La sorpresa Marocco, il ritorno del Brasile e il tramonto di Cristiano Ronaldo
Le vere notizie del mondiale hanno un nome e una foto, quelli di Tite che balla, di Cr7 che scappa e di Walid Regragui che pensa

Il Brasile, il Portogallo e il Marocco: sono loro le vere notizie del mondiale. Come tutte le notizie, hanno un nome e una foto, quelli di Tite che balla, di Ronaldo che scappa e di Walid Regragui che pensa, perché lui ha sempre quella faccia lì, medita anche quando gioisce. Per onor di firma potremmo cominciare dal declino inarrestabile di Cr7, un tramonto amaro e quasi rancido, più caratteriale che tecnico, lasciato in panchina per la sua reazione isterica al momento del cambio nella partita con la Corea e poi scappato come un ladro negli spogliatoi mentre tutti gli altri facevano festa attorno a Goncalo Ramos, il ragazzino del Benfica che ha preso il suo posto, nel mondiale e nella storia.
Ronaldo esce di scena
Il destino ci mette pure del suo, visto che Ronaldo esce di scena proprio mentre Messi trascina la sua Argentina, nel delirio preoccupante di Lele Adani e delle sue farneticazioni incomprensibili, in spagnolo maccheronico con inflessioni padane, su Gesù che è tornato fra di noi per tirare dei calci a un pallone senza tante parabole. E’ già tutto così strano in questo mondiale che ci mancava lui, un invasato ai microfoni, un predicatore pure incazzoso che prima o poi verrà inseguito dagli infermieri. L’unico che dovrebbe star bene accanto a Lele Adani è il Cristiano Ronaldo di questi giorni, che si offende tutte le volte come un dio sceso in terra dimenticando che l’unico dio che riusciamo a vedere adesso è quello del tempo, con la sua legge inesorabile, il tempo che passa e che finisce per tutti, anche per lui. Il tempo che non ha più tempo.
Il ritorno del Brasile
Però, possiamo ritrovare le cose perdute nel tempo, questo sì. Lo ha fatto il Brasile che gioca, segna, vince e si diverte come non faceva più da una vita ormai, dalla ricerca spasmodica del calcio fisico senza tanti fronzoli di scuola europea, di mediani dalle randellate alle caviglie piuttosto che di trequartisti troppo fantasiosi. Invece stavolta è tornato alle sue origini, non solo Neymar, ma anche Vinicius, Richarlison e Raphinia, e poi Rodrygo e Antony, tanta qualità al ritmo di samba, come non si era più visto negli ultimi due decenni. Adesso ballano tutti. Dopo il terzo, splendido gol alla Corea, Richarlison è corso verso la panchina per fare festa assieme al suo allenatore, mimando la danza del piccione, cioé del «Pombo», come si dice in brasiliano, il soprannome che gli hanno affibbiato in patria, con tanto di canzone e di video, la «Danza del Piccione», di MC Faisca, diventati virali sui social. E Tite si è messo a ballare con lui e con tutta la squadra. Adenor Leonardo Bacchi, detto Tite, faceva l’attaccante quando giocava. Pensa che lo spettacolo faccia parte del calcio. E dice che il football l’hanno inventato gli inglesi, ma come giocarlo, i brasiliani. Al Guardian ha spiegato che in una squadra tutto nasce dalla testa, la testa dell’allenatore e dei giocatori, tutto passa lì. L’aspetto mentale è importante. E poi, ha detto, «penso a una frase di Nelson Mandela: "Il coraggio è la capacità di affrontare la paura"». Per essere i migliori bisogna avere tante cose, i giocatori bravi, l’amalgama giusto, la convinzione in quello che fai e il coraggio, perché la forza non basta: «In ogni decisione che ho preso la paura era presente. Ma quando ho letto quel che diceva Nelson Mandela ho capito che sono una persona normale. Ho le mie paure, i miei incubi, la mia pelle d’oca. Ma è grazie alla paura che sai riconoscere gli ostacoli per superarli. E’ grazie alla paura che trovi il tuo coraggio».
Strada in discesa per l'Argentina di Messi
Da qui in avanti il mondiale farà sul serio e ribalterà pronostici e peana, perché succede sempre così quando alla fine vince uno solo. Sono le regole del gioco. Le grandi d’Europa già si devono far fuori fra di loro, Inghilterra e Francia, il Portogallo dovrà faticare le pene d’inferno contro il Marocco e vediamo se il Brasile si confermerà con la Croazia. Il cammino più in discesa è quello dell’Argentina di Messi, perché sulla carta l’Olanda che gioca e lascia giocare è il suo avversario ideale. Ma fino adesso, al di là di tutto, questo resta il mondiale di tre ct: Tite, che ci ha ridato il vecchio Brasile, Fernando Campos che ha fatto bello il Portogallo facendo fuori Ronaldo, e Walid Regragui, il professore di matematica nato a Corbeil-Essonnes, nella Francia profonda, diventato all’improvviso ct del Marocco appena tre mesi fa, il 31 agosto del 2022. Con così poco tempo a disposizione, ha detto semplicemente ai suoi giocatori di giocare come sanno e ha pensato solo a sistemare bene la difesa. E si vede: in quattro partite ha subito appena un gol, e per di più su autorete. Lui che aveva imparato dal suo maestro, Rolland Courbis, a sognare il calcio danubiano della grande Ungheria di Puskas e Hidegkuti, così bella e perdente, ha dovuto arrendersi alla realpolitik, imposta dal dio tempo.
Il Marocco di Walid
Ma Walid è un tipo speciale, una persona colta, dai modi gentili e decisi, uno che studia quello che accade e capisce sempre quale sia la cosa migliore da fare. Era così anche da calciatore: difensore, scoperto da Rudi Garcia quando giocava nelle giovanili del Corbeil-Essonnes, che per capacità di lettura dell’azione, per intelligenza calcistica, «sarebbe potuto diventare uno dei più forti difensori al mondo», come disse di lui il suo ex allenatore all’Ajaccio Rolland Courbis: «Il suo problema non era la testa, strepitosa. Erano i piedi». Walid avrebbe voluto davvero far giocare il suo Marocco come quell’Ungheria che piaceva tanto al suo maestro. Ma a differenza di Ronaldo, lui riconosce la legge del tempo, e tempo non ce n’era. Così è nata la squadra che ha fatto fuori la Spagna, con la grande attenzione italiana per la gestione difensiva e l’ossessione francese per il gioco sulle fasce. Una squadra orizzontale e non verticale, che sostituisce il finto nove alla Hidegkuti con gli inserimenti di Ziyech e Boufal, sfruttando al massimo le sgroppate di Hakimi e compagni. Non è una squadra dei sogni, ma una squadra della realtà. Il matematico Regragui l’ha voluta così. Una figlia del tempo. E il tempo, a questi mondiali, è un dio pagano che bisogna saper rispettare.