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Wimbledon, “rinascimento” Berrettini. “Ho passato giorni a piangere nel letto. Ora mi voglio divertire”

L’ex numero uno reduce da infortuni e polemiche e gossip, disputa lunedì gli ottavi di finale dello slam sull’erba. “Una settimana fa non ero neppure sicuro di poter giocare"

Claudia Fusanidi Da Wimbledon - Claudia Fusani   
Rabbia, gioia e lacrime: il ritorno di Berrettini (Ansa)
Rabbia, gioia e lacrime: il ritorno di Berrettini (Ansa)

Lo amano. Lo chiamano “Mateoooo, Mateeeoo” con una sola “t” e con la “o” che scende dolce come una carezza. Il self control britannico è andato a farsi benedire in modo trasversale e multigenerazionale, dai bambini alle signore fino agli ottanta anni passando per le teen e le cinquantenni. Quando poi si cambia la maglietta tra un set e l’altro e resta a torso nudo, gli “uaohhhh” diventano una ola da una tribuna all’altra.  Impazziscono per lui e non solo perchè è bello - certo anche quello conta - ma perchè Matteo Berrettini è la favola bella del tennis, dello sport, the fairy tale da raccontare perché sognare fa bene, non costa e a volte poi i sogni diventano realtà.

Una favola di nome Matteo

Matteo Berrettini, quindi: romano, 27 anni compiuti ad aprile, ha conquistato il mondo quando nel 2021 raggiunse la finale qui a Wimbledon - non era mai accaduto ad un italiano in 144 anni e nelle 134 edizioni del torneo più antico del mondo - poi ha fatto innamorare generazioni di donne, di stilisti e registi, “un attore” “un modello”. E’ stato numero 1 in Italia finchè non sono arrivati infortuni, stop forzati e anche qualche love story turbolenta insieme a contratti pubblicitari importanti grazie al fisico statuario,  un volto molto latino e lo sguardo color velluto.

Insomma, in questo 2023 Matteo Berrettini è arrivato qui all’Aeltc di Church road “senza sapere neppure se sarei stato in grado di giocare”. Colpa di problemi fisici legati alla sua struttura fisica e muscolare e al suo tipo di gioco: quelle gambe così sottili e sproporzionate rispetto al resto che se da una parte rendono esplosivi i colpi, dall’altra espongono il corpo e soprattutto la parte addominale a continui strappi a traumi che richiedono stop forzati.

Infortuni e aspettative

“Sono arrivato qui senza particolari aspettative, con Vincenzo (Santopadre, il coach, ndr) abbiamo deciso che nelle mie condizioni bisogna prendere quello che arriva, di volta in volta dando il massimo ma senza restarci male” ha detto nei vari punti stampa di questa prima settimana di Championships. Che lo ritrova negli ottavi di finale - lui che oramai è numero 36 del mondo e non vede la top ten da sedici mesi - dopo aver battuto Lorenzo Sonego, l’australiano De Minaur (n.17) e, sabato, l’ex top ten tedesco, ora n.21,  Alexander Sverev. Berrettini ha lasciato un set solo a Sonego, la partita più difficile non solo perchè l’esordio ma perchè il derby contro il tuo migliore amico nel tour è il peggio che possa capitare. De Minaur e Sverev se li è mangiati in tre set, perentori come il suo servizio, efficaci come il potentissimo dritto e insidiosi come il rovescio lavorato e soprattutto tagliato che sull’erba diventa un’arma micidiale.

Berrettini deve aver lasciato un ottimo ricordo di sè dopo la finale del 2021 perchè qui a Wimbledon tutti, dagli autisti del bus alla commessa al supermercato chiedono di “Mateooo Berrettini, the italian guy…”. L’anno scorso, nel 2022, si ritirò appena arrivato perchè aveva il Covid. Da allora le cose sono andate male, anzi peggio. Fuori al primo turno agli Australian Open (contro Andy Murray), a Indian Wells (perde in tre set contro Daniel), a Miami  (McDonald). Perde pure nei tornei challanges. A Monte Carlo va meglio ma poi deve ritirarsi per il solito maledetto risentimento ai muscoli addominali che lo perseguitano. Non gioca Roma, neppure Parigi. “Ho passato molti giorni a piangere nel mio letto guardando Alcaraz in tv a Parigi” ha detto sabato alla fine del  match perfetto contro Zverev.

