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Il dramma di Guarin: "Sono alcolizzato da anni, ho paura della morte e del carcere"

L'ex centrocampista colombiano: "Ho commesso molti errori, ho preso decisioni sbagliate, ho ferito molte persone. Ora sono un tossicodipendente in via di guarigione"

di Tiscali Sport   
Fredy Guarin con la maglia dell'Inter (Ansa)
Fredy Guarin con la maglia dell'Inter (Ansa)

Vi ricordate Fredy Guarin? Il centrocampista colombiano ha vestito la maglia dell'Inter dal 2012 al 2016 e segnato in un derby contro il Milan "un gol che rimarrà nella storia" (disse il 13 settembre del 2015), è stato corteggiato dalla Juve e poi la sua carriera si è lentamente conclusa lontano dall'Italia. "Il Guaro" nerazzurro, che in carriera aveva ottenuto gloria in Portogallo con la maglia del Porto (2 campionati vinti e una Europa League) e vantava 58 presenze con la Colombia, da anni e per sua stessa ammissione è dipendente dall'alcol. "Purtroppo a un certo punto mi sono lasciato 'distrarre' e mi sono aggrappato all'alcol - ha dichiarato alla rivista colombiana Semana - ho commesso molti errori, ho preso decisioni sbagliate, ho ferito molte persone, ho fatto stare male i miei cari e i miei amici. Sui social sono stato immortalato in situazioni brutte o strane perché l'alcol è sempre stato il peggior fattore scatenante per tutto ciò che mi accadeva".

"Sono un tossicodipendente in via di guarigione"

"Sono un alcolizzato al 100% e lo ammetto. Sono un tossicodipendente in via di guarigione. Sono stato un alcolizzato per diversi anni. Quando ho lasciato il Millonarios FC (club colombiano di Bogotà, ndr) ho toccato il punto più basso perché in quegli anni la mia dipendenza è diventata molto seria. Non lavoravo più in allenamento, avevo perso la mia dignità, la fiducia delle persone care e la cosa più importante e preziosa che ho, ovvero i miei tre figli. Ho perso molte cose a livello sentimentale e amoroso".

"Ho dovuto chiedere aiuto"

"È arrivato un punto in cui non potevo più continuare così. Ho dovuto chiedere aiuto, lo avevo già fatto diverse volte, ma avevo sempre una ricaduta - ha aggiunto l'ex centrocampista -. Ho dovuto arrendermi e chiedere aiuto ad alcuni professionisti con cui sto lavorando per rimettere a posto le cose, per riacquistare la fiducia dei miei figli, dei miei parenti e dei miei amici. Da solo non potevo farcela. Stavolta però è tutto diverso e questa è la volta buona. Ho già bussato alla porta del diavolo e non è il massimo. So già quale non è la strada e che la strada è Dio che mi dà forza ogni giorno e una vita sobria e sana, per poter dare ai miei figlio tutto l'amore che ho per loro".

"Ho paura della morte e del carcere"

"Le mie paure più grandi? Sono due: la morte e il carcere - ha confessato Guarin -. Ho una frase tatuata, l'ho scritta io stesso: 'Ho paura della morte e del carcere' e, senza saperlo, vivevo in un carcere condannato a morte. Volete sapere se sono stato vicino alla morte o al carcere? Sì, la verità è che in quel cammino oscuro che stavo facendo ero vicino alla morte perché non avevo rispetto, non avevo limiti, non avevo coraggio e mi lasciavo portare ogni giorno più in là in quel buco. Ho bussato alle porte dell'inferno. So di cosa si tratta e non voglio mai più tornare a quella vita. Non è molto bella l'oscurità e l'inquietudine con cui convivevo".

"Non capivo quello che rischiavo quando ero ubriaco"

Nel 2021 il colombiano venne fermato per una rissa in famiglia e ferì un poliziotto. Probabilmente l'ex centrocampista era sotto effetto di droghe e alcool. "Non capivo quello che rischiavo quando ero ubriaco. Sono stati momenti molto dolorosi e la prigione la stavo già vivendo. Il giorno in cui è successo quello che è successo con i miei genitori (il video dell'arresto era diventato virale sui social, ndr), i poliziotti non mi hanno portato in prigione: sono stati gentili, tranquilli, mi hanno messo in macchina, ma non mi hanno mai ammanettato né maltrattato. Sono stati coscienziosi e professionali. Si sono comportati in modo molto umano con me, anche se ero aggressivo".

di Tiscali Sport   
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