Vince il Milan cadono Juve e Bologna, ma la realtà è che in Champions il calcio italiano va troppo lento
La prima vittoria del Milan in questa Champions corrisponde alla prima sconfitta, abbastanza inaspettata, della Juventus, dominata completamente sul piano del gioco dallo Stoccarda. Al Bologna non basta un buon primo tempo e perde come a Liverpool, due a zero
La prima vittoria del Milan in questa Champions corrisponde alla prima sconfitta, abbastanza inaspettata, della Juventus, dominata completamente sul piano del gioco dallo Stoccarda, appena decimo in classifica nella Bundesliga e appena reduce dalla sonora batosta rimediata contro il Bayern Monaco (quattro a zero e tutti a casa). Non è bastato un meraviglioso Perin, bombardato per novanta minuti dai tedeschi fino a cedere al 93’ dopo aver parato anche un rigore ai tedeschi. Al Bologna non basta un buon primo tempo e perde come a Liverpool, due a zero. Ma anche il Milan, nonostante la vittoria contro il Bruges in inferiorità numerica, ha sofferto troppo e non ha ottenuto un successo così limpido come sembrerebbe dire il risultato. Questo martedì di Champions smaschera e certifica una realtà preoccupante, che ci rimanda indietro agli Europei di giugno: il calcio italiano va troppo piano, e quando sale il ritmo delle partite, sparisce quasi miseramente dal campo. E’ quello che si è visto bene a Torino, ma anche il Bologna è crollato appena l’Aston Villa ha accelerato il passo e il Milan nel primo tempo in undici contro undici sembrava passeggiare rispetto agli avversari.
Alla Juve non basta Perin
Questa volta non si può neanche dire che la Juve ha cercato di reggere la partita grazie alla sua solida difesa, perchè invece dietro ha ballato come non mai: impresentabile Savona, Danilo in perenne difficoltà (anche se ha salvato un gol sulla linea) e pure Kalulu ha patito il suo. I tedeschi hanno fatto quello che volevano, il bello e il cattivo tempo. Meno male che c’era Perin. A parte il gol annullato a Undav (lasciato scappare via da un distratto Danilo), il numero uno è stato decisivo su Undav, Millot e Demirovic (che ha preso anche un palo nel primo tempo), con interventi uno più prodigioso dell’altro, fino allo straordinario rigore parato a Millot all’86’ che aveva tenuto accese le speranze di Thiago Motta. Nei primi 45 minuti, tanto per avere un’idea della sofferenza della Juventus, abbiamo contato 12 tiri dello Stoccarda contro uno solo (fuori) dei bianconeri e 60 per cento di possesso palla per gli ospiti. Nella ripresa, i padroni di casa sono andati un po’ meglio ma lo Stoccarda non ha mai smesso di affondare i colpi, e anzi ne ha creati molti di più. La Juve ha un problema in attacco, ormai certificato dal suo cammino pieno di zero a zero in campionato. Nella serata di Champions, però è emerso un altro limite, altrettanto grave. La lentezza del suo gioco. E non è vero che chi va piano va sano e lontano.
Un Milan così così
Il Milan soffre e all’inizio gli va pure bene di non essere sotto (traversa di Ordonez e Bruges pericoloso altre tre volte con il pubblico che rumoreggia), poi il calcio è quello strano sport dei luoghi comuni come quando si dice che gli episodi cambiano le partite. Al Milan gliene arrivano due. Prima Mignolet va a farfalle senza beccarne manco una con le mani che annaspano da una parte e dall’altra mentre Pulisic lo infila direttamente dalla bandierina del calcio d’angolo. E pochi minuti dopo, Onyedika, piede a martello su Reijnders a centrocampo, Var e cartellino rosso. Bruges in dieci e il match cambia volto. Anche se all’inizio del secondo tempo i belgi gelano San Siro trovando il pareggio su un diagonale di Sabbe, la differenza tra le due squadre adesso si è fatta evidente, soprattutto grazie ai cambi dalla panchina (fuori Loftus e Leao).
Entra Okafor, sgasa sulla sinistra e serve Reijnders che non deve fare altro che appoggiare in rete. Poi ancora Reijnders sistema le cose. Ci sarebbe pure il quarto gol di Camarda, per festeggiare il suo esordio a sedici anni: stacca e infila di testa Mignolet, che continua a cercar farfalle (un grande clown più che un portiere). Ma è in fuorigioco. Appuntamento solo rinviato, questo è il prossimo centravanti della Nazionale: ha tutto, velocità, furbizia, gioco acrobatico, tiro al volo. Resta il tre a uno finale. E l’impressione di un Milan così così. Fonseca si aggrappa al concetto di squadra, tutti per uno e uno per tutti. Ma il gioco latita per lunghi tratti e le sue stelle annaspano ancora, Leao gironzola come un turista che non sa bene dove andare, Theo viaggia a mezza cilindrata e Tomori deve combattere anche contro la paura dei suoi. Perché il Milan questo sembra, una squadra che non trasmette sicurezza.
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Il Bologna resiste metà partita
Il Bologna è questa cosa qui. Una squadra che vuole giocare sopra le sue possibilità. Può essere un bene, anzi molte volte lo è, perché forse è il modo migliore per gettare il cuore oltre l’ostacolo. Così come ha fatto a Liverpool, esce con molto coraggio dalla pressione dell’Aston Villa giocando sempre palla a terra per ribaltare le azioni, riuscendo pure a rendersi pericoloso. Quando va avanti, tiene solo due dietro, uno contro uno, senza paura. E nei primi 20 minuti sono i rossoblu che vanno vicino al gol, Dallinga spara e Martinez respinge, Orsolini sciupa da due passi e poi spreca ancora di nuovo Dallinga. E’ un bel Bologna.
Il problema è che gli altri sono più forti e hanno molta più qualità, e quando alzano il ritmo lo si vede bene. Però nel primo tempo, gli uomini di Italiano reggono, soffrono ma reggono, e forse corrono pure meno pericoli di quelli che creano. Poi comincia la ripresa e il gol beffa di McGinn, punizione cross che nessuno tocca e s’infila in rete, cambia il volto della partita. In campo aperto, l’Aston Villa è un’altra cosa e può persino giocare al tiro al bersaglio. Il Bologna invece non tira più. Duran fa due a zero in contropiede. Il palo di Beukema nel finale non cambia il senso della partita. Appena gli inglesi hanno accelerato non c’è stato più niente da fare.