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L'Inter fa la padrona anche a Salisburgo e vola agli ottavi, al Napoli mancano Osimhen e Spalletti

Il solito Lautaro trascina i nerazzurri. I partenopei sprecano e non vanno oltre il pari con l'Union Berlino

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
L'Inter fa la padrona anche a Salisburgo e vola agli ottavi, al Napoli mancano Osimhen e Spalletti
Lautaro esulta dopo il gol (Ansa)

Il pareggio di Napoli, 1-1 contro l’Union Berlino, non complica più di tanto le ambizioni di Garcia, ma è una battuta d’arresto che riapre sopite polemiche. Mentre la vittoria dell’Inter, pur se di corto muso come va di moda adesso dalle nostre bande, è la vittoria di una grande squadra che sa quel che vuole, come e quando prenderlo. Con questo successo Inzaghi ha messo in cassaforte il passaggio del turno e potrà concentrarsi di più sul campionato.  

La differenza fra Spalletti e Garcia

In questo pareggio inaspettato al Maradona contro l’ultima della classe, reduce da 12 sconfitte consecutive (complimenti), si è vista tutta la differenza che c’è fra il Napoli di Spalletti e quello di Garcia. Quella dell’anno scorso era una squadra visionaria che inseguiva il suo miraggio con la convinzione di riuscire ad afferrarlo, ed era questa follia che esaltava i suoi protagonisti e il pubblico. Quella di adesso è realista, ha gli stessi uomini, e quindi la stessa classe, ma non la stessa voglia di buttare il cuore oltre all’ostacolo. Per assurdo ha preso il gol del pareggio proprio mentre cercava di andare all’arrembaggio, come faceva un tempo, ma senza quell’esaltazione che ne caratterizzava la forza, su un rinvio alla cieca di un difensore che è diventato un assist nell’area del Napoli. Il calcio li fa questi scherzi.

Inter meglio dell'anno scorso

Chi invece è come l’anno scorso, e pure meglio, è l’Inter, che ormai ha assorbito a memoria tutti gli insegnamenti di Inzaghi, un risultatista, secondo le classificazioni che vanno di moda oggi, che si protegge per cercare soprattutto gli spazi e il gioco, non soltanto per difendersi e basta. Inzaghi, ormai uno dei migliori allenatori europei, insegna altrettanto bene entrambe le fasi, la difesa e l’attacco, e si vede.  

Lautaro in panchina

Per la partita di Salisburgo ha deciso di fare ampio turn over. Dentro Sanchez, il giovane Bisseck, Carlos Augusto e Darmian, in panchina Barella, Lautaro, Di Marco, Dumfries. Con la qualificazione quasi a portata di mano si può anche rischiare, dopo aver consumato un bel po’ di energie nella vittoria di Bergamo e in attesa del sorprendente Frosinone. Alessandro Bastoni è con la fascia da capitano per la prima volta. Nel Salisburgo, l’osservato speciale è Karim Konaté, come ha ammesso Marotta nel prepartita: «Ci piace sicuramente». Aggiunge anche che ci sono tanti giovani degni di attenzione nelle file degli austriaci. Quello che a San Siro però aveva colpito di più è un difensore centrale, Pavlovic, anticipi e fisico da far sembrare che giochi per due. La partita nel primo tempo va come vuole l’Inter, con le sue ripartenze micidiali: solo i rossoneri, quando Leao ha voglia di divertirsi, sono capaci di ribaltare le azioni con la rapidità e la pericolosità degli uomini di Inzaghi. Il Salisburgo ha la sua occasione più pericolosa soltanto grazie a un errore di impostazione dei nerazzurri, con Glouck che non ne approfitta, sbagliando il passaggio per liberare il compagno di squadra davanti a Sommer. Chi va più vicino al gol è invece l’Inter. Bastoni si abbassa per deviare di testa un calcio di punizione, ma sfiora il palo. E poco dopo al 41’, Frattesi, liberissimo in area, all’altezza del rigore, colpisce malissimo il pallone servito da Sanchez, imbeccato da Thuram dopo una fuga solitaria sulla fascia destra.