Lo choc di Stoccarda

A metà giugno torna sull’erba, la sua amata erba. Stoccarda, primo turno contro Sonego, riesce a fare tre game. E’ uno choc. Sembra un pozzo nero senza fine. Si, ok, c’è la storia con la nuova fidanzata, la show girl e presentatrice  tv, Melissa Satta, dieci anni più grande di lui, bellissima, già mamma, un altro giro, un’altra vita, magari poco compatibile con i ritmi del tennis.  Ma prima c’era il fidanzamento con un’altra bellissima, questa volta del circuito tennistico, Alia Tomianovic, e le cose andavano benissimo. Sia come sia, negli ultimi mesi abbiamo parlato di Berrettini più per le fidanzate e i suoi malesseri fisici che per i risultati. E questo è in genere l’anticamera delle fine di un agonista.

Poi torna il verde di Wimbledon, un posto che “ha un significato speciale per me”. Appena arrivato qui, con Melissa al seguito, praticamente senza matches e tornei da settimane, ha voluto precisare una cosa: “Farò quello posso,  so di non essere pronto fisicamente nè mentalmente per uno slam. Però  ho deciso di giocare e sono già felice di esserci. Una cosa è certa: in queste settimane non vedrò i social”.

Il primo turno, il derby contro Sonego, è durato tre giorni, sospeso a rinviato causa pioggia. In quei tre giorni abbiamo osservato una metamorfosi: game dopo game (iniziata il martedì, vincerà la partita giovedì in quattro set) il tennista spaventato e poco confidente ha ritrovato il servizio, la posizione il campo, gli appoggi giusti, soprattutto sul dritto, il colpo che gli ha regalato il soprannome di “the hammer”. Venerdì di nuovo in campo contro De Minaur. Un partita che è già un test. Superato senza incertezze grazie al servizio, al dritto ma anche ad alcune variazioni di ritmo col rovescio slice e piatto e smorzate che non sono esattamente il suo repertorio.

Cinque giorni di fila

Sabato è il giorno del terzo turno contro il gigante tedesco Sasha Zverev. E’ un match con tanti significati, come quando due indizi diventano un prova e le coincidenze diventano prassi. E’ il match che incanta il sabato londinese degli Championships, che il cronista della Wimbledon radio racconta senza più voce come “such an amazing match”. Tre set, due tiebreak mozzafiato, media di servizio sopra i  200 km/h, i dritti di entrambi poco di meno, intensità e angoli e cambi di ritmo dell’italiano che fanno la differenza. “Se giocherai così, potresti vincere Wimbledon” gli sussurra Sverev nell’abbraccio finale. “Ma io non posso e non voglio dimenticare da dove vengo e cosa c’è stato prima di arrivare fin qua” gli risponde Matteo.  “Se mi avessero detto una settimana fa che avrei potuto giocare cinque giorni di fila come poi è accaduto avrei firmato col sangue”.   Migliora giocando. Anzi, si allena nelle partite: e questo è raro oltre che prezioso. “Mi dico, gioca e divertiti Matteo. Per il resto ho imparato che il tennis è come la vita: ci sono momenti su e momenti giù, bui e colorati, quando le cose vanno bene e altri in cui vanno male. Devi sapere che arrivano e devi imparare a gestirli sapendo accettare quello che arriva”. E’ il fascino del tennis dove molto, quasi tutto, è metafora di vita.

E questo per rispondere a chi gli dava del “brocco”, “finito”, “scoppiato”, “attento solo ai soldi e alle fidanzate”. Contro Alcaraz (lunedì ottavi di finale) la mette così: “Ognuno di noi vorrebbe giocare contro di lui, è il numero uno, è un bella sfida. Per il resto, io ora credo di sapere cosa sono e cosa devo fare”.  Gli serve solo di stare bene. E di non leggere i social. Ben tornato Matteo. Adesso gioca e divertiti.   

Claudia Fusanidi Da Wimbledon - Claudia Fusani   
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