Intensità e incosciente ottimismo per battere la Svizzera, ma il segreto dell'Italia è l'amicizia
Questa Nazionale è un gruppo di amici con il Ct Mancini che lavora il "gemello" Vialli e gli altri doriani Salsano, Lombardo, Nuciari e persino Evani

Cambiare non serve, e più bella di così forse non si può nemmeno. Se c’è una cosa che dobbiamo sperare è quella di ripetere la partita con la Turchia, con la stessa intensità e lo stesso incosciente ottimismo. Quindi, a parte l’acciaccato Florenzi, sostituito da Di Lorenzo, gli altri dieci saranno gli stessi. Alla prima i migliori erano stati Spinazzola, Berardi e Chiellini, cioé tre uomini che per un motivo o per l’altro potrebbero anche aver bisogno di rifiatare. Ma soprattutto dopo il pareggio fra Svizzera e Galles questo è il momento di sprintare al massimo. Gli svizzeri hanno un giorno in meno di riposo e una trasferta lunghissima, da Baku, Azerbaigian, sul groppone. Se vinciamo mettiamo tutt’e due le mani sul passaggio del turno.
L’Italia di Vialli e Mancini
Noi li aspettiamo a Roma. Anche nel '90 aspettavamo tutti a Roma. Avevamo lo sguardo spiritato di Totò Schillaci, il sorriso triste di Azeglio Vicini, e Roberto Baggio danzava sul pallone come se volesse scappare da quell’estate. C’è qualcosa di diverso e di unico in quest’Italia, l’Italia di Vialli e Mancini, che quand’erano giovani e correvano sui campi non sono mai riusciti a metterne una insieme che contasse davvero, che fosse come la loro Sampdoria, l’allegria al potere e le notti nel cuore. Oggi il destino è passato di nuovo e sono cose che non succedono, perché la giovinezza non torna mai, resta appesa solo nella nostra memoria come un ricordo fragile e melanconico, come un inganno che ti frega. E invece adesso sono qui, e possono cancellare il tempo e il Mondiale del ‘90, quello di Gianna Nannini e delle notti magiche, quello di Totò Schillaci e di Roberto Baggio alla Juventus, di Maradona e Caniggia, del rigore di Brehme, di tutti, fuorché loro. Vialli non segnò manco un gol e Mancini non giocò manco un minuto. Da giocatori, l’Italia di Vialli e Mancini finì allora, se mai era cominciata.
Questa Nazionale è un gruppo di amici
Ma questa qui è un’altra cosa, perché è come se fosse affacciata a Boccadasse, come se facesse due passi in via Venti e il sole non se ne fosse mai andato da lì sopra, un lampo giallo al parabrise, una luce sugli scogli, Genova per noi che chissà se davvero ci inghiotte e non torniamo più. Questa qui ha riabbracciato tutti gli amici, Salsano, Lombardo, Nuciari e persino Evani, che arrivò quando Valli era già passato alla Juventus. L’hanno scritto in tanti, l’ha scritto Veltroni e poi l’ha scritto Sconcerti, che questa Nazionale è un gruppo di amici, ha la forza e i segreti di un rapporto che fonda le sue radici nel mistero di un incontro, nel grande freddo della memoria. E’ come se riportasse a galla un periodo lontano, un’altra vita e un altro mondo, le feste di Cerezo, le corse di Attilio Lombardo, i gol di Vialli e Mancini e la voce di Vujadin Boskov. E’ come se riaprisse la porta di Genova, non solo di quella Samp, del «professore» che era sull’altra panchina, quella rossoblù, dei loro derby, di Perdomo, José Perdomo addirittura, definito da Scoglio che era andato in Uruguay a scovarlo «il più grande volante del mondo», ribattezzato dai tifosi genoani «Perdemmu», perdiamo, e ceduto in fretta e furia al Coventry City, ma solo dopo che Boskov era riuscito a scolpirlo per sempre: «Se io sciolgo il mio cane, lui gioca meglio di Perdomo». C’era qualcosa di artigianale e di familiare in mezzo a tutti quei soldi - perché c’erano anche quelli, è vero -, c’era una dimensione che avevamo dimenticato.
Il destino ha rimesso insieme i due vecchi amici
Adesso è esagerato dire che Mancini ha fatto tutto questo, che ci ha riportati indietro per ritrovare quello che siamo, dopo i disastri dell’accoppiata Ventura Tavecchio. Non è stato lui. Ma il destino. È il destino che ha rimesso insieme i due vecchi amici, un destino anche crudele, perché adesso Vialli è un uomo «fragile e vulnerabile», come ha confessato lui stesso, parlando del suo compagno di viaggio indesiderato, il tumore: «Penso che qualcuno possa riconoscersi in me, con i miei difetti, le tante paure. Devo andare avanti, a testa bassa, senza mollare mai, sperando che si stanchi di me e mi lasci vivere».
Quest’Italia è diversa da tutte le altre
E’ per questo che quest’Italia è diversa da tutte le altre. Abbiamo sempre vinto quando il gruppo doveva mettersi in trincea, contro tutto e tutti, nell’82 e nel 2006. Ma se vinceremo questa volta sarà come la Sampdoria, com’era Genova allora. Per il gioco che ha e per la sfrontatezza, assomigliamo al Belgio, che non ha mai vinto niente fino adesso. Ma il Belgio ha grandi giocatori. Noi no. Abbiamo un grande tecnico. E abbiamo degli amici. Però, la nostra difesa non prende gol da 875 minuti e nove partite e l’Italia è a due gare dal record di Vittorio Pozzo, con trenta risultati utili consecutivi. Un po’ di strada l’abbiamo già fatta. Andiamo avanti, «a testa bassa, senza mollare mai»...