La Juve va piano. E' per questo che usciamo dall'Europa: non corriamo
Il tiro al bersaglio sul non gioco di Allegri è sbagliato oltre che lontano dall’obiettivo. Ha vinto Emery, uno che ha giocato ancora di meno. Ma il problema di tutto il calcio italiano è la mancanza di velocità
L’unica volta che la Juve ha provato a giocare la partita, e per un’ora non l’ha fatto neanche così male, ha preso tre gol e non ne ha buttato dentro nessuno. Tre a zero e tutti a casa, anche quest’anno la Champions sbatte fuori l’Italia: l’ultima nostra squadra ad essere arrivata almeno in semifinale è la Roma nel 2018. Da allora, porte chiuse per noi. L’eliminazione dell’Inter era quasi scontata contro il Liverpool, però i nerazzurri sono usciti a testa alta, dopo aver persino espugnato Anfield in dieci uomini. Quella della Juve lascia l’amaro in bocca. Ma spiega tante cose sul nostro calcio.
I bianconeri non hanno demeritato come direbbe il risultato - la sconfitta ci sta, il tre a zero no - e non hanno neppure giocato peggio dal Villarreal. Il problema, il vero grande limite del nostro campionato, è il ritmo, la corsa. Noi andiamo a venti all’ora, gli altri a cento. A certe velocità possiamo reggere per sessanta minuti al massimo, gli altri per una partita intera, e magari anche di più. Unai Emery, grande collezionista di Europa League e professore emerito di catenaccio, ha impostato l’incontro su questo: non ha mai avuto intenzione di giocarsela, ma solo di sfiancare l’avversario aspettandolo arroccato con tutto l’organico ai limiti della sua area, senza neppure l’intenzione di pungere troppo nel secondo tempo, perché così avrebbe potuto allertarlo e renderlo più prudente e concentrato. Ha vinto alla lavagna, puntando tutto sull’avversario: se non becchiamo gol, questi alla fine non ce la fanno più. E ha avuto ragione. Il madornale fallo di Rugani, fino a quel momento uno dei migliori, è un errore di stanchezza, che non può essere spiegato altrimenti, tanto è fuori tempo, scoordinato, e persino senza senso. Era il minuto 78. Da lì in poi, non avendo più fiato, la Juve è crollata.
Il tiro al bersaglio, che qualcuno ha già cominciato, sul non gioco di Allegri è sbagliato oltre che lontano dall’obiettivo. Ha vinto uno che ha giocato ancora di meno, e che ha aperto l’incontro la prima volta che nel secondo tempo è andato a bussare nell’area avversaria. Unai Emery sapeva di essere più debole - confrontati a uno a uno c’è un abisso fra i giocatori bianconeri e quelli del Sottomarino - e ha puntato tutto sulla più grande debolezza dell’avversario. Ha messo il pullman davanti alla porta e poi tanta corsa. Spettacolo meno di zero, ma chi se ne frega. Nei primi quarantacinque minuti la Juve ha avuto la partita in mano e ha creato almeno tre occasioni da rete, facendo pure tremare la traversa con una girata di Vlahovic. E il Villarreal ha fatto il primo tiro nello specchio della porta al minuto 78, con il rigore di Gerard Moreno. Con il centrocampo che si ritrova, Allegri fino a quel momento aveva fatto già un mezzo miracolo. Forse l’unico errore è stato quello di cercare le vie centrali per arrivare in rete, anziché il gioco sulle fasce - le azioni più pericolose sono nate dai cross di Cuadrado e De Sciglio -, ma non crediamo che sarebbe cambiato molto. Se non hai fiato è impossibile riuscire a battere anche chi è più scarso di te. E la Juve nel secondo tempo non ne aveva più. Così ha cominciato a camminare al ritmo del soporifero Arthur, il padrone del suo centrocampo, uno che si limita a darla e ridarla, fare due passi di lato e mai nella vita cercare una verticalizzazione. Risultato: ha smesso di far male. Ma se quelli sono i giocatori che si ritrova, che cosa può fare Allegri?
Il problema suo, e di tutto il calcio italiano, è la mancanza di velocità. Sono anni che prendiamo solo batoste in Europa e continuiamo a non rendercene conto. I ritmi bassi del nostro campionato ammorbano lo spettacolo e ci tolgono competitività appena mettiamo il naso fuori casa. Poi, possiamo fare catenaccio o giocarcela con coraggio, ma se non corri non vai da nessuna parte. E questo potrebbe anche essere il problema di Mancini, che non ha a disposizione tutto il tempo che ha avuto prima degli Europei per allenare la Nazionale adesso che arrivano le sfide per andare ai Mondiali.