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La Champions non è roba da Juve, la squadra di Pirlo è troppo debole

Il bilancio delle italiane in Europa: non bisogna esagerare con i pareggi

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
La Champions non è roba da Juve, la squadra di Pirlo è troppo debole

Il pareggio una volta va bene. Lo diceva Boskov. Non bisogna esagerare però. L’Italia in Champions ha fatto un turno di pareggi, tre su quattro. Per il quarto, la Juve avrebbe acceso un cero alla Madonna ci fosse riuscita. Solo che a forza di pareggi non si arriva da nessuna parte.

La rimonta dell'Atalanta

Quello dell’Atalanta è in rimonta, e si può tirare un sospiro di sollievo. C’è l’Ajax, che ha la stessa filosofia, pressing alto e voglia di offendere sul campo, e un gran vivaio in casa, addirittura superiore a quello dei bergamaschi, essendo forse il migliore d’Europa. Gasperini adesso s’è concentrato tutto sulla Champions: il campionato può aspettare (e si vede). Il posto buono se lo deve giocare proprio con l’Ajax, visto che davanti c’è il Liverpool di Klopp, che nonostante tutta la sfrontatezza del mondo non sembra ancora a portata di mano. Il pareggio lascia le cose come stanno, ma è in rimonta, da 0 a 2, e quindi ha un sapore buono.

L'impresa della Lazio senza 12 titolari 

Come quello della Lazio, che se lo va a prendere col Bruges senza dodici titolari. Non ci sono nemmeno Ciro Immobile e Luis Alberto, il gol e la luce. Però sfiora persino il colpaccio e resta in testa al girone. Non mi stupirei più di tanto. La Lazio potrebbe anche far strada in Europa. Non ha un gran potenziale, ma il gioco buono sì. Inzaghi fa un calcio all’italiana modernizzato: ti aspetta nella sua metà campo per cercare gli spazi davanti, ma poi quando ribalta il fronte si riversa in massa dall’altra parte. Lo faceva la Roma di Garcia.

L'Inter punta al campionato 

Non è tutti dietro e palla lunga e pedalare, stile vecchio Trap, che è quello che ha in mente Conte. Così quando trovi una squadra più chiusa di te, come lo Shakhtar, non può che finire com’è finita: zero a zero. Ma l’Inter si sta attrezzando per vincere il campionato. Ha aggiustato la difesa, ha tolto Kolarov, e ha piazzato un mediano di interdizione dove dovrebbe starci un trequartista. Primo, non prenderle. E un solo schema offensivo: ci pensa Lukaku. In Italia gli scudetti si sono sempre vinti così, che piaccia o no: difesa solida e squadra di corazzieri, gli altri fanno poesia e tu meni. Fuori dai confini non funziona quasi mai, solo una volta ogni morte di Papa quando ci sono tutte le coordinate del destino giuste, le stelle che sorridono e nessuna concorrenza a casa tua. D’altro canto quello Conte sa fare. Vincere i campionati. In Europa potrebbe dar lezioni a Salvini e a tutti gli antieuro: ti fa vedere lui come si fa a uscire. In Italia dovrà vedersela con il Napoli e con il Milan. Ma non dovrebbe essere tanto una lotta allo spasimo. Le prime partite hanno sostituito il precampionato, che serviva a trovar gli incastri, il fiato e i muscoli. Dopo, vedi com’è davvero una squadra. E l’Inter ormai è questa cosa qua, come tutte le squadre di Conte. Solida, tosta e con il passo lungo. Il Milan e il Napoli ora sono più in forma, contro di loro rischierebbe di perdere, come ha perso il derby, ma quando l’inverno comincerà a picchiare i più duri verranno fuori. Roba da Conte, roba dalla sua Inter.

La crisi della Juventus 

Quest’anno, invece, non è proprio cosa da Juve. Se tutto le girerà bene, farà una gran fatica ad arrivare fra le prime quattro. In Champions è affondata di fronte a Messi & C. Il Barcellona con tutti i suoi bei problemi, appena seppellito dal Real Madrid a casa sua, è venuto a Torino e ha fatto quello che ha voluto. E non è che i blaugrana siano improvvisamente guariti e che abbiano risolto tutte le loro magagne. E’ la Juve che è troppo debole. E lo si vede anche in campionato. Dopo aver fatto il bello e il cattivo tempo per nove anni, adesso arranca e strappa scialbi pareggi pure con l’ultima in classifica. Il suo punto debole è il centrocampo, e non è cosa da poco. Arthur è fuori dai suoi schemi, troppo lento, persino inutile. Betancur è solo un buon giocatore, ma non ha l’esperienza e neppure i gol di Pianic. Manca fisicità in quella zona decisiva, non ci sono i muri, e nemmeno i cursori, che hanno il Milan, il Napoli e l’Inter, e non c’è la classe, che ha la Lazio. Non è in grado né di proteggere né di inventare.

La fine di un ciclo 

Tutti a buttar la croce addosso a Sarri, ma come si vede il tempo è galantuomo. Non so se avrebbe fatto peggio. Pirlo ha detto che il centrocampo è quello che è, che prima c’erano i campioni e adesso ci sono i giovani, ed è sembrato un po’ in ambasce. Ma al suo posto potrebbe esserci chiunque e farebbe lo stesso come lui. E’ un ciclo che è finito. Anche i campioni invecchiano, il tempo passa e le alchimie non si trovano sempre. A volte è solo un bivio sbagliato: se l’anno scorso riusciva lo scambio Dybala Lukaku, e non vendeva Emre Can (l’unico interditore con buoni piedi e una buona stazza che aveva a centrocampo), probabilmente parleremmo d’altro. Forse sono state queste le colpe di Sarri.

 

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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