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L’Inter stordisce il Milan in 10 minuti e vede la finale di Champions

Poteva finire con una goleada. I rossoneri hanno arrancato sui palloni e sbandato nelle praterie. Tutto secondo pronostico

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
L’Inter stordisce il Milan in 10 minuti e vede la finale di Champions
L'Inter fa festa dopo il gol (Ansa)

Due a zero, e l’Inter vede la finale. Poteva finire con una goleada, ma il Milan, questo Milan visto arrancare sui palloni e sbandare nelle praterie non è che può tirare un sospiro di sollievo. Mancava di Leao, fresco di nuovo contratto (7 milioni fino al 2028) e la sua assenza ha pesato enormemente, ma contro l’Inter di questi tempi sarà impresa molto difficile recuperare anche con lui. Facciamo una scommessa: se in finale c’è il Manchester, Inzaghi può davvero farcela. Il risultato di stasera, in fondo, è secondo pronostico. E’ il modo che è andato oltre.

Per lunghi tratti della partita e comunque per tutto il primo tempo, l’Inter sembrava giocare contro uno sparring partner, tanta è stata la differenza. Non è per vantar troppo vanto, ma Tiscali già quest’autunno aveva accennato all’Inter come una possibile finalista di Champions e quando tutti hanno cominciato a sparare a forza zero su Inzaghi siamo stati contenti di essere stati gli unici a spiegare che il tecnico aveva solo deciso di puntare tutta la preparazione sull’Europa. Alla fine i risultati parlano per lui, e nel calcio i risultati contano più di tutto. Finale di Champions a un passo, finale di Coppa Italia e posto nella massima competizione europea ormai blindato, viste anche le disavventure giudiziarie dei rivali bianconeri. Gli avevano già dato il benservito. Chissà se hanno ancora il coraggio di mandarlo via. Dall’altra parte il Milan non è più lo spensierato avventuriero dell’anno scorso, caricato com’è stato dai sogni e dai successi. Si è fatto più prudente, più timoroso, più incerto anche delle sue possibilità, e si vede. Gli manca la sfrontata sicurezza di Ibrahimovic. Agli ottavi ha affrontato un avversario fra i più abbordabili, il Tottenham senza carne né pesce, e i quarti li ha passati con molta più fortuna di quel che si pensa contro il Napoli. Qui ha pagato dazio e il destino gli ha girato contro, perché senza Leao perde tutto, la velocità velenosa dei suoi contropiedi e persino la sua stessa idea di gioco.  

Milan e Inter, le differenze

Come dicevano i numeri, l’Inter è la squadra più in forma che era arrivata meglio a questa sfida. E quindi secondo logica partiva già con i favori del pronostico. Nelle ultime sei partite di campionato ha raccolto non solo più punti risalendo la classifica, ma ha anche creato più azioni pericolose rispetto al Milan. Ha subito lo stesso numeri di reti, ma ha concesso molte meno occasioni da gol. Seppure con schemi diversi, le due milanesi hanno la loro arma migliore nel vecchio e sempre classico contropiede, sistema in cui eccellono soprattutto i rossoneri, di gran lunga la migliore formazione del nostro campionato. Tutt’e due adottano un approccio abbastanza intenso, in serie A solo dietro a Fiorentina e Napoli, ma il pressing alto dei ragazzi di Pioli appare quello più efficace. L’Inter preferisce risalire il campo tramite i passaggi con frequenti cambi di campo, il Milan invece palla al piede. Il Milan è la prima squadra per dribbling vinti in campionato (333) e l’Inter ultima (198), situazione che si replica anche in Champions League, dove i rossoneri sono la quinta formazione in questa speciale classifica e i nerazzurri penultimi, davanti solo al Viktoria Pizen. In compenso, l’Inter, come detto, pare più forte nella fase difensiva. Ma al di là di questo, a far pendere la bilancia a favore di Inzaghi, c’è soprattutto lo stato di forma eccellente a cui è approdata a questo appuntamento la sua squadra, e dall’altra parte la pesantissima assenza di Leao, neanche convocato per la panchina.