Nel secondo tempo cambia il ritmo

Nel secondo tempo, fuori Bisseck, dentro De Vrij, e forse perché si sente più sicuro l’Inter cambia atteggiamento e detta il gioco per buona parte della ripresa. Al 67’ poi Inzaghi getta nella mischia i calibri da 9: Lautaro e Barella. Il tecnico piacentino comincia a pensare al colpo grosso. Quasi alla mezz’ora, su un calcio d'angolo, Thuram non arriva per un soffio a segnare il gol che abrebbe sbloccato la partita. E poco dopo su una splendida azione dell’attaccante francese, Asllani prova un tiro a effetto che per poco non sorprende Schlager. L’Inter attacca a volte con tutto l’organico costrnigendo il Salisburgo ad arroccarsi in area. All’81’ su un cross di Bastoni Lautaro di testa centra in pieno la traversa a portiere battuto. Il gol è nell’aria e arriva a cinque minuti dalla fine. Questa volta è De Vrij che fa l’ala e mette in mezzo una palla che finisce fuori area a Barella: il suo tiro è deviato con la mano da Bidstrup. Rigore ineccepibile, trasformato da Lautaro. Da lì alla fine, chi va vicino al gol è di nuovo l’Inter, con Lautaro - diagonale che lambisce il palo -, mentre Thuram - grande partita la sua - si diverte a far impazzire la difesa del Salisburgo.        

Impossibioe definire la partita del Napoli

Quasi impossibile definire la sfida che attende il Napoli al Maradona come un match clou della Champions. L’Union Berlino s’è portato al seguito un po’ di hooligans in versione black bloc mischiati fra i tifosi per sfasciare macchine e vetrine (undici arresti ieri notte) e una squadra in crisi depressiva galoppante, un caso clinico da affidare a qualche dottore veramente bravo. Dagli ultimi giorni di agosto non fa altro che perdere e perdere ancora, una serie negativa da record, quasi inarrestabile, dodici sconfitte una dietro l’altra, in Bundesliga e in Champions, fra le mura amiche o fuori casa, senza distinzione di sorta: prende botte dovunque. Nel campionato tedesco è terz’ultima in classifica (prima della serie nera aveva collezionato tre vittorie), nel girone europeo è ovviamente ultima con zero punti. Che possa sbancare il Maradona non ci crede nessuno. Oggi come oggi rischierebbe di perdere anche con la Pergolettese. Per di più contro il Napoli Fisher è costretto a schierare una formazione priva di tre titolari, Doekhi, Schafer e Gosens. Ma nel calcio non c’è mai certezza.

Il malinconico Garcia

Garcia, comunque, il malinconico Garcia di questa versione partenopea, così lontano dallo spavaldo tribuno alla guida della Roma, i suoi li schiera tutti, senza turn over. La partita è un assedio ininterrotto che produce in serie un tentativo di Raspadori, una occasione per Zielinski, un palo centrato da Natan con un possente colpo di testa e anche un gol al 29’ di Anguissa che raccoglie a porta vuota l’incornata di Di Lorenzo. La rete però viene annullata dopo un lungo consulto al Var, tre minuti tutti intorno all’arbitro ad aspettare: il terzino del Napoli ha preso slancio appoggiandosi sul suo marcatore per colpire la palla di testa. Dopo, c’è una occasione sprecata da Haber che tira addosso a Meret, e poi il gol buono, finalmente, di Politano, che devia in porta una palla che carambola in area. Il tempo si chiude con un palo colpito in pieno da Juranovic su calcio di punizione. Quasi un campanello d’allarme.

Il secondo tempo

A ripresa appena cominciata, mentre tutti aspettano il raddoppio del Napoli ammirando Kvara che si diverte a saltare gli avversari come birilli, arriva la doccia fredda. Un rinvio alla viva il parroco per spazzare la propria area di rigore finisce in quella del Napoli, dove ci prova Becker, ribattuto da Meret, e poi, tutto solo, Fofana, che non può sbagliare. Uno a uno. Manco Allegri ha mai cercato un contropiede così. E a un teorico di questa scuola come Garcia sarà venuto un attacco di fegato. Per fortuna manca ancora quasi un tempo alla fine. Solo che il Berlino fa muro dietro affidandosi appena a qualche sporadica sortita per respirare un po’, senza osare troppo anche perché le uniche volte che ci prova sono quelle in cui il Napoli va più vicino al gol, come a dieci minuti dalla fine su una percussione di Kvara. Per il resto è un assedio che crea molto, ma non conclude. Sembra che gli manchi sempre qualcosa a questo Napoli. Forse Osimhen?    

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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