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Resiste il Real ma i nuovi padroni della Champions sono i millennial generation

Le semifinaliste, Manchester City, Paris Saint Germain e Chelsea, sono i parvenu entrati nella stanza dei bottoni solo dal Duemila in poi con la rivoluzione dei padroni venuti da lontano

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Il madridista Modric in azione (Foto Ansa)
Il madridista Modric in azione (Foto Ansa)

La Real Champions ha emesso i suoi verdetti e qualcosa ci sta dicendo sul calcio europeo e sulla nuova geografia del potere. I blancos sono rimasti gli unici rappresentanti della tradizione. Le altre semifinaliste, Manchester City, Paris Saint Germain e Chelsea, sono i parvenu entrati nella stanza dei bottoni solo dal Duemila in poi con la rivoluzione dei padroni venuti da lontano. Un magnate russo e due arabi. Che piaccia o no, nel mondo del pallone sono i soldi a indirizzare le classifiche: con il danaro ti compri i calciatori più bravi, gli allenatori migliori e i dirigenti più influenti, le strutture necessarie per avere basi solide e anche il gioco per vincere.

Non gli arbitri, queste sono balle per i frustrati, ma la sudditanza psicologica sì. La verità è che qualsiasi sistema per restare in piedi e per ingrandirsi ha bisogno dei soldi: se cacci via chi li ha e li fa girare, sei destinato a morire. Non puoi trattarlo male, fartelo nemico. Piuttosto, fa impressione che ci sia voluto così tanto tempo per sedersi al tavolo giusto e far sentire la propria voce. Nell’altro secolo le cose cambiavano molto più velocemente: Berlusconi dopo quattro o cinque anni alzava già la sua prima coppa dalle grandi orecchie al cielo. Oggi il potere ha basi più solide, è costruito industrialmente con ramificazioni e collegamenti internazionali. E’ molto più difficile da scalzare.

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Non è un caso che questa rivoluzione sia arrivata con la grande crisi del Covid che rischia di far saltare per aria anche proprietà storiche e solide. Gli unici a pagare un prezzo molto basso sono stati i miliardari arabi e russi. E si è visto.
Adesso il calcio sta cambiando volto, e il vecchio mondo si identifica in tutto nel Real, al di là del suo curriculum, anche nell’espressione del suo gioco, che non è certo difensivista all’italiana, ma è molto pratico, concreto, senza la modernità del guardiolismo e dei suoi epigoni, o del confusionismo aggressivo di Pochettino.

Zidane ha costruito una squadra che disciplina le sue stelle, bada al sodo e avanza come un diesel che schiaccia le avversità alla distanza, un gruppo omogeneo che si fonda sulla forza del suo centrocampo, che non è solo la vera spina dorsale del suo gioco, ma anche la sua luce. Modric, Kroos e Casemiro inventano e fanno legna, hanno fosforo e fisicità, e non sono mai soli, perché anche i difensori e gli attaccanti in molte fasi della partita giocano accanto a loro, come si è visto benissimo nel match di ritorno con l’Atalanta quando i laterali bloccavano le fasce dei bergamaschi cercando di alzare il baricentro e non rintanandosi dietro.

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La diversità con il calcio italiano è evidente: il muro è eretto a centrocampo per comandare, non per difendersi. Noi continuiamo a ripeterlo fino alla noia. Il calcio è spettacolo, e solo grazie a questo potrà garantirsi la sua sopravvivenza, perché basta dare un’occhiata alle strade, nei giardini, ai campetti di periferia per accorgersi che le nuove generazioni si divertono molto meno a impazzire dietro a un pallone come facevamo noi. C’era un tempo che il catenaccio era spettacolo. L’Inter di Helenio Herrera e il Milan di Rocco erano un vera goduria per gli occhi (ma andate a leggervi le formazioni, Rocco giocava schierando 4 uomini con propensioni nettamente offensive: Rivera, Sormani, Prati e Hamrin).

Oggi non ci sembra proprio che una partita dell’Inter di Conte possa garantire o anche solo promettere le stesse attese. La stessa crisi di risultati che sta incontrando il profeta portoghese del catenaccio José Mourinho, uno che fino a un decennio fa vinceva tutto quello che c’era da vincere e lo faceva sempre, dovrebbe fare riflettere. Ormai sta andando incontro a un flop dietro l’altro e pure il Tottenham si appresta a licenziarlo. La verità è che il catenaccio funziona solo da noi perché lo giocano quasi tutti. Anche se quei pochi che non lo fanno ottengono risultati superiori con squadre palesemente inferiori (Sarri docet, come Gasperini e Italiano), la verità è che solo una squadra negli ultimi 14 anni ha vinto senza fare catenaccio, ma era la Juve di Sarri, che avrebbe vinto anche bevendosi uno spritz fra un passaggio e l’altro. E’ un cane che si morde la coda. Non ci resta che stare a guardare gli altri, in Champions. Sperando di imparare qualcosa, prima o poi.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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