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Atalanta che spettacolo, i segreti di un miracolo dove niente è lasciato al caso.

L’Ajax d’Italia è questa qui, questa squadra che ha fatto del coraggio la sua ragione e la sua arma. E non importa neppure se al ritorno gli spagnoli riusciranno a ribaltare il risultato

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
L'Atalanta esulta (Ansa)
L'Atalanta esulta (Ansa)

L’Ajax d’Italia è questa qui, questa squadra che ha fatto del coraggio la sua ragione e la sua arma. Non importa neppure se al ritorno gli spagnoli riusciranno a ribaltare il risultato - e sarà durissimo per loro -, perché quello che resta impresso è il senso di questa serata, il miracolo di Davide contro Golia, che questa volta è il Valencia, ma può essere chiunque, perché Davide è sempre lo stesso e non ha paura di nessuno. La squadra di Celades è stata annichilita dai bergamaschi, e il punteggio di 4-1 avrebbe addirttura potuto essere ancora più largo. La verità è che questa squadra non finisce mai di stupire.

Una società solida

Ma non è solo sul campo che quest’Atalanta fa vedere le sue meraviglie. Perché questa squadra è lo specchio di una società solida, che il presidente Antonio Percassi, arcigno difensore dei nerazzurri orobici negli Anni Settanta che poi ha fatto i soldi grazie alla Holding Odissea Srl, guida con piglio sicuro e fortunato nel larvale marasma della Serie A. Dal tetto degli stipendi contenuto ai bilanci in attivo, fino al valore della rosa in costante aumento, niente è lasciato al caso. Mentre Milan e Inter si rabbuffano sul destino di San Siro, la Roma aspetta le calende greche per il suo stadio e Commisso non sa più che pesce pigliare, l’Atalanta ha già comprato i Fratelli d’Italia per 8,6 milioni di euro avviando il restyling del Gewiss Stadium che sarà ultimato fra non molto. Bergamo da qualche anno è diventata un’isola felice. Ma il grande merito di questo viaggio nell’Olimpo del calcio, nella sfida contro le corazzate europee e all’insueguimento di Juve Lazio e Inter in Italia, è di GianPiero Gasperini, un tranquillo signore di Grugliasco che lo guardi fissare il campo con un’espressione perplessa e combattuta, come se fosse rapito da una visitatrice sibillina e intermittente che trasforma quella sua tepidezza di carattere in coraggio visionario. Perché la sua diversità rispetto a tutti gli altri allenatori della serie A consiste proprio nell’insegnare ai suoi uomini sentimenti umani come il coraggio e l’ambizione, prima ancora dei principi di gioco. Le sue squadre hanno tutto questo che le altre non hanno, sfidano la paura con un calcio fatto di intensità che non è soltanto fisica.

La fantastica corsa

L’Ayax d’Italia nasce qui. E non bisognerebbe mai dimenticare che la sua fantastica corsa comincia con cinque sconfitte consecutive, quando anche i tifosi che adesso lo osannano chiedevano la sua testa e il presidente Percassi era ormai arrivato alla convinzione che non avrebbe più potuto difenderlo. Comincia in un giorno di solitudine, abbandonato da tutti, con quel suo sguardo da torinese di cintura, la sua faccia severa, un po’ melanconica, da operaio col baracchino e la bicicletta a tagliare la nebbia di Mirafiori, in quelle albi di luci spente ai cancelli della Fiat. Quella volta, alla vigilia della gara contro il Napoli di Sarri, Gasperini mostrò al presidente una formazione che sembrava pazzesca, con tutti i giovani dentro, i ragazzini della Primavera, Caldara, Conti, Gagliardini e Petagna, assieme a Kessie e Spinazzola, perché se doveva affondare lo voleva fare a modo suo, con una prova di coraggio. In un colpo solo buttò all’aria la squadra che gli avevano fatto e si giocò tutto con la «sua» squadra. Segnò Petagna e cambiò la stagione: otto vittorie e un pareggio su nove partite, e quell’Atalanta costruita per difendersi e salvarsi che attaccava tutti con un impeto irresistibile, perché l‘intensità che schiumava non era soltanto fisica. Era mentale. Nasce da lì l’Ayax d’Italia che stupisce il mondo e che non ha paura di nessuno, e comincia in quel giorno la società modello, che fa bilanci in attivo vendendo i suoi giovani e inventandone altri, grazie all’abilità del suo ds, Gabriele Zamagna: Conti, Kessie, Caldara, Gagliardini, Petagna e tanti altri come Kulusevski e Bastoni portano nelle casse dell’Atalanta i soldi che servono per costruire il miracolo. Con una avvertenza però: nessuno di loro giocherà mai come con lui, perché solo Gasperini riesce ad allenare gli uomini, le loro teste, i loro sentimenti. E’ semplicemente una questione di coraggio.

La gioia immensa dopo un gol (Ansa)

Il signore di Grugliasco

Per questo il vero artefice del miracolo è il signore di Grugliasco. Senza di lui sarebbe indubbiamente una società sana, perché Percassi e Zamagna sono molto bravi, ma non sarebbe dove è adesso. Se dobbiamo riconoscere un merito agli altri è quello - importantissimo - di non aver sprecato il lavoro di Gasperini. Basta guardare i numeri. Il monte stipendi dell’Atalanta è di 36 milioni, con Zapata, Muriel e Gomez che sono i più pagati, con 1,8 a testa. Senza confrontarlo con quello delle miliardarie big della serie A, se uno solo si volta indietro nella classifica, capisce subito il valore di questi numeri targati Bergamo: il Milan ha un monte ingaggio di 115 mlioni, il Torino 54, il Bologna 41, il Genoa. E il Lecce che lotta per non retrocedere è lì vicino, a 32. Secondo Transfermarkt, il valore della rosa di 22 giocatori è di 297,60 milioni. Ma è una cifra al ribasso: Gosens, la rivelazione di quest’anno, è valutato 18, ma alle grandi squadre che hanno già bussato alle porte di Percassi, hanno fatto subito capire che non si scende sotto i 30 se lo si vuole comprare. Il valore della rosa della Lazio, seconda in classifica, è di poco superiore, 326,45 milioni, ma riguarda 29 giocatori, sette di più dell’Atalanta. Il parco calciatori del Torino è stimato in 194 milioni, quello del Bologna 130.

Il miracolo Atalanta guarda anche i conti

Come l’Ayax olandese, il miracolo dell’Atalanta guarda anche i conti, perché il campo da solo non basterebbe. Ma cosa sarebbero i bilanci a posto e una società modello senza questo signore di Grugliasco che ha scelto di diventare il Ferguson italiano in questa città divisa in due, alta e bassa, che guarda Milano da un tiro di schioppo e un giorno o l’altro gli insegnerà come si fa? Cosa sarebbe senza queste notti di Champions, a insegnare al mondo che si può vincere anche anche se non hai tutti soldi e tutta la potenza dei più forti. Nella Valle di Elah, Davide che sfida Golia può essere uno come noi, con quella faccia un po’ così, l’unico che non smarrisce il suo sguardo in un sogno, perché per lui non esistono i sogni, se al posto della fionda hai un sentimento più grande dei suoi sassi. Il coraggio.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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