Soffia il vento da Oriente nel mondiale delle sorprese: è quello il calcio che sta crescendo
L’Iran che batte il Galles, il Giappone che ribalta i tedeschi e l’Arabia Saudita che affonda l’Argentina. Qualcosa sta cambiando

La prima settimana ci ha raccontato senza ombra di dubbio un mondiale delle sorprese. E per assurdo c’è più sfortuna nelle storiche sconfitte di Germania e Argentina che nei pareggi a reti inviolate di Uruguay e Croazia. Per la verità, il fattore sorpresa non è mai mancato nella storia di questa manifestazione. Appena quattro anni fa in Russia, i tedeschi campioni del mondo furono eliminati dalla Corea del Sud con due reti nel recupero, perdendo anche la faccia assieme alla partita. E dal nostro canto, noi non abbiamo ancora dimenticato la disfatta di Middlesbrough, quando nel 1966 fummo mandati a casa dall’altra Corea, quella del Nord, una squadra di dilettanti ribattezzati dai nostri giornali come «Ridolini», che ci sconfisse con un gol dell’insegnante di educazione fisica Pak Doo Ik.
Nella storia della insostenibile leggerezza dell’imprevedibilità, un capitolo a parte, però, merita quella forse più clamorosa, quando nel 1950 i giocatori dell’Inghilterra, inventori del calcio e tra i favoriti della vittoria finale, reduci da una passeggiata senza problemi con il Cile, furono battuti dalla cenerentola Usa, che schierava una formazione rabberciata sui campetti di periferia con dei lavapiatti, dei postini e il professore di liceo a Filadelfia Walter Bahr, che faceva da guida a quella accozzaglia improvvisata. A Belo Horizonte gli americani vinsero 1-0 grazie al gol del centravanti di origine haitiana, Joe Gaetjens. Nella memoria dello sport statunitense quella partita è rimasta come il «Miracolo di Belo Horizonte» e ha ispirato un libro, «The game of their lives», dal quale fu tratto anche un film.
Novità da Oriente
Però questi sono stati tutti episodi isolati. Questo mondiale, invece, sembra essere diverso proprio perché le sorprese sono già state tante e questo segna una svolta importante nel panorama internazionale di questo sport. Qualcuno ha scritto che il calcio africano ha colmato il gap di gioco con la borghesia europea. Ma è vero solo in parte, perché già nelle precedenti edizioni le nazionali di quel continente avevano messo in difficoltà le più titolate avversarie. E’ innegabile che le squadre africane hanno imparato a disciplinare la loro fisicità per difendersi con più efficacia: è difficile fargli gol, sanno chiudere gli spazi e coprire l’area, ma non sono altrettanto bravi in attacco. Le novità vengono un po’ più ad Oriente: è quello il calcio che sta crescendo. L’Iran che batte il Galles, il Giappone che ribalta i tedeschi e l’Arabia Saudita che affonda l’Argentina. E la squadra di Hervé Renard ne è l’esempio più evidente. Contro la Seleccion Albiceleste, quando era in svantaggio dopo il rigorino di Messi, ha saputo difendersi alzando la difesa stile calcio olandese Anni 90, mettendo in costante fuorigioco Lautaro e compagnia. Con Al Shehri e Dawsari (gol molto bello, roba da giocatore top) ha cambiato il volto della partita e nel momento in cui l’Argentina si è risvegliata dalla siesta, è riuscita a passare dal pressing alto, che pendeva addirittura dal cornicione del centrocampo, al catenaccio più ferreo chiuso a doppia mandata nei confini della propria area, che ad Allegri gli fa un baffo. Che questo eclettismo tattico messo in mostra contro la Seleccion non fosse dovuto al caso, lo si è visto meglio nella partita purtroppo persa con la Polonia. Allo scadere del primo tempo, sull’1-0 di Zielinski, Salem Al Dawasari, l’eroe della vittoria sull’Argentina, si è fatto parare il rigore da Szczesny, perdendo un po’ il filo del discorso. Ma nonostante questo nella ripresa è riuscita a essere padrona del campo e creare due o tre occasioni molto pericolose, confermando di essere una squadra molto interessante, capace di costruire gioco con buona intensità. La Polonia alla fine ha vinto grazie all’esperienza dei suoi totem, da Szczesny a Lewandoski, ma l’Arabia Saudita non ha sfigurato neanche questa volta.
Anche l'Iran si è rialzato
E anche l’Iran, travolta dagli inglesi, si è rialzata affossando il modesto Galles attorcigliato nel vagare fumoso di Bale e Ramsey, con i gol di Cheshmi e Rezaeian, al 98’ e al 101’, dopo i pali di Azmoun e Gholizadeh. Da una parte il calcio monotono e noioso degli europei e dall’altra il gioco organizzato e a tratti vibrante degli iraniani. E se il Giappone rimonta e supera la Germania, restando sempre aggrappata alle sue trincee, anche quando era in svantaggio, la Corea del Sud ferma sullo 0-0 senza neanche troppi affanni l’Uruguay di Suarez, Darwin Nunez e Cavani, di Bentancur e Valverde. Sono tante le partite chiuse a reti inviolate. Dopo l’indigestione di guardiolismo, a questi mondiali sta tornando di moda un calcio molto più difensivo e verticale, un catenaccio basato sull’intensità, capace anche di cambiare volto. Per capirci, più Unai Emery che Allegri o Mourinho. Restano la Francia e la Spagna a difendere la vecchia Europa e il gioco offensivo. Una senza Pogba, Benzema, Kanté, e l’altra forse troppo giovane. Poi c’è il Brasile che adesso non ha più Neymar e Danilo, i suoi pilastri. Il Mondiale delle sorprese perde anche i pezzi migliori.