Avvio travolgente dell'Inter

Poi tocca alla partita. I primi minuti sembrano orribili, tutti schiacciati in venti metri, quelli di centrocampo, clangori e rumor di ferraglia. Azioni nessuna. Per avanzare verso la porta solo calci da fermo. E su un calcio d’angolo ecco il gol: Dzeko sovrasta Calabria, insacca al volo con il mancino. Sono passati 7 minuti. E adesso che può giocare come vuole, l’Inter prova ad affondare. Primo contropiede della partita, stile Inzaghi, con tanti uomini che scattono in avanti, e Di Marco sulla fascia disegna un rasoterra che pesca Mkhitaryan solo al centro dell’area: è un rigore in movimento, l’armeno non sbaglia. Due a zero, in 10 minuti. E non sembra finita qui. Il Milan è in bambola, e l’Inter vola. Altra ripartenza nerazzurra, minuto 16: Calhanoglu arriva di potenza dal limite dell’area, gran botta di collo esterno che si stampa sul palo. Sulla ribattuta ci prova Mkhitaryan, para Maignan. Sembra proprio una serata no per Pioli: si ferma Bennacer, elemento fondamentale in questo centrocampo rossonero. Alla mezz’ora pare arrivare la legnata definitiva: da una rimessa laterale, Lautaro si infila tra i difensori del Milan che cincischiano e poi cade a terra fulminato, forse sfiorato, ma forse anche no, da Kjaer. L’arbitro a due passi indica sicuro il dischetto del rigore. Lo richiama il Var e rivista l’immagine annulla tutto. Pericolo scampato. Ma non è che la partita cambia registro. Subito dopo Lautaro di controbalzo dal limite e palla che sfiora la traversa. Altra occasione un minuto dopo, al 35’, sventola di Di Marco imbeccato da Dzeko, sulla ribattuta spreca Dumfries. Il Milan fa grande fatica ad affacciarsi nell’area di Onana mentre ogni volta che i nerazzurri vengono avanti, la difesa rossonera traballa e Maignan trema. Non c’è gara. Sul taccuino c’è una sola azione degna di nota del Diavolo, un colpo di tacco di Calabria che manda sull’esterno della porta un passaggio di Messias. Un po’ troppo poco. L’impressione è che Pioli avesse sognato una sfida come quella col Napoli, con le saracinesche chiuse e volate improvvise a rompere gli schemi. Ma Inzaghi non è tipo da lasciar praterie aperte e poi non c’è Leao con le sue sgroppate ad aprire come un apriscatole le difese. Il tecnico di Piacenza non ha sbagliato niente e sapeva di avere gli uomini giusti per colpire su calcio da fermo nelle mischie d’area. Poi ha giocato come fa in Europa e come ha fatto con il Benfica, con ripartenze di massa che portano sempre cinque o sei uomini sotto la porta degli avversari. Quello che colpisce di più, però, è la differenza di forma, i nerazzurri corrono come ossessi, arrivano sempre primi sulle seconde palle e non perdono un contrasto. Il due a zero del primo tempo gli sta sicuramente stretto.

L’Inter tira in barca i remi

Il secondo tempo comincia con qualche segnale di Milan. Dopo 45 minuti disastrosi, adesso prova almeno ad arrivare al tiro e al 6’ ha una bella occasione in ripartenza con Messias che spreca a lato da discreta posizione. Ma l’Inter è ancora un’altra cosa. Maignan deve fare un miracolo su Dzeko che si è trovato a tu per tu con il portiere rossonero. Solo che adesso Inzaghi sembra accontentarsi, si schiera a cinque in difesa, toglie Mkhitaryan per Brozovic e retrocede ai bordi dell’area senza più pressare come prima a centrocampo. Così permette al Milan, che perdeva molti contrasti nella zona mediana facendo molta fatica ad avanzare, di avvicinarsi con più facilità all’area e rendersi pericoloso. Al 63’ Brahim Diaz tocca in area per Giroud che appoggia a Tonali: tiro a incrociare e Bastoni in scivolata devia sul palo e poi sul fondo. Gil Manzano non concede il calcio d’angolo: l’arbitro di sicuro non influisce sulla partita, ma quasi tutte le decisioni dubbie sono contro il Milan. Esce Dzeko, il migliore in campo, sostituito da un Lukaku rabbioso. Su una sua percussione, altro pericolo per Maignan: salva tutto Thiaw, subentrato a Kjaer, deviando il tiro di Darmian. Finale senza molte altre cose degne di nota, a parte la grinta di Lukaku che vorrebbe mettere il suo sigillo su questa vittoria. Ma a Inzaghi va bene così. Due gol nel carniere sono un bel bottino da difendere. E se poi resta questa forma, facciamo i conti alla fine. Anche con tutti quelli che lo insultavano.  

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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