L’Italia di Mancini anti Belgio: c’è una sola paura ma possiamo sognare Wembley
Oggi la sfida dei quarti di finale. Il tecnico azzurro non cambia o cambia molto poco. Punta sul suo spartito, quello del gioco

Mancini non cambia o cambia molto poco. Così pare. Niente Locatelli e Pessina, forse Chiesa, i tre azzurri più in forma, invocati a gran voce dai ct di tutti i bar d’Italia, ma anche a onor del vero da qualche addetto ai lavori. Il fatto è che il Mancio ha deciso di puntare su uno spartito, quello del gioco, che i suoi interpreti principali hanno ormai imparato a memoria. L’undici titolare, - a parte il dubbio Chiellini -, anche con Verratti al posto di Locatelli, è quello che gli garantisce l’equilibrio migliore per impostare la partita come ha sempre fatto fino adesso, avvolgendo gli avversari nelle trame di triangolazioni verticali, con le continue sovrapposizioni e le corse sulle fasce, senza perdere la giusta attenzione difensiva. Locatelli non è Verratti, ma soprattutto Pessina non è Barella e Chiesa non è Berardi, sono giocatori diversi e questi ultimi hanno una maggiore propensione offensiva. L’idea dovrebbe essere quella di sfiancare gli avversari e poi inserire le forze fresche che possono spaccare la partita. Quello sarebbe il momento giusto di colpire.
La paura
C’è una sola paura: il Berardi che abbiamo visto contro l’Austria è sembrato un giocatore stanco, che riprovava sempre lo stesso gesto, la stessa conversione al centro, senza riuscirci mai, e Verratti è reduce da un lungo infortunio e non sembra ancora aver recuperato in pieno. Non è un rischio avventato schierarli tutti e due? Per questo forse - ma molto forse - Chiesa potrebbe partire dal primo minuto. Ma noi dobbiamo fidarci di Mancini, per tutto quello che ha fatto in questi tre anni e in questo torneo, per lo spirito che è riuscito a dare alla squadra e per l’unità di gruppo che ha creato. Prima che cominciasse l’Europeo, Florenzi disse che il tecnico non aveva più bisogno di parlare ai suoi giocatori, perché era entrato nella loro testa e tutti sapevano bene che cosa dovevano fare: «non esiste una cosa più grande che può fare un allenatore».
Il coraggio
Il Mancio ha mostrato molto coraggio e ha sempre avuto ragione. Ha realizzato un vero e proprio miracolo, soprattutto se si pensa al campionato sparagnino e povero di idee da cui è partito per la sua rivoluzione, cambiando completamente pelle all’Italia, anche se Gary Linaker, uno dei tanti campioni del passato diventato opinionista tv, ha appena velenosamente sottolineato che secondo lui «Mancini ha trasformato di nuovo l’Italia nell’Italia», per dire che stiamo tornando quelli di sempre, dei brutti sporchi e cattivi che guardano solo al risultato. Come se dopo i due gol all’Austria avremmo dovuto ancora buttarci in avanti per farlo felice. Linaker è solo l’ultimo della serie, e altri ne arriveranno ancora. Dobbiamo abituarci a queste frecciatine intinte nel curaro. Prima di lui, ci avevano già provato Vieira e Gary Neville, sostenendo che non saremmo stati all’altezza di Euro 2020 e che saremmo usciti di scena presto. Per ora, l’unica che è uscita di scena presto è la Francia.
La certezza
Adesso come adesso l’unica certezza è che tra Italia e Belgio la squadra che vincerà, stabilirà un nuovo record: 15 successi consecutivi, dalle qualificazioni alle fasi finali del Campionato Europeo. Gli uomini di Mancini e di Martinez hanno raggiunto in testa a questa speciale classifica la Germania di Joachim Low, che aveva vinto tutte le 10 partite di qualificazione a Euro 2012, le prime tre partite della fase a gironi, e i quarti di finale, per interrompere poi la striscia di vittorie sbattendo il muso contro l’Italia di Cesare Prandelli, arrivata in quel momento al punto più alta della sua parabola. Da allora cominciò la discesa degli azzurri versione Balotelli e Cassano, travolti dalla Spagna in finale 4-0 e poi affondati tra i fischi e i morsi di Suarez nei mondiali in Brasile. Eppure l’Italia che aveva appena rimandato a casa i tedeschi sembrava lanciata verso un fulgido futuro. Ma quella era figlia del nostro campionato, dei suoi errori e dei suoi limiti, delle nostre risse condominiali e delle nostre fragilità.
Il gruppo
Questa di Mancini per fortuna è un’altra Italia, perché ha poco a che vedere con la serie A e il suo gioco, e attorno al suo tecnico c’è un gruppo solido e compatto, che condivide tutto, senza invidie e rivalità di sorta. Dopo aver raggiunto e superato Pozzo, dopo aver ottenuto il nuovo record di imbattibilità, adesso continua il suo inseguimento alla storia. Ce n’è un altro sulla soglia, perché chi vincerà tra Belgio e Italia eguaglierà anche il primato delle cinque affermazioni consecutive solo nella fase finale, attualmente detenuto dalla Francia del 1984, dell’era Platini, dall’Olanda nelle edizioni 1988 e 1992, gli orange di Van Basten e Gullit, e dalla Repubblica Ceca 2000 e 2004. Ma come dice Mancini, queste cose non interessano. Abbiamo altro a cui pensare.