C’è voluto di tutto per queste semifinali: colpi di genio e colpi proibiti. Mega rissa negli spogliatoi fra Atletico e City
Il Real di classe, il City di sofferenza. Però sta fuori un bellissimo Chelsea. Perché il calcio sa esser così, alla fine, impietoso e ingiusto.
Due inglesi e due spagnole, per il finale di Champions. Ma per arrivare a questa sentenza c’è voluto un po’ di tutto, colpi di genio e colpi proibiti, lampi di spettacolo e risse da saloon, anche l’immancabile, amara e cinica fregatura del destino, perché il calcio sa esser così, alla fine, impietoso e ingiusto.
Rissa negli spogliatoi
Al Wanda Metropolitan è dovuta scendere la polizia negli spogliatoi, e al Bernabeu era sceso un cielo nero che più nero non si poteva, altro che blues. Il Chelsea ha dominato tutta la gara in lungo e in largo, Werner sembrava imprendibile e Kovacic il fratello bravo di Jorginho, che è già buono di suo, Rudiger un colosso, dietro e pure davanti, e poi sono bastati due passaggi, solo due passaggi usciti dal nulla, un capolavoro d’artista di Modric e un tocco delizioso di Vinicius per cambiare il volto della partita, la storia delle cose, il corso della Champions.
Il dominio di Ancelotti
Zitto zitto, senza mai arrabbiarsi, con quella faccia un po’ così da contadino della Bassa, tra i filari di pioppi e i campanili che spuntano, Carlo Ancelotti intanto sta dominando la Liga e si trova lì, nella stanza che conta, quella esclusiva, con i decori di broccato e gli ornamenti alle pareti, a giocarsi un’altra volta l’Europa, lui che ne è il Maestro incontrastato, perché nessuno come lui sa come va e come deve andare la salita della vita. Gli bastano i suoi vecchietti, tutta gente che non ha la faccia da cattivo, ma il dono della classe, la grazia di Dio che li carezza ancora più di prima, Modric, Benzema, Marcelo...
L’intruso nelle semifinali
Così adesso ci sono Real, Manchester City, Liverpool e Villareal. L’intruso, è evidente, dovrebbe essere il Villareal. Non il suo allenatore, Emery, che fra un po’ si porta a casa più trofei europei lui che scudetti la Juventus. Emery fa lo stesso calcio di Inzaghi, ma solo più veloce: non è una differenza da poco. Il fatto è che se qualcuno ha visto un po’ della sfida in due puntate fra il Bayern e il Sottomarino, non fatica a capire che l’hanno davvero solo persa e buttata via i tedeschi, nettamente più forti, ma troppo leziosi in avanti e troppo scoperti alle spalle: un invito a nozze, per un volpone come Emery, tutt’e due le volte. Adesso stanno tutti a far la voce grossa e a ringhiare - soprattutto gli italianisti - che il calcio ultramoderno di Julian Nagelsmann è già finito prima ancora di cominciare. Quien sabe. Julian è un ragazzino, 34 anni appena, quando sono in forma le sue squadre sono rulli compressori, e se sei intelligente l’esperienza si fa anche con le batoste.
Il cammino di Klopp e Guardiola
Certo, Jurgen Klopp e Guardiola sono di un altro spessore. Anche loro hanno cominciato da giovanissimi sulla panchina, ma hanno viaggiato subito senza fermate. Il Pep ha dovuto levarsi un brutto dente con l’Atletico. All’andata Simeone l’aveva impostata sulla difesa a oltranza, undici uomini a far barriera senza giocare mai. Al ritorno sull’aggressività, chiamiamola così. Ci fanno un po’ ridere quelli che dicono che fino al 90’, prima della grande rissa, era solo una partita maschia. E’ stata una caccia all’uomo sin dall’inizio, da parte degli spagnoli, con l’arbitro che lasciava abbastanza fare. Dopo appena 13 minuti Felipe aveva già cercato di mettere fuori combattimento Foden, e non era stato neanche sanzionato. E poi le botte a De Bruyne, a Walker, le cariche dell’indemoniato Savic... La cosa che non si capisce è che quando cercava di giocare l’Atletico era sempre molto pericoloso. Avesse pensato più a vincere la partita che a regolare i conti con gli avversari, forse sarebbe finita in modo diverso.
Il City favorito per la vittoria finale
A questo punto, sono in molti a pronosticare il Manchester City per la vittoria finale: contro l’Atletico non ha dato solo lezione di possesso palla, ma ha dimostrato anche di saper soffrire. Per vincere la Coppa delle grandi orecchie riuscire a stare sempre sul pezzo è indispensabile. Però adesso Guardiola dovrà fare la conta con gli infortunati, e senza de Bruyne è un’altra cosa. E poi il destino qualche segnale lo dà sempre. Klopp dice che il Liverpool di quest’anno è la squadra più forte che abbia mai avuto. E il vecchio Carlo passa indenne fra scompigli e burrasche come se niente fosse, una smorfia delle sue e via.
Noi diciamo Real o Liverpool
Noi diciamo Liverpool o Real e che vinca il migliore. Che non sarà ancora una volta e chissà per quanto tempo una italiana. E a vedere queste partite uno capisce bene perché. L’Atletico e il Villareal fanno catenaccio come molte delle nostre. Ma confrontate la lentezza sonnolenta di Cagliari Juventus, con una qualsiasi di queste partite e vi renderete conto della enorme differenza. In Italia si gioca un altro sport, a ritmi rallentati come in una moviola, tutto è deformato e ingigantito attorno a degli episodi isolati in slow motion. Invece è la velocità che crea le nuove regole del calcio e la classe a quelle scansioni si deve adattare. Tu puoi fare anche il catenaccio di Mazzarri, ma per renderlo produttivo non puoi farlo a quei ritmi. E’ la velocità la regina dello spettacolo. Con i nostri ritmi non siamo solo fuori dalla modernità. Siamo brutti.
Occhio a quei 2
P.S. Ultima annotazione. Liverpool Benfica, sei gol e fuochi d’artificio. Ma chi ha rubato l’occhio è Darwin Nunez, classe 99, uruguagio come Cavani e più forte di lui. Si parla tanto di Halland e di Vlahovic. Ma occhio a questo qui. L’avrebbe già preso il Manchester United. Al posto di CR7. Tanto per dire.