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Il centrocampo è la forza dell'Italia. Da lì passa il nostro destino

Non eravamo i più forti, e non lo siamo ancora adesso, ma siamo stati i migliori. Siamo stati diversi da sempre. Gli azzurri hanno sempre fatto la cosa giusta

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Italia (Foto Ansa)
Italia (Foto Ansa)

Se c’è una volta in cui possiamo essere fieri di una finale, è questa. Non eravamo i più forti, e non lo siamo ancora adesso, ma siamo stati i migliori. Siamo stati diversi da sempre. Non siamo stati cinici, ma generosi. Siamo stati belli, non abbiamo mai rubato niente, e anche quando non lo meritavamo ci siamo aiutati da soli, soltanto noi e il nostro cuore. Non abbiamo mai rinunciato a voler giocare, anche se potevamo affogare senza più un respiro come nel primo tempo contro la Spagna. E’ vero, abbiamo sedotto la fortuna (copyright Mario Sconcerti). E abbiamo preso le lodi di un tecnico eccelso, Luis Enrique, quel Signore con la maiuscola come lo definisce Pessina, perché abbiamo fatto divertire la gente e abbiamo onorato il calcio. La verità è che non basta vincere, non basta più, e non è l’unica cosa che conta, perché quel tempo è svanito, quando il pallone era il padrone del mondo, e adesso che siamo esseri normali e abbiamo paura del futuro, dobbiamo cercare delle idee e trovare dei valori, per riconquistarlo, il mondo. Una sconfitta può essere nobile e grande, più di una vittoria, se hai rispettato te stesso e hai fatto il tuo dovere, se hai fatto sempre la cosa giusta: you do the right thing and good things happen. Questa finale potremmo anche perderla, perché l’Italia di Mancini e di Vialli, quest’Italia di ragazzi e di memoria, comunque vada non ha sprecato la sua occasione per essere migliore di se stessa e anche di quello che siamo noi.

Due grandi vincitrici

Philip Lahm, nella sua rubrica sul Guardian, ha scritto che il torneo ha già due grandi vincitrici, l’Inghilterra e l’Italia: «La squadra di Mancini ha dimostrato di essere un gruppo solido, di saper difendere bene con una componente più internazionale. Non fa affidamento sul catenaccio, ma fa possesso nella metà campo avversaria, grazie al trio di centrocampo. Tatticamente è il meglio che abbia offerto l’Europeo». Gli azzurri sono riusciti a compiere questo piccolo grande miracolo senza un centravanti adatto agli schemi di Mancini, e con Verratti solo a mezzo servizio. I numeri poi dicono che abbiamo segnato più gol dell’Inghilterra: noi dodici e loro nove, di cui 4 tutti insieme contro l’Ucraina. Con una particolarità importante: nessuno di testa (8 di destro, 3 di sinistro e un autogol), mentre gli inglesi ne hanno fatti così più della metà (5 su nove). Considerando anche le stazze dei loro difensori, è probabile presumere che eviteremo con cura i cross alti. Abbiamo subito tre gol, loro uno solo e su punizione. Il possesso palla è simile, 52 per noi e 54 per loro, ma la media dell’Italia è abbassata dalla partita contro la Spagna, che ci ha impedito di tenere il controllo del gioco. Abbiamo corso molto di più (732 chilometri, gli inglesi 663) e facciamo più pressing, anche guardando i dati sui palloni recuperati (249, contro 222). Ma a centrocampo noi abbiamo la vera stella di questo Europeo, Jorginho: nessun centrocampista ha un numero così alto di passaggi riusciti (94 per cento) e di palloni recuperati, 40 in sei partite, che lo pone in questa speciale classifica addirittura sopra i migliori difensori del torneo. Con i grandi giocatori che ricoprono il suo ruolo poi non c’è gara, visto che il primo dietro di lui, Busquets, ne ha recuperati 29, e poi c’è Kanté 25, come Rice, il mastino dell’Inghilterra. Dove perdiamo nettamente il confronto è l’attacco: loro hanno il centravanti più forte dell’Europeo, Harry Kane. Noi Immobile. Eppure, nella somma dei numeri non siamo così sfavoriti. Anzi, qualche bookmakers fa pendere persino la bilancia verso di noi. Solo che giochiamo fuori casa e l’Inghilterra è apparsa sfacciatamente favorita dall’organizzazione del torneo, quindi da Ceferin, uno che con tutte quelle sue dichiarazioni isteriche, gli attacchi personali e i toni sempre troppo accesi non sembra proprio una garanzia di imparzialità. Questo non è solo un europeo giocato in trasferta, ma una competizione che ha costretto incomprensibilmente tutte le squadre eccetto una a sciropparsi migliaia e migliaia di chilometri prima e dopo ogni partita. Possiamo negare che gli uomini di Southgate abbiano goduto di un vantaggio enorme?

