Tre italiane in finale. Non abbiamo le squadre, ma grandi allenatori
Inter, Roma e Fiorentina vogliono vincere Champions, Europa League e Conference. Il Milan ha fatto molto più di quello che poteva, la Juve ha fallito
L’aveva promesso a Dybala per convincerlo a portare i bagagli sotto al Cupolone: vieni e vinciamo l’Europa League. Mourinho quando arriva vicino al traguardo non sbaglia mai. Non importa il modo, lui non guarda troppo per il sottile. Ma i suoi catenacci di barricate ottocentesche e senza vergogna hanno qualcosa di epico, perché nessuno come il "Mou" è capace di entrare nella testa dei giocatori e convincerli a votarsi alla morte in nome del risultato, l’unico ideale che conta. Così la Roma agguanta la seconda finale consecutiva, con sguardo sulla Champions. Troverà il Siviglia, giustiziere della Juventus, che avrebbe tanto voluto fare la partita dei giallorossi se avesse potuto e non poteva o se ne fosse stata capace e non lo era. Ci sono due grandi e sostanziali differenze fra Max e Mou: fanno lo stesso gioco, solo che il secondo non lo critica nessuno e i tifosi lo adorano, guai a chi lo tocca, il primo lo processano tutti e la stragrande maggioranza dei tifosi lo caccerebbe subito via a calci nel sedere; ma soprattutto, le squadre dello Special One sanno anche attaccare, hanno una idea di offesa che conosce trame e coraggio, capace di buttare il cuore oltre all’ostacolo, e hanno intensità, sono state allenate per correre.
Il Milan ha fatto molto più di quello che poteva, la Juve ha fallito
La Juve di Allegri no, è questo il suo grande limite. Corre meno veloce di tutti e si affida solo alle prodezze dei singoli, che quest’anno per un verso o per l’altro sono mancati tutti, dall’ex Pogba al turista Di Maria, dal frustrato Vlahovic all’infortunato Chiesa, e un motivo ci sarà, anzi ce n’è più di uno, a cominciare dal mercato che bisogna saperlo fare se no i dilettanti allo sbaraglio ti costruiscono l’accozzaglia di quest’anno, preferendo Di Maria a Dybala e puntando tutto su un giocatore che non c’è più come Pogba (intuizione del trio Arrivabene-Cherubini-Allegri: complimenti, in tre per una boiata). Il risultato è che alla fine mancano la Juve e il Milan alla festa europea. Ma il Milan arrivando alle semifinali di Champions ha fatto molto più di quello che poteva. La Juve ha fallito, bastonata dappertutto, dovunque si gira, da processi sommari, da Ceferin e Gravina, da Chiné e dal Coni. Ma se in Italia se la cava, per quel che serve prima delle sentenze, in Europa no, umiliata in Champions e buttata fuori adesso. Così resta fuori dalla festa.
Tre italiane nelle tre finali
Tre italiane nelle tre finali, che è la vera notizia di oggi. Se "Mou" ha alzato le barricate per arrivarci, Italiano ha buttato la sua Fiorentina all’arrembaggio, ha sprecato ogni ben di Dio ma all’ultimo minuto ce l’ha fatta e nessuno può negare che se lo meritava tutto. Champions, Europa League e Conference. Non accadeva dal 1993/94, l’epoca d’oro del calcio italiano, quando avevamo i soldi da buttare dalla finestra e al Milan suonavano ancora la Valchiria. Allora c’era la Coppa delle Coppe, e a quella finale ci arrivò il Parma, battuto poi dall’Arsenal. Fu l’unica a perdere. Il Milan dominò contro il Barcellona di Cruijff e l’Inter contro il Salisburgo. Oggi nessun paragone è possibile con quelle squadre, noi eravamo la Premier di allora, i migliori giocatori venivano tutti da noi, che regalavamo soldi e prestigio. In Inghilterra si andava a svernare alla fine della carriera, Zola, Vialli, Ravanelli. Era un bluff ma non lo sapevamo. Facevamo i passi più lunghi della gamba, facevamo i bauscia, facevamo come Tanzi, o come Cragnotti, i conti facili e i sorrisi alla tv. Quelli che facevano sul serio si sono rovinati.
