[Il ritratto] Dagli insulti al trionfo: così Fognini dimentica le racchette spaccate e va verso l'Olimpo del tennis
"Ho sbagliato, anche se avevo ragione". Nel mezzo: anni di parolacce ai giudici di gara, perfino al padre, di grandi vittorie e di sconfitte sconcertanti. Ma il vento sta cambiando
Con Montecarlo, Fabio Fognini ha fatto nove tornei conquistati in singolare, - e in Italia solo Adriano Panatta aveva fatto meglio di lui vincendone dieci -, ed è salito al dodicesimo posto del ranking. In conferenza, un po’ più rilassato del solito, ha persino sorriso ai giornalisti: «Siete sempre lì a chiedermi la stessa cosa...». Cioè, di essere nella lista dei migliori, dei primi al mondo. Lui, li batte ogni tanto, come l’altro giorno Nadal. Il giorno che sconfisse Murray, chiarì bene il concetto: «Adesso tutti si aspettano che io strapazzi Nadal, Federer, Djokovic e che entri subito nella top ten. La verità è che sono maturato, ma, in fondo, resto sempre il solito cazzone...».
L'eterna promessa che non diventava realtà
Angelo Binaghi, presidente della Federtennis, disse una volta che «Fabio Fognini entrerebbe tra i primi dieci del mondo in carrozza se solo avesse metà della testa di Flavia Pennetta». Lui, Flavia ha fatto che sposarla, nel 2016, sorrisi e baci alla cattedrale di Brindisi, mese di giugno, e ci ha fatto anche un figlio, che hanno chiamato Federico, come il loro più caro amico, Federico Luzzi, scomparso nel 2008. A Montecarlo la Pennetta era accanto a lui, e Flavio alla fine le ha dedicato il successo. «Perché mi sopporta in tutto», ha detto. Che non dev’essere solo un modo di dire, visto che Fognini ha indubbiamente dimostrato, in ogni minima occasione, di avere davvero un caratteraccio mica male, che gli ha imbrigliato il talento e la carriera.
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Fabio secondo la moglie
Flavia, che è stata la più grande tennista italiana, prima di ritirarsi il 29 ottobre del 2015, dopo aver vinto l’US Open, lo descrive invece come un’altra persona, affettuosa, intelligente, dolce: «Ci capiamo con uno sguardo e ci diciamo le cose in faccia». Erano grandi amici, prima di mettersi insieme, un giorno, a Barcellona, - dove vivono tutt’e due -, mentre si confessavano le loro delusioni d’amore. «Abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto, fatto di risate, consigli, confronti aperti sul tennis e sul privato», ha raccontato Pennetta. «E molte decisioni della nostra carriera le abbiamo prese dopo esserci consultati». Così, quando finirono le loro ultime, complicate relazioni d’amore si trovarono a parlare, parlare, parlare... «E poi è successo. Senza strategie e ragionamenti. E’ successo e basta». Fabio, dice Flavia, è padre affettuoso e marito di generosi sentimenti. Mettiamola così, che a volte le apparenze ingannano. Fognini è uno che ha battuto i più forti del mondo e ha perso con i più deboli, baciato da una classe che funziona a intermittenza, a seconda del suo umore.
"The drama king"
Alla resa dei conti, ora come ora, e nonostante la gioia di Montecarlo e i 9 titoli in singolare, è più famoso per le sue sfuriate che per le sue vittorie. Usa Today l’ha battezzato The drama King, il re della sceneggiata. E in effetti, qualche volta «il cattivo ragazzo» l’ha combinata proprio grossa. Come quel giorno che se la prese con Louise Engzell, giudice di sedia fra i più stimati del circuito, bollandola a voce alta, dopo una lite, con il più offensivo degli epiteti: «Sei una ...
...».
I giudici vantano una posizione di assoluta preminenza nella carrellata delle sue sfuriate. A Wimbledon si buttò per terra dopo una decisione che non approvava, prima di inscenare un siparietto con l’arbitro: «Ma che cazzo fai?». Quella volta la presero tutti a ridere, anche sugli spalti. Ma nelle sue performance migliori non è andata così. Per protesta, un’altra volta ha levato gli occhiali dal naso del giudice e glieli ha piazzati tra i capelli, e poi se l’è presa contro il suo avversario, Teymuraz Gabashvili, per le sue grida al momento di colpire la pallina: «Neanche la Azarenka urla così. Figuriamoci a letto cosa sei!». Alla fine del match ha rivolto un gestaccio al pubblico che non aveva approvato troppo le sue intemperanze e ha gridato «Io contro tutti», uscendo senza salutare nessuno, una delle consuetudini obbligate dal fair play molto english del tennis. A Shanghai ha mostrato il dito medio uscendo dal campo e sempre in Cina, dopo aver buttato la racchetta a terra, ha fatto il verso della papera, come di chi parla tanto, al giudice con il quale aveva avuto una lunga discussione. All’Australia Open 2016 s’è esibito in un’altra lamentela: «Anche quando non faccio niente mi danno penalty point. Ma che cosa devo fare? Sparire dal mondo? Noooo!».
"Zingaro di m..."
A Rio de Janeiro, di nuovo contro il giudice di sedia, una delle sue vittime preferite: «Ma dove ti hanno preso? Ti giuro su mio figlio che è l’ultima volta che stai con me in campo». Un’altra volta è ripreso in primo piano dalla telecamera mentre in una pausa del match insulta persino suo padre: «Io ci metto la faccia, non fare quella faccia da culo...». Ad Amburgo, invece, insultò il serbo Filip Krajnovic: «Zingaro di merda...». Il più delle volte ha chiesto scusa e senza tanti fronzoli: "Ho sbagliato, anche se avevo ragione". Dice che la tensione della sfida lo avvelena.
Battere il vento velenoso, e te stesso
Però, sui campi terrazzati di Montecarlo, tra il vento che soffiava velenoso dalla baia e un tabellone mica tanto favorevole, con la caviglia e la coscia che facevano male, non è mai andato in escandescenza una volta e ha vinto facendo anche un gran tennis, come contro Nadal, riportando indietro l’Italia alla tripletta di Pietrangeli negli anni della dolce vita. The drama King, il campione che spacca le racchette, una volta tanto ha battuto tutti. Anche se stesso.