La Roma cade solo sul traguardo. Atalanta e Fiorentina per la storia

Se l’anno scorso avevamo mandato tre squadre nelle finali europee, quest’anno dobbiamo accontentarci di averne solo due. Ma il bello è che fino a sei minuti dal novantesimo, quando Mancini ha disgraziatamente infilato la sua porta, abbiamo rischiato di averne di nuovo tre. Perché la Roma stava vincendo per due a zero al BayArena, sul campo degli Imbattibili, 49 partite senza sconfitte o forse di più, uno ormai ha perso il conto.
Godiamoci però le imprese dell’Atalanta (Marsiglia piallato: 3-0) e della Fiorentina (1-1 in trasferta col Bruges). Avranno due finali difficili, contro il Bayer Leverkusen in Europa League e l’Olympiakos in Conference, due montagne da scalare. Però i viola e i nerazzurri hanno una grande qualità in comune: sono capaci di buttare il cuore oltre l’ostacolo. L’Atalanta vola a Dublino, per la prima finale europea della sua storia. Mago Gasp non trasformerà l’acqua in vino, ma nel suo piccolo i suoi capolavori li fa. E poi dategli tempo, e chissà. Anche De Rossi stava facendo il suo capolavoro, rimontando le Aspirine e ponendo fine alla sua imbattibilità. Nei minuti finali, ha preso l’autogol e poi rovesciandosi tutti in avanti, alla ricerca disperata della rete che l’avrebbe rimessa in corsa, ha beccato il pareggio all’ultimo secondo. La Roma ha dimostrato però di non essere inferiore al Bayer. Nell’andata all’Olimpico, era stata punita dai propri errori e dalla sfortuna. Ma prima che l’incredibile strafalcione di Karsdorp tagliasse le gambe alla Roma cambiando il volto della partita, in quella mezz’ora iniziale i giallorossi non solo avevano giocato alla pari ma a tratti forse erano stati addirittura superiori. La dittatura dei risultatisti aveva poi trasformato quella sconfitta in una condanna definitiva. In conferenza stampa subito dopo De Rossi l’aveva detto: «Secondo me vi state sbagliando. Non siamo così inferiori». Alla BayArena ha dimostrato che aveva ragione.
IL RUOLO DELLA FORTUNA
Così l’Europa del pallone sembra consegnare alla cronaca di quest’anno due finali tutte da vivere per le squadre italiane, e una Champions che viaggia di nuovo verso il suo padrone storico: chi riuscirà a fermare il Real? Noi quest’anno dalla Champions siamo usciti abbastanza presto. Ma visto come è andata fino adesso lo stellone di Carletto e del Real sembra francamente imbattibile. E’ vero che anche Edin Terzic col suo Borussia non può lamentarsi troppo della buona sorte, ma ci sembra impossibile che possa comunque reggere il confronto con i galacticos. Due legni all’andata e addirittura quattro al Parco dei Principi, centrati dalla banda milionaria degli sceicchi abbandonati dagli dei, testimonia di una semifinale superata senza dubbio con il vento a favore. Dall’altra parte i tedeschi vantano due gol, uno per partita, l’ultimo con la zuccata di Hummels, prima di chiudersi a riccio, a onorare il catenaccio a doppia mandata, già glorificato a Manchester dalle stelle dei blancos di quel vecchio volpone di Ancelotti. Siccome tutto il mondo è paese, in Francia non ci hanno pensato neanche un minuto a mettere sotto processo Luis Enrique, che avrà anche le sue colpe, perché il Psg in Europa non ha mai brillato davvero, cominciando a stentare sin dal girone eliminatorio, superato alla fine con lo stesso punteggio del Milan (pure basso, 8: di solito a questa quota si viene eliminati), ma che in questa semifinale è stato senza dubbio buttato fuori più dalla sfortuna che dal Borussia. Funziona così, e non c’è niente da fare. E’ il risultato che detta il giudizio, tutto il resto non conta.
IL CORAGGIO DELLA FIORENTINA
La Fiorentina s’è salvata vicino al traguardo, afferrando la sua seconda finale per i capelli, con un rigore all’85’ di Beltran, dopo che anche al Franchi Nzola era riuscito a risolvere la sfida al 91’. Ma senza quel penalty provvidenziale, ci saremmo facilmente dimenticati dei tre legni e delle occasioni incredibili sciupate da Gonzalez e Bertran. La verità è che Vincenzo Italiano ha condotto in porto un piccolo miracolo, strappato coi denti e col sudore, con partite d’arrembaggio risolte spesso allo scadere o nei supplementari. Stremati ma vincenti. E la verità è che anche se avesse perso sarebbe stato giusto rendergli gli onori ugualmente. Per chiudere il viaggio bisogna battere l’Olympiakos ad Atene. Un ostacolo mica da niente. Chiedere all’Aston Villa e a Emery, Mister Europa League.