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La Juventus e le altre, il mercato di quelli che sbagliano

Giuntoli ha sbagliato a vendere e a comprare ma il problema è chi sta sopra di lui, personalità indubbiamente di grande valore e di grande competenza nei loro campi, ma che non c’entrano niente con il calcio

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Dean Huijsen (Ansa)
Dean Huijsen (Ansa)

Il mercato con le sue verità in fondo non tradisce mai. Le società che funzionano non lo sbagliano quasi mai. Quelle che non sono buone lo sbagliano quasi sempre. Che poi è quello che sta succedendo adesso. Il Napoli da quest’estate non ha fallito un colpo. Ha piazzato il miglior acquisto della Serie A, per rapporto qualità prezzo e non solo: McTominay pagato 30 milioni. Adesso ha venduto "Kvara" al Psg per 70 e sta comprando Garnacho (l’unico che vuole Conte) per 60, bonus compresi. In difesa ha preso Buongiorno, uno dei migliori centrali della serie A, senza svenarsi. In avanti ha pescato David Neres, che sta rendendo oltre ogni previsione. Ha speso tanto, ma "Kvara" e Osimhen qualcosa cominciano a portare.

Dalla parte opposta della barricata c’è ovviamente la Juventus, che invece appena pochi mesi fa veniva lodata urbi et orbi per il suo mercato. Giuntoli, è vero, ha sbagliato a vendere e a comprare. "Koop" a 60 milioni un attimo prima del gong è un errore che sta pagando caro, soprattutto se paragonato proprio a McTominay che è il suo alter ego nel Napoli, e Douglas Luiz non c’entra niente con il calcio che vuole Thiago Motta. Peggio ancora è la cessione di Dean Huijsen, perché l’ha venduto per 15 milioni al Bournemouth che voleva sostituire Lloyd Kelly passato a zero al Newcastle e adesso succede che Huijsen lo vogliono tutti, il Real Madrid, il Barcellona, il City e che non basteranno 40 milioni per prenderlo, mentre Kelly lo cerca solo la Juve, visto che anche nella nuova squadra non gioca quasi mai, con la piccola differenza che bisognerebbe sborsare 20 milioni per prenderlo. Qualcuno riesce a spiegarci la logica di tutto questo?

Società fallimentare

Ma la verità è che il problema non è Giuntoli. E nemmeno Thiago Motta, che lui ha voluto spassionatamente. Il problema è di chi sta sopra a loro, personalità indubbiamente di grande valore e di grande competenza nei loro campi, ma che non c’entrano niente con il calcio e le dinamiche di uno sport dove i conti li metti a posto solo se vinci, e non esiste altra scappatoia possibile, come insegnano tutti i casi che hai davanti agli occhi, dal Napoli all’Atalanta, al Milan, persino all’Inter, che ha intrapreso un cammino virtuoso solo da quando è diventata forte. Se vinci aumentano gli incassi e gli introiti, e soprattutto puoi pure vendere meglio. Se perdi rischi di non andare in Champions, si deprezza il valore della società e dei tuoi giocatori, e finisci per precipitare in un tunnel senza sbocchi.

Anche la Juventus dei nove scudetti, prima di piombare nel baratro di Ronaldo e del Covid, aveva messo a posto i bilanci cominciando a vincere, dopo la patetica e disastrosa stagione di Cobolli & C. L’impressione è che la Juventus sia ricaduta nella "Cobolleide 2". D’altro canto persino uno come Tony Damascelli, giornalista juventinologo per eccellenza e conoscitore come nessuno delle segrete cose torinesi, oltre che grande amico di Michel Platini, ha puntato il dito contro la dirigenza societaria che avrebbe fallito il suo compito: «presidente e amministratore delegato hanno portato debiti (niente sponsor) e crisi sportiva con Giuntoli e Motta». Il tema dello sponsor ha in effetti qualcosa di incredibile. Il fatto che la società con il maggior seguito in Italia non riesca a trovarne uno decente la dice lunga anche sulla fiducia che la Cobolleide 2 è in grado di far crescere attorno a sé.

I mal di pancia di "Gasp"

Non c’è solo la Juventus a dibattersi in acque difficili. Anche il Milan sta annaspando. Ma qualche segnale ha cominciando a darlo. Con Conceicao non ha migliorato il gioco, ma ha trovato qualcosa che non aveva più da tempo e che nel calcio, e nello sport in generale, è una dote che vale oro: la grinta, la forza di lottare e crederci fino alla fine. Se riesce a portare a casa il colpo Gimenez secondo noi ha svoltato la stagione. La Lazio deve far poco e aspetta Casadei. La Fiorentina deve sostituire Bove, che era un elemento fondamentale nei suoi meccanismi di gioco. La Roma pensa a liberarsi di qualche scoria. Frattesi resta un sogno, forse di mezza estate. E poi c’è l’Atalanta. E il mal di pancia di Gasperini. E’ evidente che lui allo scudetto ci credeva davvero, ma che ora se lo vede sgusciare via. Napoli e Inter sembrano più pronte, perché hanno rose più ampie. In conferenza prima dell’ultima di Champions, quando gli hanno chiesto quale giocatore del Barcellona avrebbe voluto comprare ha risposto: «Noi non compriamo, vendiamo». L’ha detto tra il serio e il faceto, ma il tono non lasciava dubbi. Il Gasp già quest’estate avrebbe preferito Wesley a Bellanova. E adesso non è molto convinto della trattativa per Maldini. Se dovesse scegliere lui preferirebbe Raspadori. La realtà è che mai come quest'anno ci sono due anime distanti e divise su come l’Atalanta dovrebbe essere gestita sul mercato. I Percassi fanno i loro conti, sempre azzeccati, non c’è che dire. Ma il Gasp questa volta avrebbe voluto qualcosa di più. E adesso che s’è fatto male Lookman ne avrebbe proprio bisogno. 

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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