L'Inter affossa il Milan sognando il doppio colpo: scudetto e Coppa Italia
I nerazzurri vincono il derby di coppa per 3-0 e fra pochi giorni dopo il recupero col Bologna dovrebbero balzare in testa alla classifica. E questo Milan non ci sembra proprio in grado di recuperarlo.
A vedere il risultato, tre a zero, è stato un derby senza storia. Un po’ è così, perché questa volta ha vinto il più forte e il Milan conferma di avere qualche problemino là davanti, perché avrà pure blindato la difesa, ma a forza di vittorie a corto muso e di zero a zero, di gol ormai ne sta facendo sempre di meno. Però è stato anche un derby strano, che qualcosa di più e di diverso ci dice già. Innanzitutto, che un divario così netto potrebbe già ipotecare il campionato, visto che l’Inter fra pochi giorni dopo il recupero col Bologna dovrebbe balzare in testa e questo Milan non ci sembra proprio in grado di recuperarlo.
E che poi il calcio ha le sue regole più o meno conosciute, che ti piaccia o no. La prima, che non sembra entrare molto in testa agli allenatori italiani, - eccetto qualche rarissima eccezione -, è che per vincere bisogna correre più degli altri e essere più veloci e perciò adattare schemi e gioco a queste esigenze. La seconda è che chi sbaglia paga, non c’è pietà per gli errori. Sul primo gol, Tomori è rimasto a debita distanza a guardare Lautaro girare in area una gran sberla all’angolino. Sul secondo, si è alzato sul filtrante di Correa, lasciando scappare il Toro solo davanti a Maignan. Poi, c’è un gol annullato a Bennacer, ci sono almeno cinque buone occasioni sotto rete rossonere sfumate, e anche qualche buona trama di gioco, ma al netto di tutto, degli errori e del fatto che l’Inter ha corso di più e meglio, il risultato non fa una piega.
Certo, anche gli episodi hanno condizionato il corso dell’incontro. Due, essenzialmente, e tutt’e due a favore dell’Inter. Il primo gol, arrivato dopo appena quattro minuti, ha permesso ai nerazzurri di far la partita che volevano, rovinando i piani dei rossoneri, perché Pioli e Inzaghi sognavano di far la stessa gara, in contropiede. Sul due a zero c’è stato il gol annullato a Bennacer, che avrebbe potuto ridare un po’ di suspence al match, un missile dal limite passato come un fischio nella mischia di gambe e corpi, e annullato per un fuorigioco di posizione di Kalulu, che avrebbe potuto impedire la visuale ad Handanovic. Visto e rivisto nei vari replay, cinquanta e cinquanta, nel senso che qualsiasi decisione era giusta e sbagliata nello stesso tempo, ma avendo l’ex arbitro Cesari sentenziato che non era assolutamente da annullare, chissà perché ora ci sentiamo più tranquilli e siamo certi che Mariani abbia fatto invece la scelta giusta. In ogni caso, l’impressione che ha lasciato il derby alla fine, è che anche senza questi due episodi favorevoli il risultato alla fine non sarebbe stato molto diverso.
Il Milan avrebbe potuto attaccare per altri cento minuti e non avrebbe mai segnato, mentre l’Inter qualcosa avrebbe comunque tirato fuori dai suoi tre padroni della partita: Lautaro, Perisic e Brozovic, soprattutto quest’ultimo, che è quello che cambia letteralmente il volto della squadra - avvia l’azione del secondo gol, fa l’assist per il terzo, uomo ovunque per tutto il campo, difende con grinta e attacca con intelligenza -. Dall’altra parte, Giroud è inesistente, Tomori in giornata no, Kessie messo su Brozovic gli lascia fare tutto quello che vuole e Tonali ha un passo così lento che lo vedremmo molto meglio in una partita fra scapoli e ammogliati.
Ha vinto il calcio all’italiana di Inzaghi, in una partita nella quale anche Pioli avrebbe tanto voluto giocarla come lui. Che poi non è che di italiano in questo derby ci fosse molto altro, se non la memoria di un tempo che non c’è più, quando questo stadio si chiamava San Siro e lo cantava Vecchioni e Inter e Milan dominavano in Europa. Poi adesso l’Inter è dei cinesi, il Milan sta viaggiando dal fondo americano Eliott a quello del Bahrain Investcorp, - con la fumata bianca attesa già fra 15 giorni -, e comandano il giusto solo a casa, perché appena mettono il naso fuori con le orecchie basse, si prendono due schiaffoni e tornano buoni buoni al loro posto. Chi sperava che l’avvento di tutte queste proprietà straniere modernizzasse almeno un po’ il nostro football fino adesso è rimasto deluso: gli stadi continuano a fare schifo, il fai play non esiste, il gioco è rimasto quello di trent’anni fa, agli stessi incongrui ritmi, e i settori giovanili non fanno scuola.
Però stasera allo Stadium, nell’altra semifinale di Coppa Italia, fra Juventus e Fiorentina, c’è l’unico allenatore italiano che predica la modernità e ottiene grandi risultati, soprattutto perché superiori alla qualità della squadra. E’ il solo tecnico veramente europeo del nostro campionato (e purtroppo abbiamo la sensazione che ce lo porteranno via molto presto). Per uno scherzo del destino si chiama Italiano.