Il Benfica apre ufficialmente la crisi della Juve. Milan facile sulla Dinamo. Napoli perfetto a Glasgow
Bene l’Inter, bene il Milan, davvero bello il Napoli. E male la Juve, che nella serie A arranca a metà gruppo, prigioniera di una squadra senza futuro e senza gioco

L’Europa questa volta non smentisce il nostro campionato. Bene l’Inter, bene il Milan, davvero bello il Napoli. E male la Juve, che nella serie A arranca a metà gruppo, prigioniera di una squadra senza futuro e senza gioco. Poi sarà anche sfortunata, una volta è il Var e un’altra è che appena ti fanno due tiri in porta segnano due volte. Ma da quel momento in poi il Benfica ha rischiato di dilagare. La verità è che il mercoledì di coppe apre ufficialmente la crisi della Juventus: prima o poi qualcuno si renderà conto che è stata fatto un mercato sbagliato di grandi nomi e vecchietti forti solo delle loro fragilità, che senza scouting non si costruisce futuro. E che Allegri è il più bravo solo se gli dai dei campioni da gestire che tanto ci pensano loro. Ma non va bene se devi costruire una squadra. E che con quel centrocampo (anche con Paredes) la Juve è destinata a perdere sempre se si espone al contropiede. Ben altra musica sotto il Vesuvio. Il Napoli vince partendo da un rigore (Politano) dopo che McGregor ne aveva parati altri due a Zielinski e raddoppiando con Raspadori prima del 3-0 di NDombelé. E offre una grande dimostrazione di forza e sicurezza. Non perde mai il filo del gioco, crea spettacolo ed emozioni.
Il Milan fa il suo dovere
Il Milan non è così bello come dice il risultato (3-1 sulla Dinamo), ma fa il suo dovere. E poi quando schiaccia sull’acceleratore mostra tutte le sue potenzialità. Ha cominciato la partita molto aggressivo. Doveva invertire una rotta che durava da 9 anni, dal settembre 2013, vittoria contro il Celtic per 2-0, perché era da allora che non prendeva i tre punti fra le mura amiche del Meazza: tre pareggi e tre sconfitte il magro bilancio. Di fronte aveva una squadra, la Dinamo Zagabria, da prendere con le molle, anche perché ha appena fatto fuori Tuchel dalla panchina del Chelsea, sconfiggendolo sorprendentemente nella prima partita del girone. Sin dall’inizio si vede che i croati hanno un gioco sornione, non rinunciano a farsi vedere in avanti preferendo ripartore da dietro con il fraseggio piuttosto che con i lanci lunghi, ma hanno anche una fase difensiva molto attenta, che prevede quasi una tripla marcatura su Leao; in ogni caso, il primo vero grande pericolo alla porta di Livakovic i rossoneri lo creano in contropiede al 20’ e proprio con l’attaccante portoghese (solo in area, tiro a lato). La Dinamo è senza dubbio la formazione meno quotata del gruppo, però in campionato hanno già dieci punti di vantaggio sulla seconda, dopo nove giornate, ed è pure prudente non dimenticare che nella stagione 2019-20, inseriti nello stesso girone dell’Atalanta, al match di esordio a Zagabria rifilarono quattro gol a zero alla truppa del Gasp. Quella sera fece una tripletta Mislav Orsic, l’attaccante che guarda caso ha deciso anche la sfida con il Chelsea. Orsic si fa vedere anche a San Siro, poco dopo la mezz’ora, con un tiro a giro che non passa tanto lontano dal palo. Al 28’ invece era stato Moharrami a impegnare Maignan. Però la partita la fa il Milan, che nel primo tempo non sembra proprio in una delle sue giornate migliori, ma che va a fiammate, creando molte occasioni (tiri di Bennacer- parato, Tonali-alto, Giroud-alto, Giroud in mischia-parato, Saelemaekers-parato) ma nessuna veramente pericolosa. Fino al 43’ quando un intervento scomposto di Sutalo non provoca il rigore che apre la partita. Giroud dal dischetto, e uno a zero.

Nel secondo tempo è già tutta un’altra musica. Veloce contropiede in massa, stile Milan, con tanti uomini che arrivano a rimorchio, l’immarcabile Leao si libera sulla fascia e crossa dolce per la zuccata sotto la traversa di Saelemaekers: 2-0 dopo neanche due minuti. Ma non è la stessa musica neppure per la Dinamo, che ha lasciato negli spogliatoi la prudenza dei primi 45 minuti. Il solito Orsic approfitta della dormita dei rossoneri e infila Maignan. 2-1 all’undicesimo. Poi girandola di cambi: prima entrano Ketelaere e Pobega al posto di Giroud e Tonali, e poi Messias e Dest, schierato all’ala anzoché terzino. La partita vive in bilico. Orsic viene ammonito ingiustamente per simulazione: in realtà era punizione dal limite per la Dinamo. Poi ci pensa Pobega, sassata su assist di Theo: 3-1. Partita chiusa.
