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Inter travolgente. Punta l'Europa League e il prossimo scudetto. Chi lo fa più fuori Conte?

Il presidente Zhang non ha mai pensato una volta di far fuori Conte. Dove saranno finiti quelli che dicevano che il tecnico era arrivato al capolinea?

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Inter travolgente. Punta l'Europa League e il prossimo scudetto. Chi lo fa più fuori Conte?

Adesso che l’Inter ha seppellito lo Shaktar, prenotando la Europa League dieci anni dopo il triplete di Mourinho, non vorremmo essere nei panni di quelli che hanno sparato a zero sul tecnico nerazzurro. Alla fine dei conti il serial winner del calcio made in Italy sembra non dover smentire se stesso neanche quest’anno: ogni stagione un titolo. Si arrabbia sempre con qualcuno, non rispetta troppo i protocolli, e non è proprio quel che si dice un gentleman. Ma vince. E sa come si fa. La sua Inter presenta il solito Lukaku splendente, un Lautaro spaziale e Barella dovunque. Sono i suoi tre uomini, assieme alla difesa ormai quasi impenetrabile, l’ossatura della squadra. Saracinesche chiuse, gioco costruito da dietro, velocità verticale e due punte che si compendiano perfettamente. Il resto a volte lo fa la debolezza dell’avversario, perché tutti a menarla sulla pericolosità degli ucraini, ma poi il cinque a zero ci sta tutto e non fa una grinza. E’ la perfetta fotografia del divario che separa le due semifinaliste. E anche i marcatori rispecchiano fedelmente l’istantanea di una squadra arrivata in grande salute nel momento clou della stagione: due volte Lukaku, due volte Lautaro e una D’Ambrosio. Dove saranno finiti quelli che dicevano che Conte era arrivato al capolinea?

Ora bisognerà cominciare a fare i conti con il futuro dell’Inter, che diventerà di dominio pubblico dopo la finale di venerdì al RheineEnergieStadion di Colonia, ma che in realtà è già partito da un bel pezzo, come dimostrato dalla campagna acquisti dei nerazzurri, gli unici in serie A ad aver portato a casa tre obiettivi determinanti per la prossima stagione (Hakimi, Sanchez e Tonali) prima ancora che inizi ufficialmente il mercato. E allora finalmente si diraderà il velo per rendere visibili a tutti alcune cose che in realtà visibili lo erano già. E cioè, che il presidente Zhang ha mai pensato una volta di far fuori Conte, che il tecnico e Marotta, nonostante le apparenze, non sono mai stati l’uno contro l’altro armato, e che nel mirino dello sfogo di Bergamo c’erano semplicemente due nodi che gli stavano sul gargarozzo e non riusciva a mandare né su né giù: il primo, Ausilio, e il secondo, pure, perché magari certe voci su Allegri chissà che non fossero venute fuori da quel che resta della vecchia dirigenza. Conte probabilmente ha pensato davvero alle dimissioni. E ci deve aver pensato fino a quando non ha visto quel che stava succedendo a Torino, in casa Juventus, al di là delle fantasiose e immaginifiche invenzioni di chi lo voleva a inseguire quella panchina. Solo che adesso anche «un pirla», tanto per citare Mourinho, si accorgerebbe che dalle parti della Continassa è partita una rivoluzione al ribasso, ma molto al ribasso. Figurarsi se non l’ha capito uno come Conte.

Che non è comunque il solo ad aver annusato aria nuova nel cielo un po’ grigio e piovigginoso del calcio italiano. Anche dalla Cina qualcosa hanno intuito. Dopo oltre cinque mesi senza contatti con lo spogliatoio, per la serie toh chi si rivede, alla vigilia della partita con lo Shaktar è così riapparso Steven Zhang, con mascherina d’ordinanza e modi gentili, a fianco del miglior cerimoniere che ci sia, quel Beppe Marotta, grande intenditore di annessi e connessi del pallone, ma soprattutto un genio del savoir faire mai abbastanza apprezzato. Il giovane Zhang ha salutato tutti, uno per uno, e a beneficio dei fotografi ha stretto in un caloroso abbraccio Antonio Conte, prima di regalarsi un lungo colloquio con il mister nell’hotel di Dusseldorf che ospitava i nerazzurri.

Zhang vuole tenere Conte, anche se ci ha tenuto a fargli presente come pure in Cina non abbiano proprio fatto i salti di gioia a sentire quel suo riferimento alla «società debole». C’è il problema che Conte quando chiede una cosa sbatte i pugni e alza un po’ troppo la voce: «agghiacciandeee». Ed è un bel problema. Bisogna fargli capire che prima o poi qualcuno può mandarlo al diavolo e se insiste nessuno potrà più difenderlo, né Marotta né il presidente. Al di là di tutto, Zhang è convinto di poter aprire un ciclo con lui, oltre al fatto che il licenziamento gli sarebbe costato 55 milioni, e non sono questi i tempi più indicati per elargire altre sostanziose prebende a vuoto. Il nodo della questione non sarebbe quindi come avrebbero reagito a Nanchino alle esternazioni del mister. Ma come reagirà Conte. E che a Conte gli fosse venuta la mosca al naso è fuor di dubbio, e che voglia fare il mercato a modo suo è altrettanto sicuro, magari con qualcun’altro di sua fiducia al posto di Ausilio (e perché non Paratici, con cui ha mantenuto un ottimo rapporto, e che la scorsa primavera, quella del 2019, lo aveva cercato per riportarlo alla Juve? Altro che telefonare a Torino per chiedere di Sarri...).

Molto probabilmente gli è passato per la testa di lasciare l’Inter dopo l’Europa League, magari con un trofeo in mano da consegnare alla «società debole» che non lo aveva difeso come si deve quando qualcuno aveva osato criticarlo. E’ solo che da qualche giorno è cambiato tutto e questa rivalsa non è più tanto nelle sue intenzioni. In casa Inter è tutto come prima, a dir la verità, c’è Marotta, Zhang staziona in Cina e qui c’è sempre Ausilio. Ma in casa Juventus no. L’arrivo di Pirlo sulla panchina bianconera, il probabile maxi ricambio della rosa, con i nomi in entrata di secondo e terzo piano che stanno circolando, e le fughe precipitose e le rinunce della società appena annusano i prezzi di quelli buoni, danno l’idea di un mondo ribaltato, di un ciclo che sta per cadere alla fine del suo percorso. I nodi sono arrivati al pettine. E questa volta potrebbe essere proprio l’anno buono per vincere. Fermi tutti, allora. Ma perché dovrebbe esssre Allegri, di nuovo lui, a salire sul carro?

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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