Nuovo anno, nuovi obiettivi. Dopo aver collezionato diciotto titoli in doppio nelle ultime quattro stagioni ed essere arrivata alla posizione numero 72 nel ranking di specialità, Camilla Rosatello ha deciso di tornare a focalizzarsi sul singolare. Attualmente fuori dalla Top-300, la 29enne piemontese sogna di riportarsi a ridosso del 225° posto raggiunto nell’agosto 2017, per regalarsi nuove opportunità nelle qualificazioni dei tornei dello Slam.
Arriva da un anno e mezzo abbastanza complicato in singolare. Quali sono le cause?
“Tutto è cominciato dalla partecipazione insieme ad Angelica Moratelli agli Internazionali BNL d’Italia 2023: la vittoria su Kenin e Sasnovich al primo turno ha portato entrambe a focalizzare l’attenzione sul doppio. Il buonissimo ranking di specialità mi ha spinto a giocare diversi tornei di alto livello e, di conseguenza, ho dovuto limitare le mie presenze in singolare, ma nei pochi tornei disputati non ho mai sfigurato neppure con giocatrici importanti. Il focus era sul doppio per arrivare a giocare gli Slam, però credo di essermi sempre ben comportata anche nei tornei individuali. Ho preso molta consapevolezza dei miei mezzi lo scorso anno a Rabat, dove ho battuto Yue Yuan: mi sono sempre sentita vicina, come livello, alle Top-100, ma mi è sempre mancata un po’ di costanza perché faccio parte di quel tipo di tenniste che hanno bisogno di giocare tante partite per prendere il ritmo. La continuità non è mai stato un mio punto di forza, ma sto lavorando per trovarla più spesso. Ora sono tornata a concentrarmi sul singolare con l’obiettivo di partecipare alle qualificazioni Slam, ma punto a mantenere anche un buon ranking in doppio”.
Il suo best ranking di numero 225 risale al 2017. Cosa le servirà per tornare in quelle zone di classifica?
“Adesso che non ho più vent’anni sto cercando di giocare in modo più aggressivo, scambiando di meno e restando più vicina al campo. Fin da giovane sono stata impostata a giocare tantissimo sulla terra battuta, mentre il cemento era una superficie che sentivo lontana: assieme al mio gruppo di lavoro, ho deciso di aumentare la partecipazione ai tornei sulle superfici rapide perché il 70% degli eventi del circuito maggiore si giocano su questi campi. Ho sempre cercato di evitare il cemento indoor, mentre ora devo ammettere che mi ci trovo molto bene. Oltre alla parte tecnica, ci siamo concentrati anche sul lavoro mentale con l’obiettivo di arrivare a essere in grado di risolvere tutti i problemi che possono presentarsi durante le partite. Da questo punto di vista, sono impressionata da Sinner perché è sempre in grado di risollevarsi da ogni momento di difficoltà. Se mi rendo conto che il servizio o il rovescio non funzionano, devo trovare rapidamente una soluzione: questa è la cosa più importante, un passo avanti che può fare la differenza. Ho imparato a non abbattermi”.
Ci racconta della separazione da Angelica Moratelli?
“Penso che tra due donne si provino emozioni molto diverse rispetto a quanto accade tra gli uomini: non è un caso che quest’anno si siano divise anche alcune delle coppie più forti del circuito Wta. Io e Angelica abbiamo giocato insieme per tante settimane, la nostra separazione è stata dettata da divergenze tecniche e da una visione diversa del doppio, ma tra di noi non c’è alcun problema ed è rimasto un ottimo rapporto. Da un lato, nel periodo trascorso assieme a lei ho sofferto il fatto di poter giocare quasi esclusivamente in doppio. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo disputato la finale a Puerto Vallarta, poi ci siamo trasferite a San Diego e una volta lì mi sono resa conto che se non fossi arrivata in fondo in Messico sarei entrata nelle qualificazioni di un Wta 500. Dopo il divorzio da Angelica, non ho più trovato una compagna con cui poter creare un progetto a lungo termine”.
Papà Claudio riveste un ruolo fondamentale nella sua carriera.
“Sì, a lui devo tutto. Mi reputo una persona molto attaccata alla famiglia, la cosa più importante per me. Mio padre ha creato una struttura come il Tennis Stadium di Lagnasco in un periodo in cui non sapevo quale strada intraprendere e per questo motivo non smetterò mai di ringraziarlo. Quando rientro da lunghe trasferte, potersi allenare a un passo da casa è una boccata d’ossigeno. Mi emoziono ogni volta che parlo della mia famiglia: da adolescente non te ne rendi conto, ma quando cresci capisci di non poter fare a meno di chi ti ha cresciuto. Mio papà è una figura sempre presente, non mi fa mancare il sostegno neanche a distanza, tant’è che mi scrive un messaggio al termine di ogni partita: anche dopo le sconfitte, mi dice sempre di non mollare e di restare focalizzata sui miei obiettivi. Oltre a lui, però, devo ringraziare profondamente tutto il team, a partire dal mio coach Francesco Bessire, che è anche il mio fidanzato”.
