisce e chiude la seconda partita 6-2. Nel terzo set gli azzurri si risvegliano grazie soprattutto ad un monumentale Vavassori che, appunto, copre la rete come un airone, entra e chiude su tutte le palle.
Tutti pazzi di Jas
C’è poco tempo per gioire. Alle 17 entra in campo Jasmine Paolini che i quindicimila del Roland Garros chiamano già “Jas, la petite italienne”. Se la deve vede con un’altra Lolita del tennis femminile, la russa Mirra Andreeva, 17 anni appena compiuti, l’anno scorso qui aveva fatto le qualificazioni avanzando due turni e incantando tutti con un magnifico rovescio e più in generale uno straordinario tempo sulla palla. La ragazzina russa, treccia bionda e occhi da cerbiatta, ha osato eliminare una watussa come la numero 1, la bielorussa Aryna Sabalenka che non si aspettava tanta precisione e costanza. Jasmine, a sua volta, aveva battuto la numero 4, la kazaka Rybakina, una alta 20 centimetri più di lei, 183 cm contro 163. In campo Jasmine ha usato con entrambe la stessa tattica di gioco: non ha dato mai ritmo, ha mosso tanto la palla mandando fuori giri tenniste con leve lunghe, potenti ma meno agili negli spostamenti e nei cambi di ritmo. Con la Rybakina è stata più dura, tre set. Ieri contro la Andreeva è stata quasi una formalità: 6-3/6-1 in un’ora e quindici minuti.
Jas e la fortuna di essere “mista”
È la quarta azzurra a raggiungere la finale di Parigi dopo Schiavone (“ricordo molto bene quella partita, ero al circolo con i miei amici” diceva ieri Jasmine), Errani (“invece la sua non l’ho vista” ha aggiunto ridendo), Trevisan. Alcuni segni particolari di una ragazza che sabato giocherà la finale a Parigi e si definisce “normale”. E’ velocissima e molto coordinata, tutto questo le dà una dinamica nei colpi molto potente, profonda e precisa. “Probabilmente devo dire grazie al mio nonno ghanese. Ma anche alla mia mamma polacca” se la ride rivendicando “la fortuna di avere sangue misto”. Un altro segno particolare è il sorriso, cristallino, contagioso, solare sul viso tondo circondato dai riccioli. “Sorrido perché mi fa bene, me lo dice sempre anche il mio coach (Renzo Furlan, top 20 negli anni novanta che ha già “vinto” Parigi con Francesca Schiavone, ndr). Mi migliora l’umore e mi migliora come persona. Ora sorrido perché mi godo il torneo”. Il terzo: ha capito, a 28 anni, che si può diventare vincenti. Basta volerlo e crederci. “Adesso so che posso vincere e questo quando scendo in campo fa la differenza”. Possiamo aggiungere che un filo di questa sicurezza è arrivata anche grazie al doppio giocato ormai da un anno con Sara Errani, anche lei finalista a Parigi. Le due “petite italienne” - le chiamano affettuosamente così - giocheranno oggi la finale. Hanno vinto a Roma. E sono quinte nella race dell’anno. Bolelli e Vavassori addirittura quarti.
E poi c’è Jannik
A seguire, sul Centrale (ore 14.30) ci sarà Sinner-Alcaraz. I precedenti sono quattro pari. Ma questa partita vale molto più di uno spareggio fra i due ventenni che guidano la classifica. Sarà, quella di Parigi, dopo vent’anni, la prima finale di uno slam senza i big 3. Senza Federer, Nadal e senza Djokovic. L’Itatennis in compenso a otto giocatori nei primi cento. Jasmine ha ottime compagne di squadra in Elisabetta Cocciaretto, Martina Trevisan, Lucia Bronzetti. E poi Sara, ormai la veterana del gruppo, a 37 anni anni ancora lì che lotta dopo essere stata a un passo dall’addio e che sembra aver ritrovato l’argento dei vent’anni. A cui ora aggiunge tanta esperienza. La nostra migliore gioventù.