E' una Juve senza fiato. Pareggio pericoloso con il Villarreal
La squadra di Allegri costruisce tutte le sue partite sulla difesa e poi ogni volta le perde o le rimette in gioco proprio con gli errori marchiani della sua difesa
Da Villarreal, una piccola città molto triste sulla strada per Valencia, capitale della ceramica, ma senza nient’altro che le sue industrie, case nuove e vuote attorno all’Estadio de la Ceramica, la Juve torna con un pareggio che non dovrebbe lasciarle dormire sonni tanto tranquilli. Il Sottomarino giallo, e soprattutto il suo tecnico, Unai Emery, si esaltano in trasferta, dove hanno sempre costruito la maggior parte dei loro successi. Il Villarreal pratica un calcio di buon palleggio che si esalta negli spazi, protetto da una difesa solida e molto accorta. In Europa il Manchester United, a novembre, nel girone di qualificazione di questa Champions, ha interrotto una serie di 26 partite utili consecutive della squadra in giallo, rimontandola in modo rocambolesco solo nel finale, con Ronaldo, a segno dopo il novantesimo (2 a 1 all’Old Trafford). L’Atalanta del furente Gasp l’ha fatta fuori a Bergamo, espugnando gli orobici a casa loro, 3 a 2, ma dominando la partita molto più di quel che dice il risultato, dopo aver invece pareggiato due a due soffrendo le pene dell’inferno all’Estadio de la Ceramica. La Juve invece è questa cosa qui, un ossimoro: una squadra che costruisce tutte le sue partite sulla difesa e che poi ogni volta le perde o le rimette in gioco proprio con gli errori marchiani della sua difesa. E’ stato così con il Torino, con l’Inter, con l’Atalanta e ieri con il Villarreal, un controsenso che punisce senza pietà la sua filosofia di gioco.
Ma in casa del Sottomarino i bianconeri hanno messo in evidenza un altro limite ancora più preoccupante: una condizione fisica che a definire solo scarsa forse si pecca di ottimismo. Finché le ha retto il fiato, la squadra di Allegri non ha giocato male, passata in vantaggio dopo appena 36 secondi con uno splendido gol di Vlahovic, che ha addomesticato col petto un lancio oltre le linee di Danilo, girando poi all’improvviso con il destro il pallone all’angolo della porta, senza lasciare il tempo di accorgersene ad Albiol e a Rulli. Poi ha gestito a modo suo la partita, anche se salvata miracolosamente da un incrocio dei pali centrato da Lo Celso e da un intervento prodigioso e fortunato di Szczesny su un colpo di tacco ravvicinato di Danjuma: però riusciva a fare pressione sui portatori di palla, a giocare in anticipo e a ripartire in contropiede, con lanci lunghi vecchi maniera. Per tutto il primo tempo è stata dentro la partita, a modo suo, rintanata dietro, ma cercando anche di far male, con Vlahovic che resisteva indomito alle legnate di Albiol e Morata che si dannava l’anima e poi sprecava le poche palle pericolose. Fino al quarantacinquesimo.
Nel secondo tempo è rientrata in campo una Juve che non ne aveva più: ha smesso di fare pressing, ha continuato a retrocedere impaurita e ha abbandonato nelle vaste praterie vuote Vlahovic. Così ha preso il gol di Parejo, lasciato tutto solo al centro dell’area, libero di concludere a rete un innocuo cross dalla tre quarti, con Rabiot che avrebbe dovuto marcarlo e che invece vagava stremato alle spalle di Morata, retrocesso anche lui in difesa, come uno che avesse appena finito la maratona e cercasse di riprendere fiato. A vedere i bianconeri caracollare per il campo con l’aria incerta di chi comincia ad annaspare col respiro, non si può fare a meno di pensare alle parole velenose che ormai il definitivo ex Antonio Conte aveva lasciato ai piccioni viaggiatori, destinazione Torino e dintorni: Bentancur e Kulusevski? Sono fuori forma, in evidente ritardo di preparazione fisica. Conte è uno che ogni tanto prende in giro la stampa, come quando millanta il coraggio del suo gioco e non confessa semplicemente di essere l’unico figlioccio, erede del mitico Trap e della sua filosofia dell’essenziale - primo, non prenderle -, ma che qualche volta dice la cruda verità. E questa volta ha detto la verità.
La sensazione che lascia Villarreal è proprio questa: è una Juve in debito di ossigeno quella che arranca nel campionato e viene molto spesso rimontata. E forse è questa la stazione di sosta di Allegri dopo i suoi due anni sabbatici, che il gioco del calcio va sempre più veloce, e tu puoi fare il catenaccio o il guardiolismo o il tremendismo del Gasp, ma devi correre più degli altri. E’ solo questo il segreto per vincere. E alla fine è semplicemente questo che manca alla Juve.