E' cominciata l'era di Jannik Sinner del nostro sport. Un campione e il coraggio della fatica
E' nata una nuova era dello sport italiano. E’ capitato qualche volta, quando il nostro Paese si è illuminato di campioni rari. E’ successo con Coppi e Bartali, con Thoeni e Tomba, o con la Pellegrini, tutti atleti che hanno segnato un’epoca. Ora tocca a lui. Ma la sua stella ha cominciato a brillare prima
Sublime from Sinner 🥕
— #AusOpen (@AustralianOpen) January 28, 2024
The Italian 🇮🇹 clinches his maiden Grand Slam title 🏆
He triumphs in five hardfought sets 3-6 3-6 6-4 6-4 6-3 to win #AO2024. @janniksin • @wwos • @espn • @eurosport • @wowowtennis pic.twitter.com/DTCIqWoUoR
Il 28 gennaio del 2024 alle ore 13 e qualche minuto, sotto il cielo di Melbourne, è nata una nuova era dello sport italiano. E’ capitato qualche volta, quando il nostro Paese si è illuminato di campioni rari. E’ successo con Coppi e Bartali, con Thoeni e Tomba, o con la Pellegrini, tutti atleti che hanno segnato un’epoca. Quando arrivano loro, c’è sempre un prima e un dopo. Ma il prima di Jannik Sinner non è oggi. Il 28 gennaio del 2024 è il giorno dell’affermazione e della certezza, l’inizio della nuova era. La stella di Sinner però ha cominciato a brillare prima, forse a Sofia, nel 2020, al suo primo titolo Atp conquistato, diventando il più giovane tennista italiano a vincere un torneo nell’era Open. Forse lì, quando era arrivato con il numero 44 del ranking mondiale, e dopo quella vittoria gli esperti dicevano che fra un po’ sarebbe stato fra i primi dieci. Lo diceva anche Angelo Binaghi, il presidente della Federtennis. Lui adesso è andato oltre. Il talento non va mai piano. Il talento corre. E Jannik Sinner, da San Candido, Bolzano, è uno che corre. E’ cresciuto in mezzo alla neve e alle rocce, poche parole al momento giusto e basta. Aveva messo gli sci a otto anni e a 13 era già campione italiano di slalom. Poi s’è convinto che poteva provare anche con le racchette a fare sul serio, e che forse era meglio, perché ha detto una volta, «lo sci non perdona. Il tennis ti dà sempre una seconda chance».
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Jannik Sinner
E’ il lavoro duro, la felicità nella fatica, il segreto del suo successo. L’ha sempre detto: «Io non ho paura della fatica. A casa mi hanno insegnato che c’è un solo modo per ottenere le cose, non aver paura del lavoro. Sono cresciuto così». Jannik è uno che vuole migliorare se stesso, che poi è la vera, unica, grande lezione di vita dello sport. Non si è mai arreso e adesso è arrivato in cima. A 14 anni aveva giocato la prima partita in assoluto a livello Future. E aveva perso subito, battuto in tre set dal tedesco Novotny. Oggi Novotny è molto lontano nel ranking mondiale. Sinner è quarto. Però quattro mesi dopo quella sconfitta, nel circuito juniores aveva cominciato con il belga Robin Vanhauve. E aveva perso ancora. Questa volta erano bastati due set. Ma il tennis, come dice Jannik, ti dà sempre una seconda chance. E da lì è cominciata la sua scalata. Fino a Sofia, quando abbiamo cominciato a fare i titoli grandi su di lui, a scrivere che era nata una stella, con quella finale al cardiopalma con il canadese Vasek Pospisil, battuto al tie-break del terzo set, soffrendo, arrancando e rincorrendo l’avversario fino alla fine. E’ uno che non molla mai, come diceva in quei giorni il suo coach, Riccardo Piatti: «E’ il più forte tennista che ho mai allenato. Arriverà lontano». Era arrivato da lui, a Bordighera, in Liguria, quando aveva 14 anni e non sapeva una parola di italiano. Ma i maestri di Brunico non bastavano più per il suo talento ed erano stati loro stessi a riconoscerlo. Si presentò con la sua chioma di capelli rossi e quello sguardo di un ragazzino che sa già quel che vuole. C’era solo il problema che bisognava apprendere bene quello che gli insegnavano e non era semplice: «A casa e scuola avevo sempre parlato solo in tedesco, non capivo quello che mi dicevano, la gente pensava che fossi irlandese». All’inizio, per intendersi, potevano usare soltanto il linguaggio universale dello sport. I gesti e le azioni.
Da lì, da Bordighera, era arrivato fino a Sofia. Ma per andare avanti, per migliorare se stesso, forse non bastava più. Sono cambiate tante cose da quel primo trionfo. Allora c’era Riccardo Piatti, adesso il coach è Simone Vagnozzi. Non c’era Umberto Ferrara, il preparatore fisico. Non c’era nemmeno il fisioterapista Giacomo Naldi, arrivato però al posto di Jerome Bianchi subito dopo quel primo trionfo. E non c’era ancora Maria Braccini, modella e influencer, con 191mila follower su Instagram, la fidanzata che adesso gli è sempre accanto. Ma c’erano quelli che ci sono sempre stati, c’era la sua famiglia, papà Hanspeter e mamma Siglinde, e il fratello Mark, adottato quando pensavano di non poter aver figli. Papà Hanspeter, una vita nei fornelli, quarant’anni in cucina e da venti nel rifugio Fondovalle in Val Fiscalina, e mamma Siglinde, che gli dà una mano a fare un po’ di tutto per mandare avanti la baracca e che quando Jannik la chiama per dirle come sta o per sfogarsi, gli dice: «Scusa, adesso devo lavorare. Mi racconti tutto in un altro momento». La fatica prima di tutto. Le cose conquistate con il sudore sono più belle, valgono di più. E lui lo sa che gli hanno insegnato bene, e per questo dopo il trionfo di Melbourne ha voluto ricordarlo pubblicamente: «Grazie alla mia famiglia, vorrei che tutti quanti avessero i genitori che ho avuto io. Mi hanno sempre dato la libertà di poter scegliere, per loro era importante soprattutto che fossi felice». Hanspeter e Siglinde ai loro figli avevano solo chiesto di fare bene le cose giuste, quello per cui vale la pena combattere e soffrire.
E’ così che siamo arrivati al 28 gennaio, l’inizio della nuova era. Sul cemento di Melbourne, Sinner ha piazzato il primo colpo su questa superficie nella storia del nostro Paese, perché nessuno prima di lui c’era riuscito lontano dalla terra battuta, com’era capitato a Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta, che avevano trionfato al Roland Garros. Ma Jannik vince dappertutto, è la stella che ha stravolto il tennis italiano. E non solo quello, a giudicare dai commenti di coloro che hanno perso contro di lui e non risparmiano complimenti, persino affettuosi, da Djokovic («Bravo, hai meritato»), a Carlos Alcatraz («Goditi il momento, te lo sei guadagnato amico mio»). Fino a Medvedev: «Hai dimostrato ancora una volta che sei cresciuto, hai lottato e te lo meriti». Il primo giorno dell’era Sinner è cominciato così, con i fiori e le carezze. Ci sarà tempo per le battaglie. Ci sarà tempo per tutto il resto.