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Inter, che rammarico. Il Manchester City vince la sua prima Champions League

I nerazzurri riescono ad arginare i super favoriti per la vittoria finale: pari negato per un clamoroso errore di Lukaku e per una traversa

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Inter, che rammarico. Il Manchester City vince la sua prima Champions League
Inter sconfitta dal Manchester nella finale di Champions (Ansa)

E’ un mondo difficile, una vita intensa, felicità a momenti. Poi guarda cosa ti capita. Vince il Manchester City, «la squadra più forte del mondo», come ha detto Inzaghi, la squadra delle figurine, fatta solo di campioni pagati a peso d’oro, rubati ai ricchi e ai morti di fame, quella che può fregare le regole tanto nessuno gli dice niente, perché non si può punire chi riempie di soldi tutti.

Vince il Manchester, come avevano detto i bookmakers, che erano così sicuri da darla a quasi niente, 1,25. Ma vince sporco, perché quella che meritava davvero era l’Inter. Adesso è inutile fare i piagnoni. Ma la traversa di Di Marco, Lukaku che salva sulla linea il gol sempre di Di Marco, due parate incredibili senza sapere come ha fatto di Ederson, la seconda all’ultimo secondo, e poi il gol sbagliato da Lautaro sullo zero a zero. Meritava l’Inter di uno straordinario Inzaghi, che aveva disegnato la partita perfetta, meritava l’Inter di Lukaku, di Brozovic, di tutti quelli che hanno messo alle corde i più forti, l’hanno assediata come un pugile che cerca il colpo del ko, l’hanno stoicamente riempita di destri, di ganci, di uppercut, senza mollare mai fino all’ultimo secondo.

Invece ha vinto il City, su un errore di Acerbi (sui cross ci hanno insegnato che non si rinvia mai davanti, ma solo di lato), impeccabile fino a quel momento. Ha vinto per un golletto a zero il City di Guardiola, che ritrova la Champions dai tempi di Barcellona. Diciamo che era scritto, che il calcio è un gioco ingiusto, che quando decidono le stelle non c’è niente da fare. Tutto quel che volete. Almeno questa volta possiamo non prendercela con l’arbitro. Ma è un mondo difficile. Nostra piccola vita, nostro grande cuore...        

Nel Manchester City non c’è Walker, già in forte dubbio alla vigilia, assenza importante nello scacchiere dei Cityzens, un po’ una sorte di Bonucci, quello buono però, l’unico della retroguardia a cui il Pep affida il compito di impostare la manovra dal basso, con la libertà di spingersi anche in avanti. Al suo posto Aké.  C’è il più esperto Silva al posto del funambolico Foden, ma è probabile un cambio nel corso del match.

Sull’altra fascia Grealish, e poi tutti i titolari, con il pericolo pubblico Haaland al centro dell’attacco. Nell’Inter Inzaghi ha preferito Dzeko, uno dei nerazzurri migliori in Champions, con Lukaku, anche lui in ottima forma, pronto a subentrare. Dietro, Skriniar è ormai pienamente recuperato, ma il tecnico ha deciso di affidarsi ai consolidati Darmian, Bastoni e Acerbi, trio tutto italiano. In mezzo al campo, come previsto, c’è Brozovic. Mkhytarian si siede in panchina. Davanti è il Toro l’uomo più atteso. E Lautaro dovrebbe sobbarcarsi tutto il match, viste le non perfette condizioni di Correa, che è solito sostituirlo nell’ultimo quarto d’ora. Centocinquanta milioni si spettatori in tutto il nondo davanti alla tv, più i 75mila assiepati sugli spalti dell’Ataturk di Istanbul, con una leggera prevalenza di interisti, almeno a giudicare dai rumori del tifo. Arbitra Marciniak, conoscenza non sgradita al Biscione.

Si parte. E l’Inter almeno nei primi minuti non pare affatto remissiva e cerca anche di pressare alto. Al 5’, però, è tutta schiacciata nella propria area, quando Silva si libera in dribbing e prova un tiro a giro da distanza ravvicinata che si perde sul fondo. Non c’è grandissimo ritmo, ma sono soprattutto gli inglesi a rallentare le cadenze. Con la palla al piede i nerazzurri velocizzano di più, come al 9’, con Di Marco che arriva al cross ribattuto dalla difesa dei Cityzens. Molto strano l’inizio di partita. Il Manchester sembra quasi bloccato, lontano parente di quello che ha asfaltato il Real Madrid. Pare di più la versione da trasferta, che a onor del vero non ha mai molto brillato in Champions. La pressione alta di Brozovic e compagni impedisce òa solita manovra avvolgente dei ragazzi di Guardiola. Così è l’Inter che prova di più a rendersi pericolosa.

