L'Italia chic e popolare di Mancini e Lino Banfi. Avanti tutta con il Galles
Il ct della Nazionale italiana è riuscito a creare questa bellissima squadra dal nulla incredibile del nostro campionato

Adesso avanti tutta con il Galles, sull’onda dell’entusiasmo e dello spettacolo. L’Italia inventata inopinatamente da Mancini veleggia sulla spinta euforica dell’innamoramento, anche contro quei due spaventapasseri di Vieira e Gary Neville che si son messi a gufare, più per paura che per convinzione. Ma quelli come loro ci sono sempre quando nasce un amore. Ora il nostro mister potrà anche far rifiatare qualcuno, a cominciare da Spinazzola, che se continua così a Londra ci arriva a piedi, tutto di corsa, senza fermarsi mai.
La probabile formazione
Potrebbe entrare Emerson Palmieri, al suo debutto nell’Europeo. Probabilmente i saranno ancora Bonucci e Acerbi, perché la coppia centrale è una sicurezza da non toccare, aspettando Chiellini. E poi bisognerà vedere che cosa fare con il trio di centrocampo, che sta girando a mille ma che prima o poi avrà bisogno di una sosta per non arrivare in debito di ossigeno nel momento clou del torneo. Forse Chiesa al posto di Berardi, un altro che non è risparmiato aprendo le difese avversarie come un apriscatole. Quella che non cambia, anche alternando gli interpreti, è l’idea di gioco, questa incredibile mutazione genetica che il Mancio è riuscito a creare nel suo laboratorio dal nulla incredibile del nostro campionato.
L'Italia chic e popolare
Attorno a lui, a questa insperata filosofia della bellezza applicata a un pallone, è riuscito a riunire un intero Paese, a mettere insieme le sue anime diverse e lontane. E fa un certo effetto che l’uomo più chic del calcio italiano, questo signore con la macchia bianca nei capelli alla Aldo Moro, così algido nei sorrisi, sempre impeccabile ed elegante, senza mai una goccia di sudore a imperlargli la fronte, questo gentleman raffinato catapultato chissà come nei nostri stadi, che si scandalizzò per il «frocio» urlato dall’uomo in tuta con il filtro della sigaretta in bocca sino a farne una questione di principio oltre che di educazione, sia diventato, proprio lui, l’emblema del nostro Paese rappacificato, così estraneo in fondo alla sua aristocratica distinzione.
L’Italia che ritorna in strada per fare i caroselli e si ritrova con le grigliate davanti alla tv, l’Italia casereccia dell’amatissimo Lino Banfi, inventore del «Po-po-porcaputténa», la frase amuleto di questo Europeo, il suo coro gioioso e popolare, anche se non troppo elevato, si sta stringendo tutta dietro al suo principe. Nella bellezza di una partita di calcio abbiamo scoperto la nostra identità, che non è più soltanto quella dei martellatori brutti sporchi e cattivi dei nostri eroici catenacci, ma addirittura un progetto coraggioso ed estetico che stupisce gli stranieri.
Nonostante tutto e nonostante questa ricerca artistica del gioco, noi siamo sempre noi, e Mancini in conferenza stampa è arrivato persino a riconoscere il magistero di Oronzo Canà, citando il suo famoso modulo 5-5-5. Sono loro le facce di questa Italia, l’elegante Mancini, l’uomo più chic del nostro calcio, e il popolarissimo Lino Banfi, l’attore più amato da Luigi Di Maio, il Maestro consacrato nella storia del cinema da film come «la liceale seduce i professori», «la ripetente fa l’occhiello al preside» e soprattutto «l’infermiera nella corsia dei militari», accanto a un altro grande protagonista di quell’epoca indimenticabile, Alvaro Vitali.
La squadra
Ma se Mancini è già riuscito a fare il miracolo di inventarsi questa bellissima Italia con uomini abituati a fare tutt’altro nel nostro campionato, a noi piace ancora di più questa commistione di alto e basso che alla fine ci rappresenta. E non importa se avranno ragione gli spaventapasseri, quelli che dicono che Svizzera e Turchia erano avversari troppo deboli. La verità è che noi li abbiamo resi deboli con il nostro gioco. E non avendo una formazione zeppa di fuoriclasse, nonostante i toni enfatici di alcuni giornali (l’unico grande giocatore è Barella), abbiamo lo stesso trovato la chiave per essere forti: la squadra. Questo siamo noi, una squadra. A dispetto di quello che sostiene Vieira, e in parte pure Gary Neville: «Continuo ad avere dubbi che possano arrivare fino in fondo. Credo che manchi loro intensità, forza e velocità per essere ancora più pericolosi davanti. Ritengo che sia ancora troppo presto per prendere in considerazione l’Italia». Chissà che partite hanno visto.
Se c’è una cosa che gli azzurri non hanno mai mancato di fare è stata quella di giocare con intensità è velocità, con continue sovrapposizioni e la capacità di arrivare nell’area avversaria con tanti uomini. Ma non importa. Adesso affrontiamo il Galles e andiamo avanti. E poi, chiunque ci troveremo di fronte e comunque vada a finire, una cosa è sicura: noi non finiremo mai di ringraziare Mancini. Po-po-porcaputténa!