In Europa sorride solo il Napoli. La Juve a 2 facce ancora a metà fra Allegri a Sarri
Bianconeri con un’anima dimezzata, metà vera e metà finta, ancora sospesa fra il passato e il futuro. Solo gli azzurri salvano la faccia
Da Atletico Madrid Juventus ad Atletico Juventus, da marzo a settembre, è cambiato il risultato, e forse anche il senso delle cose, ma non la maledizione che sembra inseguire i bianconeri al Wanda Metropolitan. Rimontati di due gol, tutt’e due su palla inattiva, proprio com’era già successo contro il Napoli, gli uomini di Sarri hanno visto sfumare sul filo di lana, al novantesimo, una vittoria che avevano costruito in contropiede con un secondo tempo di carattere e di grande qualità. In questo due a due, c’è qualcosa che non torna, perché se da un lato la squadra ha messo in mostra (finalmente) buona personalità e trame di gioco, dall’altra è dall’inizio del campionato che sembra crollare sempre nella fase finale della partita, come se una sorta di appagamento si impadronisse della testa dei giocatori.
Juve a mezz’anima
E’ una Juve con un’anima dimezzata, metà vera e metà finta, ancora sospesa fra il passato e il futuro, fra Allegri e Sarri, quasi che non sapesse scegliere con fermezza la strada da prendere. Il tecnico bianconero alla fine ha cercato di guardare più il bicchiere pieno che quello vuoto, ma non ha potuto nascondersi la verità delle cose e i suoi problemi: «Abbiamo fatto una partita vera, siamo cresciuti molto rispetto all’ultima prestazione. Pareggiarla così ci lascia un po’ l’amaro in bocca. La mentalità è quella giusta. Dispiace solo perché siamo leggeri sulle palle inattive e ci è costato il risultato. Dobbiamo migliorare in aggressività, in concentrazione, in decisione, dobbiamo lavorare per essere meno passivi su certe situazioni».
Imprendibile Dani Olmo
Chi sta molto peggio è l’Atalanta, travolta dalla Dinamo Zagabria di un imprendibile Dani Olmo, scuola Barcellona, e si vede. Il risultato finale, quattro a zero, è un incubo che rischia di pesare sui bergamaschi. «Non c’era mai successo di incontrare una squadra che ci ha messo così sotto, andando al doppio della nostra velocità», ha ammesso alla fine Gasperini. La cosa che ha fatto più effetto è che l’Atalanta è sembrata essere stata colpita dalle sue stesse arme tattiche, l’aggressione continua, soprattutto quando si perde palla e la velocizzazione immediata del gioco.
Mal comune
E’ un deficit che ammorba quasi tutte le squadre italiane appena devono esibirsi su palcoscenici europei, come è successo anche all’Inter, costretta al pareggio casalingo dallo Slavia Praga, agguantato per di più all’ultimo respiro grazie a un gol di Barella. Antonio Conte, un allenatore che va fortissimo nei campionati nazionali e che però deve dimostrare ancora tutto il suo valore in Europa, dopo il mezzo passo falso di San Siro si è preso tutte le colpe, sottolineando come i suoi uomini si siano abituati alla serie A italiana, con le squadre che stanno tutte dietro ad aspettare, mentre una volta che si varcano i confini, le regole del gioco cambiano completamente, perché corrono tutti di più e cercano di aggredirti. In pratica, dice, abbiamo giocato come se di fronte avessimo il Lecce o l’Udinese. Ma la musica qui è diversa: «E non è questo il calcio per cui ci alleniamo, ci è mancata personalità. Loro hanno dominato, hanno giocato in maniera europea, a ritmo elevato, ci hanno battuto in tutto».
L’unica italiana che salva la faccia
Alla fine non è un caso, forse, che l’unica squadra italiana che ha salvato la faccia, ed eccome se l’ha salvata, in questa prima giornata di Champions League è stato il Napoli, che ha in panchina il tecnico più europeo del nostro campionato, tre Champions in bacheca, due con il suo Milan e una molto particolare, la decima, con il Real Madrid. Gli azzurri hanno battuto nettamente i campioni d’Europa del Liverpool, 2-0, grazie a un secondo tempo di grande intensità, sorretti in difesa da un monumentale Koulibaly. Nella bolgia di Fuorigrotta, il Napoli ha cominciato bene la sua corsa verso gli ottavi della Champions. A guardare il quadro generale, però, è l’unica italiana che per ora può far festa. Un po’ poco. Ma in Europa non siamo abituati troppo bene.