Nella finale thrilling del Qatar l'Argentina batte Mbappé
Messi raggiunge Maradona quasi al tramonto della sua carriera. Gli sfugge solo il titolo di capocannoniere dei mondiali, che va al suo grande rivale, Mbappé, autore di una tripletta realizzata quanto tutto sembrava ormai perduto

L’Argentina ce l’ha fatta, al termine di una partita infinita, vinta, stravinta, dominata e poi quasi persa, e strappata alla fine solo grazie alla lotteria thrilling dei rigori. E’ stato grande Messi, ma la partita l’ha vinta l’Argentina. E’ stato decisivo Martinez, con una parata incredibile all’ultimo minuto che ha tenuto in gioco l’Albiceleste, è stato fondamentale De Paul, un combattente a tutto campo, di cuore e di tecnica, che corre, picchia e dribbla. Ma determinante più di tutti nei 60 minuti in cui ha giocato è stato Di Maria, il due a zero che sembrava consegnare in anticipo il mondiale all’Argentina è tutto merito suo: provoca il rigore che realizza Messi, e segna il secondo gol. Messi raggiunge Maradona quasi al tramonto della sua carriera. Gli sfugge solo il titolo di capocannoniere dei mondiali, che va al suo grande rivale, Mbappé, autore di una tripletta realizzata quanto tutto sembrava ormai perduto.
E’ stata una partita assurda, per 80 minuti dominata da una splendida Argentina, che avrebbe potuto essere in vantaggio anche di quattro gol senza che nessuno avesse niente da dire, e poi ribaltata in un minuto soltanto dalla stella francese, un rigore e uno splendido gol al volo. La Francia per lunghi tratti è apparsa inesistente e sinceramente se avesse vinto lei alla fine, sarebbe stato un furto assurdo, unm furto legale sia chiaro, uno di quelli che è così tanto caro agli dei del calcio. Invece giustizia è fatta. Hanno vinto i più forti. E ora siamo qui a guardare la gioia di Messi e le lacrime commoventi di Scaloni.
Tutto comincia con due buone notizie
La Grande Sfida è cominciata con due buone notizie per l’Argentina dopo l’annuncio delle formazioni ufficiali. Scaloni è riuscito a schierare dall’inizio Angel Di Maria, che nelle ultime partite aveva giocato soltanto dieci minuti, estro e classe al servizio di Alvarez e di Re Messi, mentre sta fuori l’inutile e inconcludente Paredes. La Francia, svaniti gli ultimi dubbi sulle condizioni di Giroud, presenta la formazione titolare di questo mondiale, con il rientro di Upamecano e Rabiot e Didier confermato al centro dell’attacco, con Mbappé e Dembelé a svariare attorno a lui. Sono due centravanti molto diversi quelli dei Galletti e dell’Albiceleste. Giroud è uomo d’area, pericolosissimo sui traversoni. Alvarez, invece, è un attaccante che partecipa di più alla manovra e soprattutto gira più al largo di Lautaro Martinez, che poi questo è il motivo per cui Lionel lo preferisce all’attaccante dell’Inter.
Altro duello interessante si prospetta a centrocampo si sfidano due uomini decisivi per le rispettive nazionali, il guerriero De Paul, uno che corre, rientra e riparte, e l’incredibile Griezmann trasformato da Deschamps in uomo di raccordo. Arbitra Szymon Marciniak, non il migliore, ma affidabile e gradito alle due nazionali. Si parte con clangori di battaglia, subito 4 falli fischiati in 5 minuti e il cipiglio severo di Marciniak, con l’Argentina che spinge, tutta anema e core, e la Francia che non riesce a ripartire. A onor del vero, già nei primi munuti sembra uno scontro impari, fra una squadra molto determinata e un’altra abbastanza tremebonda. E lo sguardo angosciato di Deschamps sembra confermare questa sensazione: è lo sguardo della sconfitta, di chi sente già di aver perso, prima ancora di cominciare. A vedere la mollezza dei suoi uomini in campo, viene il sospetto che il virus che negli ultimi giorni ha colpito i francesi non sia stato del tutto debellato.
Lo sguardo della sconfitta
In troppi a cominciare da Rabiot sono l’ombra dei giocatori visti fino adesso e Mbappé è completamente inesistente. Dall’altra parte, con Di Maria in campo, che crea sconquassi uno dietro l’altro sulla fascia destra, l’Argentina è in certe fasi travolgente. Prima Mac Allister e poi De Paul ci provano da fuori, poi è il fidelo che spreca alle stelle da ottima posizione una veloce ripartenza di De Paul e Messi. La Francia è in netta difficoltà, non riesce mai a ripartire e fa fatica a tenere il pallone e fare tre passaggi di fila. Poi ognuno ha la sua croce e quella di Deschamps è Dembelè, che vaga abbastanza spaesato sulla sua fascia di competenza contro un indemoniato Di Maria. Al 20’ il fidelo si libera di lui per l’ennesima volta e Dembelè non trova di meglio che buttarlo giù appena dentro l’area. Rigore ineccepibile, trasformato da Messi e il vantaggio degli argentini è la logica conseguenza di questi primi venti minuti. Se qualcuno si aspetta una reazione della Francia, rimane deluso in fretta. Continua tutto come prima. E poco dopo la mezz’ora, splendido contropiede impostato da Messi e gol di Di Maria. Due a zero.
