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Da venditore ambulante a centrale con la Selección: l’incredibile ascesa di Lautaro Rivero

Il calciatore vendeva biscotti, balzelli e palloni, adesso Scaloni lo chiama in Argentina

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Da venditore ambulante a centrale con la Selección: l’incredibile ascesa di Lautaro Rivero

Nelle strade polverose di Moreno, a ovest di Buenos Aires, Lautaro Rivero fermava le auto ai semafori con un sorriso e una scatola di alfajores, tipici biscotti argentini di pasta friabile, farciti con dulce de leche e ricoperti di cioccolato o zucchero. Oggi, quello stesso ragazzo di ventun anni difende la maglia del River Plate e si prepara a volare negli Stati Uniti con la Selección Argentina di Lionel Scaloni. Una parabola che sembra scritta da un romanziere, ma è la cronaca autentica di chi non si è mai arreso.

Durante l’adolescenza, Rivero divideva le giornate tra il mercato centrale, dove vendeva dolci e fiori per aiutare la famiglia, e gli allenamenti nelle giovanili del River. «Vendevo alfajores, fiori e quaderni al mercato centrale. Approfittavo delle vacanze con la squadra giovanile per lavorare, ma non ho mai smesso di allenarmi», ha raccontato. Era il suo modo per tenere accesa una speranza: trasformare la fatica in riscatto.

Un’infanzia tra dolci, sogni e sacrifici

La sua vita non è quella di un talento cresciuto nella bambagia. A differenza di tanti coetanei delle accademie calcistiche, Rivero ha conosciuto presto la precarietà. Le sue mani sapevano di zucchero e di fatica: alfajores la mattina, pallone la sera. Le monete guadagnate servivano a pagare l’autobus per gli allenamenti o a comprare un paio di scarpe da calcio usate.

Quando il destino sembrava volerlo tenere ai margini, Rivero ha risposto a modo suo: lavorando e allenandosi. Quei pomeriggi trascorsi sotto il sole di Buenos Aires, con le mani appiccicose di caramello e la testa piena di sogni, sono diventati la base della sua determinazione. Nessun procuratore, nessuna scorciatoia. Solo volontà, disciplina e famiglia.

Central Córdoba, il trampolino verso il successo

Dal prestito alla consacrazione

Nel 2024 il River lo manda in prestito al Central Córdoba di Santiago del Estero, club modesto ma ambizioso. Lì Rivero si trasforma: da riserva in cerca di spazio a titolare imprescindibile. Si guadagna il rispetto di compagni e tifosi con prestazioni solide, grinta e un’attenzione difensiva da veterano.

Nel frattempo, il mondo scopre la sua storia. Una foto lo ritrae in strada con una scatola di alfajores, l’immagine diventa virale dopo la vittoria in Copa Argentina contro il Vélez. Per molti tifosi argentini, Rivero non è più solo un calciatore, ma il simbolo di un riscatto possibile. Dalla fame al Maracaná: così titolavano i giornali dopo la sua prestazione in Copa Libertadores contro il Flamengo, dove aveva annullato attaccanti di fama internazionale.

Il ritorno al River Plate e la chiamata di Scaloni

Dal sogno di bambino alla maglia dell’Albiceleste

Le sue prestazioni convincono il River Plate a richiamarlo e offrirgli un contratto fino al 2028. Marcelo Gallardo lo reinserisce in squadra e Rivero, passo dopo passo, supera colleghi ben più esperti. A ventun anni diventa titolare in campionato e si guadagna il rispetto dello spogliatoio.

Il 3 ottobre 2025 arriva la notizia che cambia tutto: Lionel Scaloni lo convoca per la prima volta nella Nazionale maggiore, per le amichevoli contro Venezuela e Porto Rico negli Stati Uniti. Una sorpresa che lascia di stucco i tifosi e commuove chi conosce la sua storia. Per Rivero non è solo una convocazione: è la conferma che la strada non è una condanna, ma un punto di partenza.

Il simbolo di un’Argentina che non smette di sognare

La “Scaloneta” non è solo una squadra di campioni del mondo, ma anche un laboratorio umano dove trovano spazio talento e sacrificio. Scaloni lo ha capito: per vincere serve più del talento, serve fame. E nessuno, come Rivero, può insegnare cosa significhi quella parola. Oggi il difensore del River è diventato un’icona silenziosa per molti giovani argentini che vivono situazioni simili. La sua storia non parla di miracoli, ma di perseveranza, lavoro e dignità. Dal semaforo al Santiago Bernabéu, dal profumo di caramello al sudore dello spogliatoio: Lautaro Rivero è la prova che anche i sogni con le mani sporche possono diventare veri.

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