[l'analisi]L'ira funesta di Antonio Conte, il mister che odia l'Europa
Approdato a Londra, con il Chelsea stravince il campionato, ma di strada in Champions ne fa di nuovo poca. E adesso c’è l’Inter.
![[l'analisi]L'ira funesta di Antonio Conte, il mister che odia l'Europa](/export/sites/sport/.galleries/16/comte-inter-ansa.jpg_997313609.jpg)
Non è un caso che l’Inter sia l’unica squadra italiana sbattuta fuori dall’Europa al primo turno. Grande merito va ascritto senza dubbio ad Antonio Conte, uno che con l’Europa ha lo stesso rapporto di Salvini: dobbiamo andarcene, e basta. Non ci capiscono. Conte con l’Europa ha sempre scelto questa strada. Cinque volte e cinque sberle. La prima con la Juventus, dopo essere riusciti addirittura ad arrivare ai quarti - un vero miracolo per lui -, facendosi poi annullare dal Bayern, due pappine a Monaco e due a Torino, senza colpo ferire. Alla fine, in conferenza stampa disse: «Queste partite ci aiutano a crescere». Difatti: la volta dopo fa decisamente meglio ed esce subito, eliminato direttamente nei gironi dal Galatasaray, mica una corazzata, che non riesce a battere a Torino, due a due in casa, e contro cui perde miseramente nella neve di Istanbul.
Approdato a Londra, con il Chelsea stravince il campionato, ma di strada in Champions ne fa di nuovo poca. E adesso c’è l’Inter. Ci prova due volte e ci riesce benissimo: sempre a casa, la prima come penultimo e la seconda come ultimo. Il motivo? In realtà è semplicissimo, anche se quasi nessuno ha voglia di riconoscerlo. Il suo catenaccio funziona benissimo da noi, dove la maggior parte delle squadre preferisce non aggredire l’avversario e pensare soprattutto a difendersi, consentendo a lui di sfruttare meglio quell’ora di gioco in cui riesce a imporre la sua velocità. Conte, e Inzaghi, che adotta lo stesso sistema, dentro ai nostri confini riescono così a ottenere ottimi risultati. In Italia l’Inter è più forte. In Europa la Lazio ha un vantaggio rispetto ai nerazzurri: un centrocampo con più fosforo e più predisposizione offensiva. Conte in quelle zolle di campo preferisce medianacci di grande fiato che ti soffiano sul collo e sulle caviglie, come Gagliardini, Vidal e soprattutto Barella. Tutta gente che va bene se non sei obbligato a vincere.
Quando poi qualcuno prova a porgli l’unica domanda da fare, che è proprio questa, se si ritiene soddisfatto del suo calcio, lui risponde come ha fatto mercoledì a sera a Sky con la povera Anna Billò: «Problemi di gioco in che senso? Oggi lo Shakhtar ha stravolto il suo gioco per affrontarci. Pensate prima di fare le domande». Ma il siparietto concesso l’altra sera dal mister che odia l’Europa è stato tutto da incorniciare. Si è presentato davanti ai microfoni con una grinta feroce che lasciava presagire sin dall’inizio serisssimi pericoli per chiunque avesse provato a muovergli anche la pur minima critica: se fai un passo t’azzanno, occhio alla giugulare. E in studio quelli che fino a un momento prima avevano detto le stesse cose che pensava Anna Billò, e cioé che l’Inter aveva giocato senza coraggio, che aveva troppa paura di prendere gol, che i cambi erano stati fatti in ritardo, che Eriksen doveva entrare prima, che bisognava tenere Lautaro e provare con le tre punte, e che insomma bisognava rischiare di più, tutti questi commentatori hanno cominciato a spaventarsi davvero perchè con la giugulare mica si scherza e un conto è disquisire tranquillamente di calcio e un altro affrontare un signore che ti guarda come uno che stanno trattenendo con la forza perché se ti mette le mani addosso sono guai.
Così dopo che il primo gli aveva chiesto, con tutte le dovute cautele, se secondo lui era mancata la giusta rabbia, e lui gli aveva risposto sempre più nervosamente che la squadra aveva dato tutto e che l’unica cosa che era mancata era il gol, e che era colpa del Var se l’Inter era stata eliminata, Condò ha fatto una miracolosa arrampicata sugli specchi e gli ha detto che aveva ragione: «Non è mancata la rabbia. Ma l’energia forse?». Ma nonostante i toni più che accomodanti dello studio, Conte non ha cambiato atteggiamento. Capello gli ha detto persino: «Complimenti per la partita». Poi ha provato a infilare qualche velata critica. E Conte: «Non rispondo». E’ a questo punto che la povera Anna Billò s’è sentita in dovere di fare l’unica domanda che non smentisse i venti minuti di commenti esposti in precedenza. Meglio beccarsi un insulto che cadere nel ridicolo.
D’altro canto lui con quel sistema vince i campionati e probabilmente vincerà anche questo: già lo immaginiamo alla fine rinfacciare il suo successo a quelli che hanno osato criticarlo. Non salite sul carro, abbiamo vinto da soli, abbiamo giocato contro tutti. L’ha fatto quando è arrivato secondo, figurati se arriva primo. All’Europa ci pensino gli altri. Che è tutto da vedere che facciano molta strada più di lui. E su questo siamo d’accordo. C’è la variante Atalanta, che come l’Ajax che eliminò il Real e la Juve, può vincere e perdere con chiunque. La Lazio ha avuto il girone più facile di tutti e vediamo adesso quanto vale con quelle forti davvero. Sulla Juve non abbiamo cambiato idea: con quel centrocampo non vai da nessuna parte. E con questo Barcellona anche il Benevento avrebbe fatto un’ottima figura. Occhio a montarsi la testa.