Avevamo le squadre più forti del mondo, oggi no
Però avevamo le squadre più forti del mondo. Niente a che vedere con quelle di oggi. Se uno sfoglia l’organico della Roma o della Fiorentina senza sapere com’è andata non può immaginare che siano arrivate in fondo. Allora avevamo campioni, oggi squadre di gregari, di operai, al massimo di qualche giovane speranza, la nostra Nazionale è fuori da due Mondiali consecutivi e questo e solo questo è lo stato delle cose. Chi parla di Rinascita è un cliente dei centri di igiene mentale che ha voglia di scherzare. Però un motivo c’è se siamo arrivati fino a questo punto e c’è eccome.
Inzaghi, Mourinho e Italiano: i nostri fuoriclasse sono in panchina
Allora avevamo squadroni. Oggi abbiamo i tecnici, i nostri fuoriclasse stanno seduti in panchina. Un portoghese e due italiani. L’Europeo l’ha vinto Mancini, più dei suoi giocatori e quando lui ha commesso l’errore di affidarsi a loro siamo stati sbattuti fuori dalla Svizzera e dalla Macedonia. Prendiamo gli scarti dell’Europa e formiamo mediocri frombolieri, i Totti, i Del Piero, i Maldini, i Vialli non esistono più, ma neanche i Pirlo, i De Rossi, l’ultima generazione di lotta e di governo. Però i nostri tecnici sono al livello dei più grandi e qualche volta li superano. Guardate quello che sta facendo De Zerbi in Inghilterra, che ha appena umiliato l’Arsenal tre a zero a casa sua. Conte, nonostante il capitolo Tottenham, rimane un Maestro insuperabile del calcio antico, e un vincente assoluto, un Mourinho del Salento molto più giovane. La nouvelle vague è roba nostra, De Zerbi, Italiano, anche Gasperini, il bravissimo Sarri e quel genio di Spalletti e adesso state all’occhio a Palladino. Poi ci sono gli stranieri italianizzati, perché cresciuti alla nostra scuola, come Tudor e Juric, anche loro innovatori di gioco e di idee. Abbiamo perso le squadre, ma abbiamo trovato gli allenatori.
Inter, Roma e Fiorentina hanno qualche possibilità di vincere
C’è sempre un motivo quando si vince. E questo è il vero motivo, alla faccia di chi dice che i tecnici in panchina non contano niente, che in campo ci vanno i giocatori. Certo, se li hai. Ma la colonna vertebrale di una squadra, la schiena diritta, il coraggio di osare e di crederci, quello lo possono trasmettere solo gli allenatori. Parole e idee, soprattutto idee. Si può praticare un calcio antico come Inzaghi, aggiornandolo nella modernità della corsa, e nello sviluppo dell’azione dove i lanci lunghi sono solo quelli del cambio di campo. Qualcuno l’ha definito addirittura kloppiano: adesso non esageriamo, però Inzaghi non è semplicemente un catenacciaro. E così per una volta, anche solo per una volta, siamo tornati indietro nel tempo. Manca Spalletti a questa festa, e se lo sarebbe meritato. Che poi la festa potrebbe essere ancora più grande perché tutt’e tre hanno qualche possibilità di vincere. Dell’Inter abbiamo già detto, noi ci crediamo, Inzaghi è perfetto per queste partite, e la squadra è in forma strepitosa. Anche il City, certo, ma quello visto con il Real ha giocato contro un undici già sconfitto prima di scendere in campo, una versione dei blancos inguardabile, troppo rassegnata. Mou non sbaglia mai le finali. Pure il Siviglia, sei trionfi in Europa League dal 2006, ma questo Siviglia, decimo nella Liga dopo aver cambiato tre allenatori in stagione, non ci sembra proprio un ostacolo insuperabile. Poi c’è il West Ham in Conference per la Fiorentina di Italiano. Gli inglesi sono sempre un avversario tosto. Ma l’emergente Italiano è uno che non ha paura di nessuno. E’ così che si arriva dove è arrivato lui.