Wawrinka non molla: "Mi do tempo fino all'estate"

Un po' di amarezza per la sconfitta, ma anche una fiducia che piano piano ritorna. Stan Wawrinka cede all'esordio a Monte-Carlo contro Alexander Bublik, ma non smette di sognare un ritorno ad alti livelli. Un tentativo, il suo, che andrà avanti almeno fino all'estate, con l'obiettivo di tornare a competere coi migliori del mondo ancora per un po'.
“Essere qui a giocare un Masters 1000 - dice Stan - non è un miracolo, ma certamente è un bel passo avanti rispetto a quello che ho vissuto di recente. Pensavo di rimanere fuori solo qualche settimana, invece è passato un anno, con un recupero che è stato duro e complicato”.
“Certo, per la testa mi è passato di tutto, tanti dubbi. Ho pensato anche che sarei potuto tornare solo per dire addio al tennis, se il dolore fosse stato eccessivo. Invece poi ho ricominciato ad allenarmi e ho visto che potevo farlo per un periodo abbastanza prolungato. Allora mi è tornata un po' di fiducia, e adesso spero di proseguire con questa qualità del lavoro per tutto l'anno, poi valuteremo dove sarò”.
L'obiettivo è arrivare alle superfici rapide - erba e poi cemento - in condizioni migliori. “In allenamento sto già giocando abbastanza bene e sto vincendo diversi set. Ma la partita ufficiale è un altro discorso. Devo essere paziente, non avere fretta, ricostruire i pezzi del puzzle poco alla volta. A volte è decisamente frustrante, ma è l'unica cosa che posso fare in questo momento”.
“Una deadline che mi sono dato è quella dell'estate, per quel periodo vorrei essere in condizione di giocare un buon tennis. Ma se non dovessi riuscire, non so cosa farei. Ci sono giocatori che continuano a giocare anche se perdono sempre al primo o al secondo turno. Per me è difficile dirlo in questo momento”.
Riguardo allo specifico match nel Principato, c'è un po' di rammarico per un epilogo che poteva essere diverso. “Rispetto al match di Marbella, questo – pur nella sconfitta – è stato decisamente migliore. Sento che sono ancora lontano da dove vorrei essere, ma penso sia normale. Allo stesso tempo, mi sento sulla strada giusta per il recupero. Anche mentalmente, forse, non sono ancora pronto per competere a questo livello, ho bisogno di più tempo per ritrovare le giuste sensazioni”.
In allenamento gioco bene e vinco. Ma la partita è un'altra faccenda. Contro Bublik avrei potuto portarla a casa, ma mi manca l'abitudine al match (Stan Wawrinka)
“Bublik è un giocatore che non dà ritmo, che può fare molto male e che di certo non lascia giocare in maniera tranquilla. Inoltre, rispetto al passato l'ho trovato più solido: può sempre risultare imprevedibile, ma ha una specie di filo conduttore nel suo tennis”.
“Sì, in effetti ho sperato di vincere, nel secondo set ho avuto delle chance. Finché sei in campo pensi sempre di poter vincere. Bublik ha detto che in tre mesi lo batterò 6-3 6-3? Non so, bisognerà vedere dove giocheremo, però di sicuro in tre mesi sarò in una condizione migliore rispetto a quella di adesso”.
“Mi sono mancate le emozioni, in questo lungo periodo lontano dai campi. Mi è mancato giocare su centrali come quello di Monte-Carlo, dove si è fatta la storia del tennis. Tutta la riabilitazione che ho fatto aveva questo come motivazione principale: ritrovare il pubblico, l'atmosfera, persino lo stress di un match importante che dà quella vibrazione così forte. Col mio team non abbiamo ancora fatto dei piani per i prossimi eventi, ma l'importante sarà arrivare preparato quando deciderò di riprovarci”.
C'è spazio anche per il tema Slam, in particolare per le nuove regole. “Il tie-break uniformato nei Major? A essere onesti, mi piaceva il fatto che fossero tutti diversi, che ognuno avesse la sua peculiarità. Mi divertivo. Però adesso sarà diverso, così è stato deciso e non è che possiamo farci molto. A Parigi chiederò una wild card, perché vorrei tenermi la chance di usare il ranking protetto in altre occasioni. Però prima o poi dovrò utilizzare questa possibilità, visto che le wild card andranno anche ad altri giocatori”.
Infine, una battuta su un ritiro vero e non solo immaginato, quello di Tsonga. “È stato un grande interprete del nostro sport, è stato a lungo nei top 10, ha battuto tanti dei migliori, ha creato spettacolo per i fan. Insomma, ha fatto una grande carriera. Quello che entra in gioco in queste decisioni è diverso per ogni giocatore, ci sono tanti fattori che incidono. Non è solo una questione fisica, ma anche di motivazioni. Lui ha scelto il Roland Garros per dire addio, e ritirarsi davanti al suo pubblico sarà un'emozione incredibile. Ognuno deve spingersi fino al punto che ritiene opportuno, imparando a conoscere se stesso e i propri limiti”.