Al 19’ da Di Marco a Lautaro che serve dietro Brozovic in corsa: tiro alto. Al 25’ pasticcio della difesa del Manchester e Barella cerca un pallonetto da lontano nella porta sguarnita, ma il tentativo è storto e sbilenco. Poi due minuti dopo, all’improvviso come un fulmine nel cielo sereno, De Bruyne fa filtrare un pallone per Haaland che si allarga e calcia a incrociare: Onana, bravissimo, respinge con il braccio sinistro. Quest’azione forse dà la scossa al City. Subito dopo, De Bruyne da fuori, centrale, e parata facile del portiere nerazzurro. Ma non passa un minuto che il fantasista belga si accascia al suolo. Una brutta botta per il Manchester: il numero 17 è costretto a lasciare il campo. Al suo posto Foden, che è tutto un altro tipo di giocatore, più adatto sulla fascia che a ispirare le punte. Primo tempo a reti inviolate.

Tutti quelli - cioé la grande maggioranza - che avevano pronosticato la passeggiata facile del City, evidentemente si sono sbagliati. Per ora è uno zero a zero scritto e servito, con un solo tiro in porta, di Haaland verso la mezz’ora. L’Inter c’è, non ha pensato solo a difendersi, ha cercato anche di pressare alto, restando sempre comunque molto attenta nelle retrovie, e la partita è aperta a qualsiasi risultato. La sua prestazione difensiva è pressoché perfetta, con Inzaghi che ha scelto di andare a uomo sui riferimenti più pericolosi, concedendo pochissimo spazio ai due esterni. Così il Manchester ha finito per arenarsi nella rete nerazzurra. Per di più, il City, dopo Walker, ha perso un’altra pedina molto importante come De Bruyne. L’Inter potrebbe cominciare a crederci davvero.

Tanto più che il secondo tempo riprende sulla falsariga del primo. Il Manchester continua a far la partita, mettendo però quasi mai in difficoltà un Inter ordinata e precisa, oltre che paziente. Quello che colpisce di più del City è la sua prestazione nettamente sottoritmo, che non riesce mai ad accelerare negli ultimi trenta metri. Se uno ha ancora negli occhi il quattro a zero con cui aveva liquidato il Real Madrid, questa sembra completamente un’altra squadra, o una lontana parente, incapace di produrre gli scambi rapidi e tutta l’intensità con cui aveva prima schiacciato e poi annientato la difesa dei blancos.

Così l’unica azione che va vicinissimo al gol è dell’Inter che deve davvero mangiarsi  le mani per non essere passata in vantaggio, al 14’ della ripresa, quando il solito errore del traballante Akanji, in assoluto il peggiore in campo, lancia Lautaro solo davanti a Ederson con Lukaku libero a due passi dalla porta vuota, con il Toro che però sbaglia tutto e non fa né un tiro né un passaggio e centra il portiere. Poi come dicono quelli dei luoghi comuni, gol sbagliato gol subito. Akanji, incredibile proprio lui, imbuca per Bernardo Silva che crossa nell’area gremita, Acerbi rinvia su Rodri che dal limite dell’area la piazza di piatto destro nell’angolino. Uno a zero. Magari non sarà giusto ma è così. E che l’Inter non merita lo svantaggio lo si vede bene due minuti dopo, al 71’: mischia in area City, batti e ribatti, Dumfies alza una parabola strana che libera Di Marco davanti alla porta, colpo di testa e traversa, riprende la palla e ci riprova a colpo sicuro col portiere a terra, ma colpisce Lukaku. Romelu al 73’ tenta di farsi perdonare: Ederson blocca a terra in due tempi.

Adesso è completamente un’altra partita. L’Inter si butta in avanti lasciando spazi al contropiede di un Manchester sempre più stanco e impreciso, ma che con gli artisti che si ritrova può fare molto male nelle praterie vuote. E al 78’ Foden fa tutto da solo, entra in area e cerca l’angolo di fino: bravo Onana a distendersi e bloccare in tuffo. Ebntra l’acciaccato Walker al posto di Stones, secondo il migliore dei suoi. Inzaghi fa tutti i cambi a disposizione.

Dopo Lukaku, entrano pure Gosens, Bellanova e Mkhytarian. All’88? è clamorosa la palla gol per l’Inter: Brozovic crossa, Gosens vola in cielo per fare la sponda su Lukaku che schiaccia il pallone a due metri da Ederson che non sa nemmeno lui come è riuscito a rinviarla. Da lì in avanti, il Manchester City cambia faccia, i cityzens del moralista Guardiola fanno tutto quello che lui non sopporta, provocano, perdono tempo in maniera evidente e ridicola, buttano le palle in tribuna, si tuffano per terra appena possono. Persino Haaland va a commettere un fallo su Onana per impedirgli di riavviare subito l’azione. All’ultimo minuto del recupero, al 96’, poi Ederson compie pure un miracolo sul colpo di testa di Gosens, come fa lui, tuffandosi a occhi chiusi, senza sapere quello che fa. Ma nel gioco è così. La pallina buona ha già deciso l’en plein. «Nostra piccola vita, nostro grande cuore. E’ un mondo difficile».    

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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