Una notte magica. Un Napoli meraviglioso che fa a fette l’Ajax all’Arena di Amsterdam (1-6) e l’Inter che riabbraccia la sua storia contro l’avversario più difficile, sorpassando il Barcellona in classifica. Inzaghi vince con la specialità della casa, catenaccio e contropiede, ritrovando così la sua identità. In Italia è più difficile sfruttare gli spazi che gli ha regalato Xavi. Ma risultati come questo sono una curva del destino: quando hai imboccato la strada giusta non puoi più tornate indietro. Vittoria sparagnina, la sua, all’italiana. Quella del Napoli è tutta un’altra cosa, è una dimostrazione grandiosa di spettacolo, una lezione di calcio agli olandesi e al mondo. Spalletti ha costruito una squadra che gioca per vincere e si diverte a farlo, una macchina quasi perfetta che illumina gli occhi.
Simone Inzaghi comincia questa partita da allenatore sfiduciato che sembra aver perso il tocco magico della scorsa stagione e che in pochi mesi è passato dall’euforia per il rinnovo con aumento di stipendio alla graticola su cui l’hanno messo non solo i giornali e le tv con le loro acide reprimende ma anche soprattutto gli spifferi provenienti dalla società che gli contestano pure la scelta dall’accezione abbastanza imponderabile di aver preferito Correa a Dybala. Sarà anche per questo o forse solo per inconsapevole sfida al destino che Inzaghi schiera nella formazione titolare proprio Correa al fianco di Lautaro. Si parte come se si giocasse al Bernabeu, tutti nella metà campo dell’Inter, che è proprio quello che gradisce il tecnico nerazzurro, per poter ripartire in velocità su ampi spazi liberi.
E nei primi venti minuti la cronaca sembra dargli ragione: un solo vero tiro pericoloso in porta, sventola da fuori di Calhanoglu, respinta in angolo da Ter Stegen. Ma che questa non sia solo un’impressione, lo dimostra il prosieguo della partita. Gli spagnoli mantengono un possesso palla da ipnosi, ma sul taccuino restano solo le azioni dell’Inter. I nerazzurri vanno vicino al rigore al 24’ per un tocco in mano in area blaugrana, vanificato da un precedente fuorigioco. Segnano con Correa 5 minuti dopo su azione personale (ma il gol viene annullato sempre per un offside) mentre il Barcellona in pratica non tira una volta in porta. Alla fine, proprio prima del fischio che chiude il primo tempo, Calhanoglu indovina l’angolino.
Non è una bella partita, anzi è proprio brutta, e anche di questo aveva bisogno Inzaghi. Il fraseggio blaugrana è tanto inconcludente quanto noioso. Con l’Inter tutta dietro e più per disperazione che per gioco costruisce qualcosa«: Dembelé supera Skriniar e calcia con potenza, ma Onana (bravissimo) respinge. Trova anche il pareggio con Pedri, ma il Var annulla per un fallo di mano di Ansu Fati. Da lì in avanti, esaurita la fiammata, tutto ritorna come prima. Solo sul finire torna a farsi sotto cn una incornata di Busquets e il Var che grazia i nerazzurri su un tocco di mano di Dumfries in area. Tutta qui la partita: possesso palla accademico del Barcellona e Inzaghi che fa un figurone senza fare niente. Perché l’Inter di questi tempi non è più la squadra spumeggiante dell’anno scorso che faceva tremare il Liverpool a casa sua e che se gli concedevi gli spazi che gli ha concesso il Barcellona avrebbe costruito molto più che sporadici e timorosi contropiedi. Ma nella tiepida sera di San Siro con Inzaghi che si gioca il suo futuro basta e avanza così. Questa è una vittoria che vale oro, proprio perchè ottenuta con una squadra rattoppata nell’animo ottenendo il massimo dal minimo che era in grado di fare. E la cronaca del calcio ci ha insegnato che è da successi come questo che si rialza la testa per tornare a correre.
Il Napoli sembra una di quelle squadre che ha il vento a favore e sa di averlo. Gioca con grande fiducia nei suoi mezzi e in ciò che può ottenere e anche se non volesse cercare lo spettacolo, riesce a trovarlo naturalmente. Tutte le cose che fa, le fa bene e pure belle. La partita di Amsterdam è uno spettacolo di fuochi d’artificio che riconcilia col calcio, squadre votate all’attacco senza troppi calcoli che si affrontano su ritmi europei, a grande velocità. I lanceri passano in vantaggio alla prima azione pericolosa, al 9’, con Mohammed Kudus dopo un uno-due in area tra Bergwijn e Taylor, ma gli uomini di Spalletti hanno questa grande capacità, di costruirsi la partita come vogliono, e lo fanno subito, girandone l’inerzia. Sfiorano il pareggio al 16’ con il solito Kvaratskhelia (palla che sfiora il palo) e lo acciuffano due minuti dopo con Raspadori, in tuffo su cross di Olivera. E poi insistono: Paasver salva l’Ajax su Kvara e il georgiano lo spaventa di nuovo dopo una splendida percussione personale, sbagliando solo il tiro alla fine. Su corner segna Di Lorenzo. E se uno pensa che se adesso ci si può ritirare indietro a speculare sul vantaggio non ha capito niente di questo Napoli. Perché gli azzurri continuano a fare la partita, e prima Zielinski e Anguissa sfiorano il terzo gol al 40’, poi Raspadori semina il panico due minuti dopo fra le maglie larghe della difesa olandese, e alla fine Zielinski si invola da solo e fisse il 3-1 del primo tempo.
Napoli spettacolo: questo calcio lo fanno solo le grandi corazzate che dominano l’Europa con i loro talenti e i loro milioni.
E’ finita? Macchè. Il secondo tempo comincia come si era concluso il primo. Due minuti e Raspadori fa doppietta, a confermare il suo momento d’oro: 4-1. Kvara semina il panico, lo azzoppano e lui costruisce il triangolo per fare il 5-1 prima di abbandonare il campo zoppicando. Spalletti sostituisce lui e Raspadori, in assoluto i migliori. Il Napoli però continua a dominare. Pasveer evita il 6-1 su un tiro al volo di Rrhamani, si ripete su Elmas e Di Lorenzo, vede sfrecciare a pochi centimetri dai pali un altro tiro di Lozano prima di inchinarsi al sesto gol di Simeone. L’Ajax invece nel frattempo ha perso anche il suo capitano, Dusan Tadic, espulso per somma di ammonizioni. E’ solo Napoli fino alla fine. Uno spettacolo così non lo ricordavamo dai tempi del Milan di Sacchi. Chissà che Spalletti non possa ripercorrere quella strada e riportarci quegli onori.