Nadal e l’arte di saper dire addio. Senza dirlo. “Mi sento molto meglio di quello che mostro in campo”
Perde contro il top ten Hurkacz in due set (61-63) e lascia il torneo di Roma tra rabbia e delusione. Ma proverà ancora al Roland Garros. E quindi ringrazia ma dice no alla cerimonia di “addio” preparata per lui. “Ci sarà tempo quando sarà il tempo”

Una cosa è certa: Rafa Nadal non accetterà mai di dire addio a vent’anni di agonismo e talento e vittorie dopo una partita così “brutta” come quella giocata oggi sul Centrale del Foro Italico agli Internazionali bnl d’Italia. Non può dire addio - anche se poi magari succederà davvero - davanti a un pubblico che non lo vuole salutare e lo acclama come se questa non fosse l’ultima volta ma solo una brutta partita. E così saltano tutti i piani e le previsioni. Persino le cerimonie celebrative preparate nel massimo riserbo e cura in questi giorni e di cui qualcosa era anche trapelato. Messo lungo “l’ultimo” rovescio, Rafa stringe la mano a Hurkacz, prende la borsa, lancia al publico una maglietta sudata e se ne via in fretta nella pancia del Centrale che lo ha visto vittorioso qui dieci volte. La prima è stato a maggio 2004 e quel ragazzino che sembrava così irriverente con i pantaloni a pinocchio e la maglietta tagliata sulle spalle vinse in cinque set l’argentino Guillermo Coria, finalista a Parigi nello stesso anno. Fu la finale più lunga di sempre a Roma. E chi c’era allora e c’è anche oggi capisce benissimo perchè Rafa Nadal non può dire addio al tennis e a Roma dopo una partita così. Sarebbe come rinnegare se stesso, vorrebbe dire arrendersi per uno che non si è mai arreso. “Cerimonia celebrativa? Non ne so nulla. Non ho mai detto che questo sarebbe stato il mio ultimo torneo qua. L’ho detto a Madrid perchè so che là sarà così. Qui potrebbe essere così al 98% che non è il 100%. Qui ho sensazioni diverse rispetto a Madrid, a Roma è una storia diversa, insomma non ho chiesto e non mi aspettavo nessuna cerimonia onestamente. Se mi ritirerò, avranno il tempo di organizzare qualcosa se vogliono nei prossimi anni”.
Nadal arriva dunque in sala stampa per la sua ultima conferenza stampa a Roma di questa stagione pochi minuti dopo il match di secondo turno (Hurkacz 61-63), il tempo di una doccia veloce, il passaggio sul ponte di ferro che unisce la players lounge con il Centrale e dove si è riunita la folla del Foro italico per acclamarlo ancora. Si sforza di rispondere con la consueta disponibilità ed educazione ma è chiaramente un misto di rabbia e tristezza. Non è andata come sperava che andasse.
Come esprime anche la tua faccia, Rafa, è stata una brutta partita
“E’ stata dura, ovviamente. Ho cominciato bene il match, i primi giochi, circa mezz’ora, ho avuto la chance di giocare bene. Poi ho subìto il break e ho perso un po’ la strada per tenerlo in fondo, spingerlo fuori dal campo che è quello che bisogna fare con lui. Credo che il risultato del primo set sia bugiardo rispetto al gioco espresso. Dopodiché lui ha giocato meglio di me nel secondo. Ha servito bene. Per me è stato difficile rispondere. E’ difficile sentire di avere la reale possibilità di rispondere al suo servizio senza però essere capaci di metterlo in difficoltà e di spingerlo all’errore. Ecco com’è andata. Lo deve accettare. Difficile però perchè mi sento molto più pronto ai matches di quello che faccio in realtà vedere. E questa è una brutta sensazione per me perchè mi sento meglio di quello che faccio vedere in campo. Questo mi crea dubbi. Del resto non ho giocato molto negli ultimi due anni. Ma con troppi dubbi e troppe domande non si riesce a giocare bene”.
La gente qui sotto ti acclama, Rafa. Senti i cori… Qual è il tuo sentimento quando vedi queste scene? Per cosa vorresti essere ricordato?
“Mi sono sempre sentito molto amato e rispettato in tutta la mia carriera. Dunque oggi non è un’eccezione. E’ chiaro però che quando le persone capiscono che non avranno più molte possibilità di vedermi giocare, sentono più emozioni, po’ più tristi anche perchè probabilmente sanno che un’era importante nella storia del tennis sta per finire. Del resto io sono colui che ha vinto più volte questo torneo”.
Per cosa vorresti essere ricordato?
“Come giocatore di tennis vorrei essere ricordato per i risultati che ho raggiunto. Come persona per essere stato un esempio spero positivo di rispetto, volontà e buona educazione”.
Quanto è difficile ritrovare la forma dopo tutti questi infortuni e tutti questi dubbi?
“Lo avete visto oggi in campo quanto è difficile trovare la forma. Giocare come ho fatto oggi è una possibilità. E la devo accettare. Adesso ho due possibilità. La prima è ammettere che non sono pronto, che non sto giocando abbastanza bene e che quindi non è il caso di giocare.
La seconda?
“Accettare come sono oggi e lavorare nel modo giusto per cercare di essere in una forma migliore nelle prossime due settimane. La decisione, come potete, immaginare, non è ben chiara adesso nella mia testa. Ma se vi devo dire ora come la penso e cosa sento, il mio stato d’animo è molto più vicino alla seconda che alla prima”.
E Parigi, il Roland Garros?
“Fisicamente ho dei problemi ma non ancora abbastanza per rinunciare al più importante torneo della mia carriera. Vediamo cosa succede, quale sarà il mio stato d’animo e fisico giorno per giorno nella prossima settimana. Se mi sentirò pronto, andrò a Parigi e lotterò per tutto ciò per cui ho combattuto negli ultimi quindici anni. Anche se ora sembra impossible. In molti momenti della mia carriera sono stato capace di ripartire proprio qui da Roma. Soprattutto negli ultimi otto anni, arrivavo qui con qualche dubbio e poi ho ripreso a giocare. Non è successo oggi, ma è successo nel passato. Ecco perchè Roma è così speciale per me. Non sono il tipo che prende decisioni simili in momenti così difficili perchè confusi. Mi serve tempo e poi deciderò”.
Il tempo di capire se quello che sente - cioè di poter giocare meglio di come sta facendo, di poter tornare a tracciare il campo con le sue diagonali ad effetto e mirare agli angoli con velocità e precisione - è solo una questione di tempo. O si tratta di un tempo andato per sempre. Del resto il polacco era il primo top ten che incontrava dopo due anni senza tornei. Provaci ancora, Rafa.