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L'Inter parte alla grande. Un pareggio che vale oro. Bologna un punto Champions e rimpianti

Come nella giornata d’apertura le italiane replicano il risultato, anche se non alla rovescia com’era capitato a Milan e Juventus. Questa volta sono due zero a zero, ma dal sapore completamente diverso. Per il Bologna è una mezza battuta d’arresto, contro lo Shaktar in casa

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   

Come nella giornata d’apertura le italiane replicano il risultato, anche se non alla rovescia com’era capitato a Milan e Juventus. Questa volta sono due zero a zero, ma dal sapore completamente diverso. Per il Bologna è una mezza battuta d’arresto, contro lo Shaktar in casa. L’Inter, invece, inchioda il Manchester in trasferta e il suo risultato, ottenuto contro la corazzata di Guardiola, al termine una sfida che ha rischiato più di una volta di vincere, ha una valenza particolare, perché assegna davvero alla squadra di Inzaghi la medaglia che la pone tra le grandi favorite alla vittoria finale di questa Champions.

I nerazzurri hanno disputato una partita di grande spessore, pur non essendo ancora al massimo della forma e facendo a meno per sessanta minuti della sua punta di diamante, Lautaro Martinez. Fase difensiva perfetta e ripartenze manovrate anche a tutto organico. L’Inter è una squadra che sa quel che vuole e sa come prenderlo. Inzaghi, poi, ha fatto un lavoro eccezionale, anche sugli uomini, trasformando Calhanoglu in un ottimo regista e Thuram in un potenziale goleador, dopo aver fatto di Di Marco, uno dal passo sgraziato e dai piedi non proprio di un finisseur, il miglior esterno italiano. Certo, se uno pensa a Causio, Bruno Conti o Donadoni, rimpiange il tempo andato. Ma oggi va così.

Che bella Inter

L’Inter ha disputato un gran primo tempo e Inzaghi aveva tutte le ragioni del mondo a girarsi verso la panchina per lamentarsi di tutte le palle gol buttate al vento dai suoi uomini. Molto coperti dietro - a volte abbiamo contato addirittura sette uomini sulla linea difensiva -, ma sempre pronti a ripartire, i nerazzurri hanno deciso di aspettare il Manchester ai limiti della propria area, senza disperdere energie con il pressing, spaventando i padroni di casa con veloci contropiedi manovrati, condotti sempre palla a terra. A fare la conta delle occasioni migliori, gli unici brividi per la porta di Sommer, sono venuti su un tiro di Haaland - dopo uno svarione di Bastoni - che ha sfiorato il palo e da una incursione di De Bruyne fermato dall’onnipresente Calhanoglu in scivolata. Le ripartenze dell’Inter hanno portato due volte Thuram a sprecare fuori da buona posizione, Gvardiol a salvare di testa la porta sguarnita dalla botta di Darmian e Ederson a opporsi in angolo sul tiro di Carlos Augusto.

Il secondo tempo è per lunghi tratti il copia e incolla del primo, con Darmian che spreca forse l’occasione più ghiotta di tutta la partita fino a quel tempo, decidendo di non tirare in porta, da buona posizione e completamente libero, per servire Barella con un improbabile colpo di tacco. A mezz’ora dalla fine Inzaghi si gioca la carta Lautaro, al posto di un generosissimo Thuram, uno dei migliori, persino commovente nei suoi recuperi difensivi e nelle sgasate in ripartenza. Le occasioni fioccano, Foden da una parte, Mkhitaryan dall’altra, poi Gvardiol e Lautaro, e Gundogan  due volte nell'assedio finale.  

Un Bologna a metà

Il Bologna non si può dire che abbia giocato una brutta partita. Ha macinato chilometri e qualche occasione da gol (soprattutto due, abbastanza grandi, di Castro e Fabbian) ma per la maggior parte del tempo la sua idea di aggressione è rimasta nelle intenzioni più che nei fatti. Ha prodotto gioco, senza finalizzare. Questo è il suo limite più evidente. Il Bologna sembra una squadra di Italiano che non è troppo convinta di esserlo, invischiata dentro a un’identità dimezzata che le impedisce di credere fino in fondo a quello che fa. E’ una Fiorentina senza Nico Gonzalez, è vero, ma anche senza quello spirito che spingeva i viola a buttarsi oltre l’ostacolo, magari rischiando qualcosa di più, però sempre con l’intenzione di giocarsi il tutto per tutto.

Questo Bologna, invece, dopo la grande paura del rigore parato da Skorupski a Sudakov al minuto quattro sulla lancetta, ha fatto sua la partita e ha creato anche delle buone occasioni, lasciando comunque l’impressione di aver quasi paura di affondare una volta che riusciva ad arrivare nei pressi dell’area dello Shaktar, come se non sapesse più cosa fare e avesse paura di sbagliare. Certo, è una squadra molto diversa dall’anno scorso: ha perso i suoi uomini migliori, i suoi tre punti di riferimento e la sua colonna vertebrale, Calafiori, Ferguson (ancora infortunato) e Zirkzee, e quest’estate Sartori non pare aver tirato fuori l’immancabile coniglio dal cilindro, come gli capita spesso. E’ come se l’Inter dovesse disputare il campionato senza Lautaro, Calhanoglu e Barella, e mettiamoci pure senza Inzaghi. Dovendo fare a meno dei giochi di prestigio del direttore sportivo, Vincenzo Italiano s’è ritrovato fra le mani un gruppo orfano di Thiago Motta e dei suoi pionieri. Per cambiare la marcia, ha bisogno di tempo. Ma dalle nostre parti il tempo non te lo danno mai gratis. 

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