La grande bellezza dell'Italia che ha saputo battere il catenaccio degli inglesi
Il capolavoro di Mancini: un gruppo compatto, un gioco ordinato, aggressivo, tignoso. Attorno al Ct e all'esempio di Gianluca Vialli

Un giorno qualcuno ce l’aveva detto che saremmo diventati i più forti di tutti. Ma noi credevamo che fosse impossibile. Invece siamo qui, e non siamo solo campioni d’Europa. Siamo davvero i più forti di tutti, in questa notte di pioggia e di lacrime, dopo tutto questo tempo percorso dalle sirene delle ambulanze, dai nostri morti e dalla nostra paura, in tutto questo tempo sognato che bisognava sognare in cui abbiamo imparato che solo diventando una squadra si può vincere, dopo una partita infinita cominciata a rincorrere e che siamo riusciti a dominare.
Resistere e colpire: anche quando si è stremati
Abbiamo vinto perché siamo più forti, perché l’abbiamo meritato e perché abbiamo sempre giocato a calcio, anche quando eravamo stremati, quando c’è mancato Chiesa, il nostro giocatore migliore, e sembrava che ci avessero messi alle corde, e quando non ci credeva più nessuno, proprio com’era successo il giorno che tutto questo è cominciato, dagli sprofondi dove ci avevano lasciato Ventura e Tavecchio, e un visionario ce l’aveva promesso, solo lui, che saremmo tornati qui, più in alto di tutti. Grazie al Mancio non siamo più quelli brutti sporchi e cattivi che vincevano nelle trincee, abbiamo creduto alla sua visione immaginifica, che potevamo essere i più belli di tutti, prima di essere più i forti.
Noi ci riconosciamo in quell’abbraccio di Vialli e Mancini, in quelle lacrime mischiate insieme nell’ora muta delle fate, e in tutto quel tempo che era sfuggito da quando il loro sogno s’era infranto proprio qui a Wembley quasi trent’anni fa. Mancini l’ha spiegato alla fine: «La nostra amicizia va al di là di tutto, perché era quella Sampdoria che era andata al di là di tutto. E proprio la stessa amicizia che si è creata nel gruppo di questi ragazzi è quella che ci ha fatto arrivare fino a qui».
Quasi tutto lo stadio contro
Siamo stati i più belli perché siamo stati una squadra di amici, prima di tutto, e checché se ne dica, abbiamo vinto nonostante tutti i favori e gli aiuti che Ceferin ha regalato all’Inghilterra, con l’ultimo regalo dei biglietti della finale concessi quasi esclusivamente ai tifosi dei Tre Leoni, mentre avrebbero dovuto essere suddivisi al 50 per cento. Ci sono voluti i rigori e le due grandi parate di Donnarumma su Sancho e Saka, ma durante la partita siamo stati nettamente i più bravi e i più forti, e non solo grazie al dominio territoriale. Il calcio spettacolo ha battuto il catenaccio. E il catenaccio l’hanno fatto i maestri inglesi, quelli dell’It’s Coming Home, quelli che ci hanno sempre criticato per questo. E nel silenzio attonito dei sessantamila inglesi di Wembley, siamo rimasti solo noi a urlare, abbracciarci, saltare, siamo rimasto solo noi in questo spicchio di curva riempito di bandiere e di lacrime di gioia.
Così si fa la Storia
La partita era cominciata in salita, quando già al secondo minuto Kane (inizio scintillante il suo) con un superbo e filtrante cambio di gioco aveva lanciato in contropiede Trippier e Shaw aveva raccolto il suo traversone sul secondo palo infilando Donnarumma. Il gol giustificava ancora di più il catenaccio approntato da Southgate. Quello di Shaw resterà l’unico tiro nello specchio della porta degli inglesi in 120 minuti di gara. L’Inghilterra aspetta con cinque in linea dietro, più un centrocampo di soli interditori, l’aggressivo Philips e l’instancabile Rice, e Harry Kane che retrocede spesso persino nella sua area a dare una mano ai difensori. L’Italia attacca ma incide poco. Si contano solo una percussione di Chiesa che conclude a pochi centimetri dal palo e una girata di Immobile quasi allo scadere che trova l’opposizione di Stones. La partita ca cambia completamente volto quando finalmente Mancini decide di togliere Immobile, nonostante tutto l’incomprensibile esercito di difensori che l’ha sostenuto per questo Europeo, schierando finalmente un falso nueve, molto più adatto al modulo di Mancini, prima Insigne e poi Chiesa. Immobile fra l’altro aveva pure disputato l’unico primo tempi decente di questo europeo, attaccando la profondità, senza perdere troppe palle, disturbando l’impostazione da dietro degli inglesi e cercando di tirare pure in porta. Ma è la squadra che ci rimette con lui. E si vede bene, appena esce.
I miracoli di Pickford e gli Azzurri irresistibili
L’Italia crea una occasione dopo l’altra e Pickford smentisce alla grande quello che avevamo pensato, che fosse l’anello debole della difesa inglese. Fa una grande parata su Chiesa, un’altra su Insigne e anche in occasione del gol, riesce a fare un mezzo miracolo sul colpo di testa di Verratti, prima che Bonucci riesca finalmente a buttare dentro quella palla. In quella confusa mischia in area, c’era un evidente fallo da rigore di Stones su Chiellini, che l’arbitro Kuipers non ha pensato minimamente di fischiare. C’è andata bene così. Dopo il gol, continuiamo a dominare. Berardi spara alto anticipando Pickford, ma al di là dei tiri in porta resta l’impressione che ogni volta che andiamo avanti possiamo far male. L’arbitro ammonisce in serie Barella, Bonucci, Chiellini, Insigne e Jorginho. Non ammonisce Sterling che si tuffa platealmente in area cercando il bis della semifinale (ma Kuipers, arbitro molto modesto, come si sapeva, nonostante gli sperticati elogi di Caressa, non osa arrivare a tanto) e poi continua a buttarsi ogni volta che qualcuno gli viene vicino. Chiesa viene fatto fuori stretto a sandwich, e obbligato a uscire, ma non fischia neanche il fallo. E’ costretto ad ammonire Maguire che colpisce da dietro la caviglia di Belotti: l’unico cartellino giallo degli inglesi.
Un finale da batticuore
Si va ai supplementari. Noi abbiamo perso brillantezza, come logico. Loro rinunciano finalmente al catenaccio. Ma i trenta minuti che restano ormai non regalano più niente a nessuno dei due. Si arriva ai rigori, bisogna arrivare fino a qui per prendere quello che ci meritiamo. Pickford è straordinario, para due rigori, e uno miracoloso su Jorginho. Ma nella storia restano quelli che para Donnarumma. E le parole di Florenzi, che alla fine svela i segreti di questo gruppo, l’importanza di Vialli, il suo coraggio, la sua lezione. Un visionario e dei leoni. Siamo diventati i più belli così.