Nelle duplici vesti di coach e fidanzato, Bessire è sempre presente a ogni sua trasferta. Che rapporto avete?
“Giro sempre con lui, ma fanno tanto per me anche Duccio Castellano e il preparatore atletico Riccardo Zacco. Francesco mi aiuta tantissimo ed essendo anche il mio fidanzato è in grado di comprendere ogni atteggiamento in campo, oltre ad alcune particolari sfaccettature del mio carattere. Mi ha spinto a tirare fuori alcune debolezze che mi portavo dietro sin da giovane”.
È stata Top-30 nel circuito Under 18. Che ricordi ha dei suoi primi anni di carriera?
“Quando ero giovane, il circuito Juniores era una tappa fondamentale nel percorso di crescita di ogni giocatrice, mentre adesso ho la sensazione che stia diventando meno importante. Ci sono molte ragazze che passano subito al professionismo, in particolare ho notato che ciò accade con le tenniste della Repubblica Ceca, una nazione che può vantare alcune 2007 o 2008 che giocano già benissimo tra le ‘grandi’. Penso di aver patito tantissimo il passaggio al professionismo: tra gli Under 18 si spinge senza ragionare, mentre nel mondo delle pro ti ritrovi di fronte giocatrici con stili differenti e tanta più esperienza. Tornassi indietro, comunque, rifarei in egual modo tutta la trafila Juniores perché mi ha permesso di giocare gli Slam e di apprendere tanto dai professionisti. Non si ha, però, la bacchetta magica: c’è chi è fortissimo da giovane e poi magari fatica a entrare in Top-200 o chi, al contrario, non ottiene risultati da adolescente per poi arrivare ai vertici delle classifiche Atp o Wta”.
Da giovane ha battuto Jelena Ostapenko, oltre ad aver affrontato Krejcikova e Bencic. Cosa le viene in mente ripensando a quelle partite?
“Ricordo ancora oggi la vittoria contro la Ostapenko ai quarti di finale di un Grado 4 in Svezia nel 2011. L’anno successivo, invece, affrontai la Bencic per due volte nel giro di pochi giorni: a Beaulieu-sur-Mer persi al tie-break del terzo set, ricevendo anche un warning per coaching a causa di alcuni consigli che mi diedero da bordocampo Giorgia Marchetti e Francesca Gariglio, due amiche che partecipavano allo stesso torneo. Nei match giocati contro la Krejcikova non ho mai visto la palla, perdendo nettamente, ma sono comunque tutte esperienze che ricordo con il sorriso. In poche, in fondo, possono dire di aver condiviso il campo con due campionesse Slam”.
A proposito di Slam, qual è il suo preferito?
“Sicuramente gli Australian Open, un torneo bellissimo in cui quest’anno ho passato un turno assieme alla Cristian battendo due ottime doppiste come Bucsa e Sizikova. Mi sono sentita quasi alla pari con ottime giocatrici, non sfigurando nemmeno con Fernandez e Kichenok al secondo round. Nella mia mente resta impresso anche il ricordo del debutto al Roland Garros perché era un obiettivo prefissato insieme alla Moratelli, ma Melbourne Park non si schioda dal primo posto. Capitolo a parte, invece, per Wimbledon: sull’erba si respira un’atmosfera diversa, il club ha un fascino indescrivibile e sono davvero contenta di aver potuto giocare su quei campi al fianco della Samsonova, una ragazza con cui ho condiviso un periodo della mia vita a Bordighera”.
Le esperienze accumulate in doppio si stanno rivelando utili per il singolare?
“Il doppio giocato ad alto livello mi è servito per perfezionare determinati aspetti in singolare. Ora la palla viaggia molto di più rispetto al passato, il tennis femminile è cambiato profondamente: ci sono delle ragazze attorno alla trecentesima posizione che giocano benissimo, mentre un tempo non era così. Il doppio mi ha aiutato sul servizio e sulla risposta, oltre che nel gioco a rete. Sono migliorata nelle volée, anche se giocarle in singolare è tutta un’altra cosa visto che c’è più campo da coprire. Vedo tante giocatrici che ora si stanno approcciando al doppio, consapevoli degli insegnamenti che questa specialità può dare. Come ha giustamente sottolineato Vavassori, al doppio si dà troppa poca importanza ma meriterebbe più spazio perché è bello e divertente: bisognerebbe lavorare sulla sua valorizzazione”.
Guardando al futuro, qual è il suo obiettivo per la stagione in corso?
“Punto ad alzare il mio livello di gioco per entrare nelle qualificazioni dei tornei dello Slam. La programmazione del 2025 sarà più orientata sui tornei di singolare perché vorrei ritagliarmi qualche nuova soddisfazione: credo di avere le qualità per farcela, ma ora la parola passa al campo”.