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Champions: la Juve perde a testa alta, il Milan mette in mostra i suoi gioielli

I bianconeri si inchinano di misura allo strapotere tecnico della squadra parigina. Il Milan (1 s 1 a casa del Salisburgo) regge i ritmi impressionanti degli avversari, e avrebbe anche meritato di vincere

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Un momento di Psg-Juve
Un momento di Psg-Juve (Foto Ansa)

Un punto per due. Milan e Juve inaugurano la Champions delle italiane e raccolgono il minimo consentito. Ma non bisogna dar troppo retta ai risultati questa volta. I bianconeri si inchinano di misura allo strapotere tecnico del Paris St. Germain, rimessi in gara nel secondo tempo da una incornata in gol di McKennie su una indecisione di Donnarumma e poi sfiorano persino il pareggio con Vlahovic e Locatelli. Il Milan (1 s 1 a casa del Salisburgo) regge i ritmi impressionanti degli avversari, e avrebbe anche meritato di vincere con il palo centrato allo scadere della partita dal solito, fenomenale Leao. Il risultato al Parco dei Principi è giusto, sia chiaro, i francesi hanno creato molti pericoli e Perin sul finale è stato costretto a superarsi. Però l’impressione che lascia alla fine questo confronto è che non ci sia stata tutta quella differenza che ci si aspettava tra le due squadre.

Un punto in due

La Juve ha pagato a caro prezzo la velocità dei parigini e la scarsezza di alcuni suoi uomini (Cuadrado e Kostic su tutti). Il Milan, reduce dai clangori di un derby vinto di misura, ha giocato come fa molto spesso una buona partita. Ha recuperato il vantaggio del Salisburgo, e poi ha cercato di vincere fino all’ultimo minuto. La differenza tra Milan e Juve è anche la differenza tra Leao e Vlahovic, che sono due grandi attaccanti, ma molto diversi. Leao, quando ha voglia di giocare (e questo è il suo limite, perché è uno che va a intermittenza), porta avanti la squadra, la trascina, crea spazi e superiorità numerica, permettendo così ai suoi compagni di occupare l’area avversaria, come dimostra perfettamente con l’azione dell’1 a 1 con un assist al bacio per Saelemaekers dopo essersi involato sulla fascia. Il serbo è un giocatore diverso, che ha bisogno di essere servito per trasformare in oro il piombo di un pallone. Il Milan, grazie a Leao, è costruito a trazione anteriore.

La Juve perde a testa alta

La Juventus no, e non è solo colpa del povero Allegri, diventato il bersaglio unico dei leoni da testiera e anche di quelli da talk show. La Juve sta facendo quello che può fare, e senza Di Maria e Pogba è una squadra modesta, che ha un solo uomo su cui puntare, Vlahovic appunto. E che per questo forse può giocare solo in quel modo, partendo dal basso. Giocando col baricentro alto si esporrebbe a mille contropiedi, perchè non è capace a fare intensità e pressing. Il centrocampo è rimasto più o meno quello dell’anno scorso, perché Paredes non è un giocatore capace di cambiarne il volto, una mediana scadente, il cui unico elemento di valore è Miretti, troppo giovane però, con i suoi 19 anni, per poterlo prendere in mano. A questo si aggiunge il problema dei problemi, che il Paris St. Germain ha evidenziato ancora più nettamente: la difesa, che è il suo punto di forza nel campionato italiano, è troppo statica per i ritmi europei dei campioni francesi e viene continuamente superata in velocità. Sono bastate due accelerazioni degli uomini di Galtier per sistemare il primo tempo, con due guizzi, al 6’ su un pallonetto illuminante di Neymar con un gran diagonale al volo alle spalle di Bremer, e al 22’, su un dai e vai con Hakimi sfruttato in beata solitudine, perchè i bianconeri erano fermi come statue. La Juventus è in un certo senso la capostipite del nostro calcio al rallentatore, giocato su certi ritmi così bassi, che lo ripetiamo fino alla noia, ne fanno praticamente un altro sport. Con questa lentezza, da siesta messicana, non si va da nessuna parte.

Milan, squadra ostica

Questo discorso non vale comunque per il Milan di quest’inizio di stagione. Lo si era già visto nel derby con l’Inter, e in parte lo si è rivisto contro il Salisburgo, una squadra molto più ostica di quel che si poteva pensare alla vigilia, almeno per tutto il primo tempo. Gli austriaci ricordano in qualche modo l’Atalanta, non certo per i sistemi di gioco che sono molto differenti fra loro, ma per la stessa veemenza giovanile, lo stesso coraggio e la stessa velocità fastidiosa con la quale aggrediscono gli avversari. Contro di loro, il Milan ha faticato come gli succede di solito quando incontra gli orobici. Ma lascia buone sensazioni. E questo è quello che conta di più.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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