Alexander Zverev e l'Italia, una storia d'amore. Il feeling tra il tedesco e il pubblico romano è stato evidente, durante tutto il periodo degli IBI, fino al successo in finale su Nicolas Jarry. Ma in realtà Sascha ha sempre trovato nel nostro Paese la possibilità di esprimere tutto il suo potenziale. Fin dagli Under 18.
Era il 2013 quando Zverev vinceva il Trofeo Bonfiglio (in corso proprio in questi giorni) e diventava il più giovane vincitore della manifestazione milanese, a 16 anni e un mese. Vinse contro il serbo Laslo Djere, Sascha, mettendo in mostra il suo tennis di pressione ma anche quella pazienza che sta riscoprendo proprio in questo periodo: finì in tre set, una maratona di quasi tre ore e mezza che lo premiò come successore di Gianluigi Quinzi, primo tedesco a imporsi dal 2004, quando vinse Rieschick. Nel percorso, aveva superato anche Filippo Baldi e Stefano Napolitano. Quel torneo lo avrebbe lanciato verso una prestigiosa finale al Roland Garros (persa contro Garin).
Passarono solo 4 anni, prima che Zverev riuscisse a prendersi pure il titolo degli Internazionali BNL d'Italia, in quel 2017 che lo rivelò al pubblico come un potenziale numero 1 del mondo. Scalata che fin qui non gli è mai riuscita, ma che certamente era (ed è ancora) nelle sue corde. Tra i due successi romani, Sascha ha recitato da protagonista in un'altra città dello Stivale, Torino. Nella prima edizione piemontese delle Nitto ATP Finals, il tedesco fu protagonista prima nello sfortunato ritiro di Matteo Berrettini, poi in un torneo pressoché perfetto, con la finale vinta ai danni di Daniil Medvedev con un periodico 6-4.
Fino a quest'anno, fino a Roma 2024, tuttavia l'amore non era ancora del tutto sbocciato. Zverev ha sempre adorato il nostro Paese, ma per essere ricambiato ci ha messo un po'. E non soltanto per via di un carattere apparentemente spigoloso. Il fatto è che il pubblico del Foro è attento, esigente ed era abituato ai fenomeni. Prima l'attenzione era tutta su Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic. Poi si è spostata sugli azzurri. Quest'anno, con l'assenza di Jannik Sinner (e il forfait all'ultimo momento di Matteo Berrettini), al Foro Italico si sono cercati altri eroi. E quando Zverev, al termine della finale, ha strizzato l'occhio al pubblico con quella battuta (“Buongiorno, mi chiamo Jannik), in molti hanno apprezzato. Un idolo decisamente inatteso, ma che ben conosce l'Italia e gli italiani.
Sarà per una maturazione, e quindi una migliore gestione anche del rapporto con la gente, del tedesco di origini russe. Sarà perché chiunque passi attraverso un infortunio come il suo – quello terribile alla caviglia patito mentre lottava contro Rafael Nadal a Parigi nel 2022 – gode poi di una sorta di credito di simpatia, per essere stato a credito con la sorte. In un modo o nell'altro, dal 2024 Zverev e l'Italia hanno visto una ulteriore evoluzione del loro rapporto, che ormai ha superato il decimo anniversario e appare più solido che mai.