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La Champions racconta le sconfitte diverse di Milan e Inter e la vittoria di una Juve ancora brutta

Tuttavia i risultati non sono del tutto veritieri. Molto dipende dalla squadra che affronti, dal destino di quella partita e da come giochi

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Inter-real
Inter beffata dal Real (Foto Ansa)

A leggere i risultati, la prima giornata di Champions ha capovolto la classifica del campionato. Chi sta messa peggio come la Juventus o l’Atalanta ha vinto o pareggiato, e, risalendo la classifica, chi veleggia in cima ha perso. Ma bisogna stare attenti ai risultati, perché non raccontano solo la verità. Molto dipende dalla squadra che affronti, dal destino di quella partita e da come giochi, soprattutto a questo punto della stagione, per capire quello che sei e che puoi diventare.

Le sconfitte di Milan e Inter

Cominciando da chi ci ha lasciato le penne, Inter e Milan hanno sul groppone due sconfitte dai risvolti completamente diversi, se non opposti. Anche perché Liverpool e Real Madrid non sono proprio la stessa cosa. Gli inglesi sono una bellissima squadra con una intensità di gioco dominante, una bocca di fuoco assai pericolosa che ha in Salah la sua punta di diamante (ma come faceva Mourinho a non farlo mai giocare quando l’aveva nel Chelsea?). Gli spagnoli, invece, oggi sono un gruppo ancora alla ricerca di se stesso, con un grande centrocampo un po’in là negli anni in alcuni suoi interpreti, e che può permettersi di tenere in panchina Camavinga, e un attacco di punteri deliziosi ma non prepotenti che viaggiano a corrente alternata attorno al totem di Benzema.

Gli errori difensivi

Avversari diversi, ma anche sconfitte diverse. Il Milan, nonostante tutti gli elogi raccolti per essere stato addirittura in vantaggio ad Amsfield, è stato seppellito dal Liverpool, schiacciato quasi impotente nella sua area per buona parte della partita e letteralmente salvato da uno straordinario Maignan, che sul rigore di Salah ha compiuto un doppio, autentico capolavoro. Presentatosi in campo con il suo solito 4-2-3-1 all’italiana, molto conservativo, predisposto a pungere esclusivamente in contropiede, ha subito in maniera esagerata il pressing e la velocità degli inglesi, incapace di liberarsene se non in quei due minuti in cui ha capovolto il risultato con i gol di Rebic e Diaz, nelle uniche due azioni pericolose e negli unici suoi tiri in porta di tutto il match. Il bello è che nel dopopartita, anziché preoccuparsi di questo, Pioli si rammaricava soltanto per gli errori difensivi nelle occasioni delle reti inglesi, come se bastasse davvero solo essere più bravi dietro per portare a casa risultati migliori.

Mancini non ha fatto scuola

C’è niente da fare, dobbiamo arrenderci: Mancini non ha fatto scuola, i nostri allenatori continuano a puntare tutto sulla difesa e non sul gioco. Per come l’abbiamo vista noi, non è tanto il risultato (3-2 ad Amsfield è senz’altro sconfitta onorevole) a dover spaventarte il Milan, ma la sua lentezza di gioco in campo europeo che rende sciancato il suo contropiede. Se per la dimensione italiana il suo passo basta e avanza, e di sicuro gli sarà più che sufficiente nel prossimo turno con la Juventus, fuori dai nostri confini si rischia di sparire contro chi corre a velocità doppia. E’ un monito che vale per tutti. Questo è il primo handicap che affrontano le nostre squadre. Il secondo riguarda l’inferiorità tecnica, il divario di classe. Come è successo nel caso dell’Inter, che a differenza del Milan, ha dominato la sua partita, meritando di vincerla anziché di perderla, pagando alla fine in maniera eccessiva due propri limiti: la mancanza di fiato, che l’ha costretta nel secondo tempo a ritirarsi nella propria metà campo, e l’inferiorità tecnica nei confronti dell’avversario.

La miracolosa Atalanta

I nerazzurri hanno costruito tantissime occasioni da gol sprecandone alcune in maniera assurda con Dzeko e Skriniar, e poi sono stati puniti da uno scambio al volo di pregevole fattura fra Camivinga e Rodrygo. Una rete bellissima costruita con un palleggio di stile brasiliano, ormai quasi impossibile da vedere sui nostri campi. Non è un caso che l’unica squadra europea che possiamo presentare sia la miracolosa Atalanta di Gasperini, e che lo sia non per la sua tecnica raffinata, ma proprio per la corsa e il pressing a tutto campo molto poco italiani. In questo periodo non è in gran forma la squadra del Gasp, e il pareggio con il Villareal vale doppio anche per questo.

Juve ancora brutta

Chi sta peggio è la Juventus, coperta di elogi dopo il tre a zero di Malmoe. Noi tutti questi gran miglioramenti non li abbiamo visti. L’avversario, innanzitutto, era davvero poca cosa. Eppure fino al 22’ del primo tempo, se c’era una squadra che sembrava poter vincere la partita era quella svedese. Poi il gol di Alex Sandro ha ribaltato l’incontro, permettendo ai bianconeri di giocare con i lanci lunghi, nell’unico modo, cioé, che gli consente di saltare il suo orrendo centrocampo, appena rivitalizzato da un ottimo Locatelli, ma sempre incapace di costruire gioco e trame. Tutti i gol e le azioni pericolose dei bianconeri sono stati costruiti così, l’ultima rete di Morata addirittura con il rinvio del portiere. Ma così si giocava negli Anni 60, quando c’erano i liberi e nessuno faceva il fuorigioco. Gli è andata bene con lo sprovveduto Malmoe, ma oggi sarebbe impossibile sfruttare questo sistema. Alla resa dei conti, la verità è che i problemi restano tutti e alla ripresa del campionato, con il Milan, può solo sperare che lo stress da Champions possa frenare i rossoneri. Se no, non c’è gara. Perché la Juve è ancora proprio brutta.

Donnarumma in panchina

A guardar le partite e a non leggere solo i risultati - come fanno tanti - anche l’Europa in realtà ha confermato la nostra classifica. C’è solo una cosa che non riusciamo a capire volgendo lo sguardo Oltralpe. Che Donnarumma continui a far la riserva. Poi pensiamo al curriculum di Pochettino e ai milioni che prende dallo sceicco senza aver mai vinto niente, al Psg delle stelle che non riesce a battere il Bruges, al senso che un senso non ha di una squadra tappezzata di figurine e di soldi che va in giro a sfidare gli operai o i minatori belgi e di un’altra che ha fatto la storia e ora affonda sotto un milione di debiti e tre gol dal Bayern, senza che l’ignobile Fair play dell’Uefa abbia mai mosso un dito per fermare questo crollo, e ci rendiamo conto che sono tanti i misteri insondabili del calcio. Troppi per capirci qualcosa.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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Claudia Fusani

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