Quello della Juve appare un appuntamento molto più complicato. Anche perché, come sempre, è la Juve stessa che fa di tutto per complicarselo, passeggiando per il campo, senza una trama e senza intensità. Il gol in apertura di Milik ha avuto l’effetto di inaridire come al solito ritmi e idee dei bianconeri, un altro marchio di fabbrica della squadra di Allegri. E difatti a lunghi tratti, da quel momento, è una partita senza squilli. La Juve è perfino coraggiosa (o è il Benfica troppo timido?), tiene i lusitani nella propria metà campo per quasi tutto il primo tempo. Ma il risultato è che sul taccuino non sono segnate azioni veramente pericolose (solo un tiro fuori di Kostic nell’area affollata), da una parte o dall’altra, fino al 43’. Quando l’arbitro fischia un rigore, per il Benfica (fallo inutile quanto involontario di Miretti, dopo un palo dei lusitani): pareggia Joao Mario dal dischetto.
Per una sfida così importante, lo stadio presenta molti vuoti, a testimonianza di uno scollamento visivo fra la squadra e il suo pubblico. Non c’è Di Maria, ci sono Vlahovic e Milik nel 3-5-2 di Allegri. Dall’altra parte, una punta che è Ramos con 3 in appoggio dietro, ma quello più pericoloso è Rafa Silva. Il Benfica, è vero, è una squadra molto temibile, che si presenta allo Stadium con un record ambizioso da difendere: dall’inizio di questa stagione ha vinto tutte le partite ufficiali, che sono ben 11, sei di campionato, quattro nei preliminari di Champions e una nel girone. Già l’anno scorso, con la stellina Darwin Nunez nelle sue file, le Aguias erano migliorate molto, arrivando sulla soglia delle semifinali in Champions, lasciandosi alle spalle i lunghi giorni di una crisi durata un po’ di tempo. Il nuovo tecnico Roger Schmidt, scuola RedBull con nel curriculum una ottima stagione al Psv Eindhoven, ha continuato il lavoro di Nelson Verissimo, innovando però il gioco dei portoghesi, con trame rapide e votate all’attacco. I cinque gol di questa stagione con cui si presenta Rafa Silva non sono l’unico segnale di attenzione per la Juve. Nonostante la filosofia offensiva, la forza della squadra è rappresentata prima di tutto dalla solidità della sua difesa: appena 3 reti subite prima di Torino.
Nel secondo tempo si rafforzano le note dolenti. La Juve parte all’attacco, di nuovo Milik, sempre e solo lui, impegna Vlachodimos da fuori area. Ma il Benfica ha preso coraggio, ha capito che non ha di fronte una corazzata che fa paura. Basta correre per metterli in difficoltà. Contropiede, Perin salva su Rafa Silva, ma non può nulla sulla successiva conclusione di Neres. Entrano Di Maria, Klean, Fagioli, 4-3-3, ma non sembra proprio una squadra capace di spaventare il Benfica. Di Maria non è in forma, Kean gira a vuoto e francamente non ci viene in mente nessun giocatore molle come Fagioli. Difatti solo i portoghesi che spaventano la Juve: dopo il gol, parata di Perin su Rafa Silva, Bonucci salva su Bah e poi su Neres, e ancora Neres impegna il portiere bianconero. La Juve? Un palo preso per sbaglio da Kean.
Napoli in gran forma
A Glasgow si presenta un Napoli in gran forma. Come col Liverpool comincia centrando un palo subito, al pronti e via, con Zielinski. Ma i Rangers non sono il Liverpool dimesso che si era presentato al Maradona. All’inizio gli uomini di Spalletti fanno la partita, gli scozzesi vanno in contropiede e impegnano Meret con una sventola da fuori area di Arfield. L’azione più pericolosa è ancora dei partenopei: McGregor si salva in angolo su Simeone. E’ un inizio scoppiettante. Tiro di Morelos, para Meret, azione personale in area di Kvara, palla alta di poco. Col passar dei minuti i Rangers cercano di prendere campo, ma il Napoli non retrocede e ribatte colpo su colpo. Poi nel secondo tempo, vale la legge dei più forti. All’11’ fallo di Sands su Simeone: rigore e espulsione del difensore. Zielinski tira, McHregor para, l’arbitro fa ripetere e McGregor para di nuovo. Altri dieci minjtki e Barisic respinge con il braccio in area un tiro di Kvara. Ancora rigore, questa volta Politano segna. E da lì comincia la festa. Tre a zero alla fine, meglio di così Spalletti non poteva fare.