"Non sporcare questa finale"

Un bell’articolo di Andrea Di Caro sulla Gazzetta (bello anche perché giusto e alto) invita però tutti a non sporcare questa finale cedendo alle facili tentazioni del complottismo. Ha ragione da vendere e chiediamo scusa se anche noi ci siamo cascati. Sugli arbitri, cerchiamo perciò di fare solo informazione. E’ stato designato l’olandese Bjorn Kuipers, uno degli uomini più ricchi d’Olanda, proprietario di un piccolo impero, la C1000, catena di supermercati con oltre 500 sedi (la Gazzetta scrive 3) e un fatturato tra i due e i 4 milioni. E’ uno molto potente, che ha già diretto parecchie finali di Europa League e Champions, ma assai divisivo. A giudicare dai voti di Juve Porto e non solo, non è un buon arbitro (anche dei 3 sul suo curriculum). Ha 48 anni, e la sua carriera internazionale si esaurisce con questa finale. Era il più quotato? No. Il vero fiore all’occhiello di Rosetti non è lui: l’arbitro preferito dai vertici europei è Danny Makkelie, cioé proprio l’olandese che ha diretto la semifinale dell’Inghilterra. Grande fisico, molto allenato, piace per la sicurezza che infonde, per la calma con cui dirige, per i toni mai accesi e la velocità delle sue decisioni. Però ha commesso un errore madornale e incomprensibile. Il primo metro tecnico (non quello dei giornalisti tifosi) per valutare un arbitro è l’uniformità di giudizio: e se tu lasci sempre correre, a maggior ragione non fischi il tuffo di Sterling. Questo è un errore molto più grave di quello con cui ad esempio qualcuno ha penalizzato Orsato. Ed è abbastanza inspiegabile anche perché Makkelie ha sempre fatto l’opposto, come ha dimostrato sin dalla prima partita di questo europeo quando negò un rigore molto più evidente proprio all’Italia. Una cosa strana, forse mai accaduta finora, è poi che un arbitro olandese diriga una squadra in semifinale e di nuovo un altro olandese la stessa squadra in finale. Per la cronaca va detto comunque che il livello degli arbitraggi di questo Europeo è stato molto elevato. Pochi errori veniali e uno solo grave, commesso proprio dal più bravo di tutti.

Cercare di essere un po’ più english

Possiamo stare tranquilli alla fine? La verità è che non dobbiamo preoccuparci, che la Gazzetta ha ragione, che finalmente una volta tanto dovremmo cercare di essere un po’ più english. Ma tutto questo vale per noi, che stiamo seduti a guardare, non per loro, per i ragazzi del Mancio. Per loro non ce n’è bisogno. Perché pure questo ci hanno insegnato gli azzurri, cuore coraggio e testa alta, mai una lagna, mai una sceneggiata (a parte Immobile...), mai una protesta a fine gara, come quelle che ci hanno ammorbato nel nostro campionato, quando persino chi stravince come Conte appena può ci infila il suo piagnisteo. Anche in questo sta la grandezza di Mancini e della sua truppa, e noi non finiremo mai di ringraziarli. Hanno sempre fatto la cosa giusta. Whether you do the right thing, come cantava Bob Marley, «everything gonna be alright». Andrà tutto bene. E se perderemo sarà dei grandi, perché solo per loro la vita può essere una sublime sconfitta finale. Se fai la cosa giusta, andrà tutto bene.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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