Champions, un pareggio e una vittoria. Ma l'Inter e il Napoli deludono
Il bilancio è buono. Ma il voto no. L’Inter pareggia quasi allo scadere, dopo essere stata dominata per tutta la partita. Il Napoli ha vinto, grazie a un autogol ridicolo, e dopo un primo tempo che ha cercato di riproporre a sprazzi la squadra di Spalletti
Un pareggio e una vittoria. Il bilancio è buono. Ma il voto no. L’Inter pareggia quasi allo scadere, dopo essere stata dominata per tutta la partita. Acciuffa l’uno a uno con il primo tiro in porta, dopo che gli spagnoli avevano preso anche due pali, e fatto vedere le stelle a Sommer. E’ una brutta Inter, forse indebolita dai cambi, ma era l’idea di colpire in contropiede senza avere lo sprint per farlo e subendo la tecnica della Real Sociedad che era sbagliata. Il gol dei baschi è arrivato su un errore clamoroso di Bastoni, un difensore sinceramente sopravvalutato. Ma è tutto quello che ha fatto dopo la Real Sociedad che ha giustificato quel vantaggio.
Il Napoli ha vinto, grazie a un autogol ridicolo, e dopo un primo tempo che ha cercato di riproporre a sprazzi la squadra di Spalletti. Ma è questo il problema. La versione di Garcia non ha niente a che vedere con quella squadra, e lo si è visto bene nel secondo tempo: non ha quei ritmi e non ha quel coraggio, non ha l’occhio furente con cui aggrediva l’avversario. Qui non bisognava rimettere la chiesa al centro del villaggio. Qui bisognava lasciarla dov’era. Garcia sta togliendo l’anima a quella squadra. Ma l’errore forse sta a monte. Lui non è mai stato un utopista come Spalletti, è uno tipo Conte, tipo Inzaghi, la sua rina Roma ricordava tantissimo l’Inter di Inzaghi. Non c’entrava niente con Spalletti e col suo Napoli.
Video
L’impegno un po’ più difficile, almeno sulla carta, ce l’aveva l’Inter. Niente di trascendentale. Inzaghi ha fatto persino un bel turn over, a dimostrazione che non è fosse molto spaventato da questa sfida: fuori Thuram, l’uomo più in forma di questo inizio di stagione, e Di Marco, dentro Arnautovic e Carlos Augusto, poi Asllani in mezzo al campo al posto di Calhanoglu e l’esordio assoluto di Pavard con Darmian in panchina. Gli spagnoli sono comunque una squadra moderna, che gioca molto in ampiezza affidandosi alle abilità tecniche delle sue ali e agli inserimenti dei centrocampisti, esercitando un pressing abbastanza aggressivo. A giudicare dalle partite della Liga, la squadra di Alguacil è solita attaccare l’area con tanti uomini e sfrutta con non troppa insistenza i cross a spiovere, non essendo i suoi giocatori molto alti di statura. E tutto questo si è visto, almeno nelle intenzioni, perché poi la partita per lunghi tratti ha preso un indirizzo diverso.
Takefusa Kubo era l’uomo più nelle file della Real Sociedad, quello considerato più pericoloso, brevilineo, bravo nell’uno contro uno e bravissimo nell’imbucare i compagni, ma poi sin dal fischio d’inizio quello che abbiamo visto folleggiare sulla fascia opposta è Barrenetxea, uno slalom ubriacante e un palo in due minuti, poco prima dello scivolone da stasera le comiche di Bastoni che ha aperto la strada al gol di Mendez, e dopo altre sgasate e serpentine a crear scompiglio sullle zolle di uno spaesato Dumfries. Però si sapeva pure che la Real Sociedad aveva gravi lacune in difesa e poca fisicità, e che l’Inter avrebbe potuto avere gioco facile nello sfruttare queste carenze. Solo che i nerazzurri costretti a rimettere nel cassetto l’idea di una tranquilla partita in contropiede ci hanno messo un po’ a ritrovare le fila del discorso. E dopo hanno deciso che era meglio aspettare e ripartire, che è quello che sanno fare meglio, dando spazio ai padroni di casa, che però non è che sono stati a guardare, creando tre occasioni niente male, una con Tierney, un’altra con Le Normand e l’ultima con Kubo (l’unica cosa che ha fatto nel primo tempo).
L’avvio di ripresa non aveva offerto segnali molto diversi, con l’Inter rintanata che aspettava il contropiede buono e la Real Sociedad che andava di nuovo vicino al gol, e per fortuna che Sommer è un gran portiere, perché sul colpo di testa di Oyarzabal ha compiuto davvero un mezzo miracolo. Poi finalmente Inzaghi ha tolto i peggiori in campo, Bastoni, Asllani e Arnautovic: dentro Frattesi, Di Marco e Thuram. Purtroppo il copione della partita non è sembrato cambiare molto. E neanche l’ennesima occasione gol con la traversa di Merino pareva scuotere pià di tanto i nerazzurri. Altro cambio offensivo a questo punto, Sanchez al posto di Mkhytarian, e l’Inter ha provato a svegliarsi. Non è che abbia fatto molto, ma almeno ha cambiato l’idea della sua partita, cercando di occupare la metà campo degli avversari. Al primo tiro in porta, lo ha centrato il pareggio, con Lautaro, non è giusto, non è meritato, ma il calcio è fatto così. E quel gol è servito a dimostrare che se l’Inter avesse osato di più, forse ne avrebbe fatto un boccone dei baschi.
Il Napoli aveva l’occasione buona per risollevarsi dalle delusioni di un inizio di campionato abbstanza balbettante. Lo Sporting Braga di Arthur Jorge, ottavo in classifica nella Liga portoghese con sette punti e due sconfitte sul groppone, l’ultima abbastanza pesante proprio pochi giorni fa in casa del Farense (3-1), e una difesa traballante che ha già subito 10 gol in cinque partite, non poteva certo essere considerato un avversario molto temibile. Sotto un improvviso nubifragio, gli azzurri hanno cercato di prendere subito possesso della partita con Oshimen pericolo pubblico, due colpi di testa, uno parato miracolosamente da Matheus l’altro di poco alto e una traversa in meno di mezz’ora. E dopo a seguire anche un rigore fischiato e poi negato (ma non c’era, onestamente). Il gol arriva, finalmente, allo scadere del tempo, cross di Kvara, Oshimen che spizza e Di Lorenzo che tira al volo.
Napoli old style. Fatto il suo compito, con un primo tempo non travolgente, ma comunque buono, nei secondi quarantacinque minuti si è rivisto il 433 versione Garcia, senza più la fantasia visionaria, i cambi di marcia improvvisi e la velocità spiazzante di quello spallettiano, un Napoli che ha perso l’anima della fantastica squadra che travolgeva tutto, per vestire l’abito del sui nuovo tecnico, che richiede ritmi più lenti e una difesa più bassa. Manca il coraggio di Spalletti, e senza quello non è più lo stesso. Lo ritrova solo in quei pochi minuti che arrivano dopo il pareggio del Braga, asfissiando gli avversari nella loro area e costringendoli a un autogol senza senso, di Niakaté, una bordata nella sua porta con nessun attaccante del Napoli vicino. Poi ritorna subito la versione Garcia. E si vede. Si chiude come se di fronte avesse il Real Madrid, e rinuncia a spaventare gli avversari che sono nettamente più deboli. E lo salva il palo, colpito da Pizzi, prima del fischio finale.