Sinner rassicura i tifosi: "Il ginocchio? Niente di grave"

Una sfida racchiusa in poco più di mezz'ora. E' il tempo nel quale Jannik Sinner passa dal 2-5 al 4-5 nel secondo set contro Mackenzie McDonald, l'avversario che aveva sconfitto nella tiratissima finale dell'ATP 500 di Washington dell'anno scorso. E' la mezz'ora che lascia allo statunitense, numero 60 del mondo, la sensazione di aver mancato la chance di allungare il match. Ha avuto dieci set a disposizione, infatti, più un undicesimo più avanti. In molti casi, però, si è limitato ad aspettare, palleggiare, accorciare. Sinner, invece, ha capito che poteva, ha intuito che doveva, riprendere in mano il filo della partita. "Non mi piace lasciare punti facili
Il 63 76(6) 63 finale gli apre le porte del suo terzo ottavo di finale al Roland Garros e di una sfida non impossibile contro Andrey Rublev, vincitore 64 36 62 76(11) sul cileno Cristian Garin, che ha già sconfitto due volte sulla terra rossa.
Sinner ha giocato con una fasciatura sotto il ginocchio sinistro, spesso utilizzata come forma precauzionale per tenere l'articolazione ferma, ad esempio in caso di infiammazioni al tendine rotuleo.
"Mi sono svegliato con questo dolore, non l'avevo fino a ieri - ha detto Sinner in conferenza stampa -. Dubitavo anche di poter giocare, ma abbiamo trovato un modo. Non mi sono mosso benissimo. Ho fatto l'ecografia, non è niente di grave. In teoria fra due giorni non dovrei sentire niente. Per fortuna ho tanto tempo per recuperare".
Ha chiesto l'intervento del fisioterapista alla fine del settimo game, dopo un rapido check il trattamento è stato spostato al cambio campo successivo. Arrivato, appunto, dopo una buona mezz'ora.
Nei due game successivi si vede che Sinner non sia al meglio, nella spinta al servizio e nella ricerca della palla quando impatta con il diritto in corsa. Ma la testa è quella del campione, che non abbandona la speranza di raddrizzare la partita, che quando la palla scotta non aspetta ma avanza, petto in fuori come si sarebbe detto una volta, a prendersi il destino nelle mani. E la partita cambia.
Sinner, che disegna anche un pallonetto geometrico da applausi e mette in scena efficaci soluzioni al volo, raddrizza il set poi nel terzo accelera subito. Il terzo, non solo nell'identità di punteggio, somiglia al primo per andamento. McDonald, che ha perso 16 partite su 17 contro Top 15, arretra nel tentativo di allungare gli scambi ma non è altrettanto pronto ad aggredire le occasionali palle più corte.
Sinner prende possesso del centro del campo con autorevolezza e la sicurezza che gli deriva dalla superiorità nei due fondamentali a rimbalzo e dalla fiducia nel diritto lungolinea, anche con una palla leggermente più curva, a maggior ragione se giocato da sinistra. McDonald, in difficoltà se attaccato sul rovescio, ha una palla pulita ma leggera in difesa e a Sinner, giocatore pratico e razionale, basta per far valere i suoi punti di forza.
L'azzurro è abituato ad apprendere in un modo solo: per prove ed errori. Ha provato e sbagliato finora, prova e sbaglia ancora adesso, in ogni partita. Ma lo fa, appunto, anche dentro un match, anche in un torneo importante.
La sua scelta di prendere una strada diversa, il suo differente rapporto con i tifosi e l'ammissione che vorrebbe potersi sentire Federer per un giorno, ci raccontano di un Sinner consapevole di voler mettere in campo un tennis più espressivo. Come scelta stilistica non fine a stessa, ma votata al risultato.
E' iper-competitivo, lo sappiamo. Vorrebbe tanto e possibilmente subito. Ha conosciuto il valore della costruzione e della semina, vorrebbe avvicinare i tempi del raccolto. Non è il primo, né certo l'ultimo, a vivere in campo una sorta di paradosso: sbaglia meno quando tira a tutto braccio, rischia di più quando prova a controllarsi e rallentare.
A Parigi come in tutta la stagione sul rosso sta provando, e non è un segreto, a non limitarsi a "spaccare la palla". Sta prendendo le misure a un tennis più pensato, che gli permetta più alternative tra cui scegliere pur dentro un canovaccio di sicuro affidamento. La strada si intravedeva per la verità già l'anno scorso a Barcellona, nel primo confronto diretto sul rosso con il suo prossimo avversario, Andrey Rublev, allora numero 2 della Race e in quel momento giocatore con più partite vinte sulla terra battuta nel circuito ATP in stagione
Sinner riuscì a sfruttare i limiti della meccanicità di schemi del russo e a centrare la prima semifinale in un ATP 500. Pochi mesi dopo sarebbe arrivata il primo titolo in questa categoria di tornei, a Washington in finale su Mackenzie McDonald più a suo agio nel contrattacco sul veloce che nel contrasto alle traiettorie più alte sul rosso.
Nel duello più recente, a Monte-Carlo 2022, si è visto, forse per la prima volta chiaramente, che tipo di giocatore ha in mente di diventare Sinner, quale progetto di sé abbia in mente. L'altoatesino legge il gioco in anticipo, con un tempo diverso rispetto al russo, che pure da appassionato di scacchi conosce l'arte di proiettarsi una o due mosse avanti. Il pressing di Jannik toglie certezze, toglie fiato, restringe il campo e gli orizzonti. E funziona anche sulla terra battuta. E' vero, sul rosso non ha ancora vinto titoli, ma qui ha ottenuto quattro delle sue sette vittorie contro Top 10 e il primo quarto di finale in uno Slam, al Roland Garros del 2020. Il secondo è distante solo una vittoria. E poi, visto che Djokovic, Nadal e Alcaraz sono tutti dall'altro lato di tabellone, si può sognare in grande.