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Vince la più forte, non la migliore. E per la Juve sono zero titoli. Ma così saremo sempre buttati fuori in Europa

Possiamo discutere come ha vinto e la prima cosa che viene da dire è che ha vinto come vinceva tante volte la Juventus quando era lei la più forte. E anche ieri non è venuto meno il solito aiuto

di Pierangelo Sapegno

Ha vinto la più forte. E nello sport il più forte ha sempre ragione. Poi possiamo discutere come ha vinto e la prima cosa che viene da dire è che ha vinto come vinceva tante volte la Juventus quando era lei la più forte. Ha i giocatori più bravi e il vento a favore: è tutta la stagione che gli soffia alle spalle, e anche ieri non è venuto meno il solito aiuto, perché la mancata espulsione di Brozovic è davvero inspiegabile.

Nei novanta minuti meglio i bianconeri, ma poi entra Arthur e ai supplementari sinceramente non c’è storia. L’Inter ha Perisic, che deve avergli fatto molto bene l’anno al Bayern, dove ha visto come si gioca a pallone, e sarà per questo che corre più degli altri facendo un po’ tutto quello che serve, compreso un gol da incorniciare. La Juve ha Cuadrado, che sembra bollito. Da una parte Brozovic, che detta i tempi, inventa gioco e cerca gli inserimenti, e dall’altra una mediana tutta uguale, che sia Zakaria o Locatelli o Rabiot, basterebbe che giocasse uno solo dei tre.

Se per lunghi tratti della partita la Juve è riuscita a mettere alle corde l’Inter, crediamo sia più un demerito di Inzaghi che ha fatto rintanare i suoi nella propria metà campo che una effettiva volontà dei bianconeri. Copione ribaltato appena Allegri è passato in vantaggio. E’ il calcio de noantri. Quand’è così, decidono solo gli episodi e la bravura dei calciatori. Di qua c’è solo Vlahovic, di là l’elenco di quelli che possono decidere una partita è un po’ più lungo, da Perisic a Lautaro, da Dzeko (ieri nullo, però) a Brozovic.

Alla fine, come capita spesso, l’Inter si porta a casa la Coppa Italia con la prepotenza dei primi della classe. E’ una finale all’italiana, cioé calcio di serie B, dove non si corre tanto e con due squadre che vorrebbero scrivere lo stesso copione: far giocare gli altri. Sono i due gol che segnano il vantaggio a incanalare la partita, la sventola di Barella a pochi minuti dal via, e il potente contropiede con svolta e dribbling di Vlahovic. In mezzo c’è il pareggio di Alex Sandro, con tocco (forse) di Morata e pasticcio di Handanovic.

Ma appena gli avversari passano in vantaggio, le due squadre fanno la stessa cosa, tirano i remi in barca, smettono di giocare, si affidano al loro pullman come se fossero i dilettanti di Brisighella contro il Liverpool. E’ un po’ sconfortante, ma a critici e tifosi (molte volte la stessa cosa) ovviamente va bene così. Il povero Arrigo Sacchi è un po’ accecato dal Milan (che solo lui vede giocare in maniera tanto più moderna), però ha ragione da vendere quando ci ammonisce che così saremo sempre buttati fuori in Europa. Il vero problema è che noi continuiamo a difenderci ad andamento lento, correndo piano: possibile che solo Gasperini e Italiano abbiano capito che il futuro del calcio sta nel suo nuovo dinamismo? Inzaghi e Allegri sono portabandiera del vecchio adagio, vieni avanti tu che mi scappa da ridere.

Il primo almeno può affidarsi a giocatori di fantasia in mezzo al campo, Brozovic, Peresic e Chanaloglu, che inventano e costruiscono. Il secondo no. Però, nella filosofia di entrambi, quello che conta di più è l’episodio. L’Inter è la squadra che ha segnato di più su calci piazzati, perché c’è una cura maniacale nel prepararli. Forse più su quello che sul gioco. La finale però si risolve proprio sugli episodi, con due rigori, che c’erano entrambi: il primo provocato e creato da Lautaro, il secondo per un errore di De Ligt. La Coppa Italia gli salva la stagione. Ma se perde lo scudetto, un po’ di mea culpa non guasterebbe, visto che oltretutto, a differenza dell’Inter, il Milan ha avuto anche molti incidenti arbitrali a sfavore che l’hanno svantaggiato.

E la Juve? E’ un mistero. Per assurdo, se avesse vinto ieri sarebbe stata la vittoria di Davide contro Golia, e francamente fa un po’ ridere la Juventus nel ruolo di Davide. Però, non è una squadra e ha solo una fionda, Vlahovic, attorniato da un mucchio di doppioni. E’ da due anni che glielo dicono tutti che il suo centrocampo è inguardabile, che altre squadre di fondo classifica ce l’hanno più forte. Adesso i soliti opinionisti (un po’ tifosi magari?) stanno tutti a incensare Zakaria, che è un buon giocatore, per carità, ma fa le stesse cose di Locatelli, e quindi è un acquisto inutile.

Cherubini, il nuovo ds, non è un osservatore, non fa scouting, non l’ha mai fatto in vita sua, e si vede. E Arrivabene viene dalla F1. Quando si ha una squadra da rifare, forse bisognerebbe cominciare con qualcuno che è bravo a rifarla, e che ha gli strumenti per farlo. Poi c’è Allegri. Quest'anno zero titoli, come nel primo anno della gestione Andrea Agnelli, e soprattutto meno punti e meno coppe di Pirlo, e il paragone è abbastanza impietoso. Forse qualche domanda bisogna farsela.  La partita di ieri è la prova che non basta essere difensivisti per non prendere gol. Ne ha beccati 4 quando faceva catenaccio. Ci vogliono i giocatori. E ieri, purtroppo per la Juve, si è visto che Chiellini è di un altro pianeta, rispetto a tutti gli altri. Ma il Chiello se ne va. E un altro come lui non l’hanno ancora fatto.

12 maggio 2022
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