A questo punto prima ancora che le squadre vadano negli spogliatoi, Deschamps decide di cambiare qualcosa. Fuori Giroud (sceso in campo non in buone condizioni, con un ginocchio malmesso) e soprattutto Dembelé, l’uomo più pericoloso per se’ e per i suoi compagni. Al loro posto Thuram e Kolo Muani. Non cambia molto se non il fatto che Di Maria, pur sempre in grande spolvero, non riesce più a fare il bello e il cattivo tempo come prima. Dopo 7 minuti di recupero tutti negli spogliatoi. Un’Argentina così non l’avevamo mai vista, nemmeno quella straripante con la Croazia, che però per mezz’ora buona era apparsa molto in difficoltà. Questa volta è padrona assoluta della partita, non corre neanche un pericolo, sovrasta gli avversari in tutte le zone del campo, applica un pressing feroce senza fermarsi mai. Certo, un Di Maria così eccezionale ha contribuito di sicuro parecchio nel cambiare il volto della squadra.
Dall’altra parte, però, c’è una Francia assolutamente irriconoscibile. Rabiot è tornato quello dei primi due anni della Juventus, un cavallone che ogni tanto affonda le praterie senza sapere bene dove andare e poi si aggira svogliato per il terreno di gioco cercando di evitare accuratamente qualsiasi contrasto. Ma soprattutto non sono scesi in campo Mpabbé e Griezmann, i due grandi protagonisti di questo mondiale che hanno trascinato i galletti fino a questa finale. Mai una corsa, mai un recupero, zero palloni toccati: incredibile. L’Argentina ha avuto tutto apparecchiato a questo mondiale: un sacco di partite sbloccate quasi sempre da un rigore, un cammino agevolato, nel calendario e nei tempo, senza mai incontrare un avversario di valore sul suo percorso, sguardi non decisivi ma comunque benevoli degli arbitri (compreso Marciniak per Romero, killer con libertà d’azione: con una gomitata stende Lloris, spinge fuori dal campo Theo Hernandez e falcia da dietro Giroud, e lui si guarda bene anche solo di rimproverarlo). Gli mancava un avversario inesistente in finale. Ed eccola servita.
Il secondo tempo conferma tutto quello che si è visto nei primi 45 minuti. Un monologo dell’Argentina. La Francia fa persino pietà. Di Maria è addirittura più grande di quello che aveva ubriacato Dembelè. Col suo sinistro fa meraviglie mandando al tappeto gli sventurati che gli girano attorno, e poi rientra pure a dare una mano in difesa intercettando palloni e avversari. Sul taccuino restano solo azioni dell’Albiceleste: De Paul chiude al volo un grande contropiede corale costruito da Messi e Di Maria costringendo Loris agli straordinari, poi ci prova Alvarez e subito dopo anche Messi, servito tanto per cambiare dal solito, incontenibile Di Maria. Il portiere francese un minuto dopo deve fermare anche Mac Allister. E la Francia? Un colpo di testa di Tchouameni a lato e Mbappè che insegue tira alle stelle. Sembra tutto scritto. Ma nel calcio uno può dire quello che vuole, solo che molte volte non c’è una logica. Soprattutto non c’è giustizia. O almeno così sembra. Mancano dieci minuti alla fine di una partita già finita.
Deschamps ha richiamato Griezmann, l’eroe di questo mondiale diventato un peso morto in questa finale. E all’improvviso dalla festa albiceleste che aleggia sul campo spunta Otamendi che abbatte in area Kolo Muani nella stessa zolla dove nel primo tempo Dembelé aveva abbattuto Di Maria. Rigore e Mbappé, due a uno. Il gol della bandiera? Passa un minuto, Coman recupera palla e serve Mbappé, il deparecido di tutta la partita, il campione scomparso di questa finale, il primo imputato di una sconfitta ormai scritta, inventa un tiro al volo d’esterno che s’infila nell’angolino. Incredibile, due a due. E adesso sono scintille, la Francia e Mbappé si sono risvegliati. Rabiot impegna il portiere argentino e Lloris poco dopo è miracoloso su Messi.
Ora sul due a due cambia anche purtroppo la partita di Marciniak, che tende a perdonare tutte le entratacce, soprattutto degli argentini a o\nor del vero: Acuna, già ammonito blocca una ripartenza e per regolamento doveva prendere il secondo cartellino giallo, ma soprattutto Romero (osannato inspiegabilmente dai telecronisti Rai) continua a fare opera di killeraggio e un suo calcio sulla caviglia di Mbappé rimasto impunito è del tutto incomprensibile.
Tutti ai supplementari, ma decidono i rigori
Si va ai supplementari. E la trama della partita ritorna quella che era stata fino all’80’, quando i capricci del dio del calcio avevano cambiato e carte in tavola. L’Argentina torna a dominare e Lautaro, subentrato ad Alvarez, non trasforma due occasioni da gol clamorose. Ma la rete è nell’aria. E all’inizio del secondo tempo supplementare su una ripartenza con Lautaro è proprio lui, Lionel Messi, sembra mettere la firma decisiva su questa interminabile partita: 3-2. Macché. Pochi minuti e dopo un fallaccio di Paredes (l’unica cosa che ha fatto da quando è subentrato) Montiel commette fallo di mani in area. Rigore inevitabile. E di nuovo Mbappé, tripletta e 3-3. E non è finita. Lautaro spreca di nuovo, a lato di testa, e poi Martinez compie un autentico miracolo su Kolo Muani solo davanti a lui. Niente da fare. Si va ai rigori. Coman sbaglia, e Tchuoameni tira fuori. Ormai è fatta. Bisogna aspettare l’ultimo errore dei francesi o l’ultima parata di Martinez. Kolo Muani non sbaglia. Ma neppure Montiel sbaglia, l’uomo che con il suo fallo di mano aveva deciso questa appendice: è il suo tiro che consegna i mondiali all’Argentina. Messi ce l’ha fatta, ha raggiunto Maradona.