Un'Italia a due facce perde con l'Inghilterra. Non basta il coraggio del secondo tempo
Una squadra di fantasmi, nel primo tempo, i fantasmi di una gloria passata, ormai lontana, di un gioco che si spegne dentro la sua anima, incapace di creare occasioni da gol. Ma negli altri 45 minuti questa squadra si trasforma

E’ un’Italia a due facce quella che perde con l’Inghilterra (uno a due). Una squadra di fantasmi, nel primo tempo, i fantasmi di una gloria passata, ormai lontana, di un gioco che si spegne dentro la sua anima, incapace di creare occasioni da gol, che poi è l’unico senso vero del calcio. Ma negli altri 45 minuti questa squadra si trasforma, non diventa nè bella né irresistibile come quella che ci aveva fatto sognare nell’estate di Wembley, ma riscalda i cuori perché sopperisce alle sue carenze con il coraggio e la corsa, vincendo i duelli che prima perdeva sempre, schiacciando gli inglesi nella loro metà campo e impedendogli di ripartire. Ha accorciato le distanze Retegui, che non è stato così brillante ma ha saputo cogliere l’attimo, e non è poco. Decisive le sostituzioni di Berardi e Jorginho, i peggiori in campo. Ma non è questo che conta. L’impressione alla fine è che tutto ciò non basta, che bisogna fare un passo in più, bisogna cambiare. Mancini ha scelto di affidarsi agli uomini del passato, e forse non è che poteva fare altrimenti, avendo ritenuto troppo rischioso rivoluzionare il suo gruppo. Ma il tempo è impietoso e non perdona mai. Il centrocampo era la forza dell’Italia. Ora è la sua debolezza.
Si era cominciato con le immagini di Vialli, e l’Italia avrebbe voluto tanto dedicargli la vittoria. Ma a leggere le formazioni schierate al Maradona, non è che uno poteva farsi troppe illusioni. E’ la prima Italia senza juventini, come se fosse fortemente targata Gravina. Media 29 anni, un po’ altuccia. Mancano Chiellini e Bonucci, i pilastri della difesa, vecchie armature ormai consunte che non riparano più dai dardi nemici. Ci sono Verratti e Jorginho, ma sono due sopravvissuti irriconoscibili, anche loro vittime della legge più impietosa che ci sia: quella dell’età. Non c’è Chiesa, che fu uno dei migliori in quell’estate gloriosa di Wembley. E soprattutto, a giudicare dal recente cursus honorum di questa nazionale, manca l’erede di un grande bomber d’area, scuola ormai inaridita che ci ha lasciato soltanto un contropiedista d’eccezione come Ciro Immobile. Senza due gladiatori pieni di medaglie che ti coprono le spalle dandoti sicurezza, sostituiti dalla coppia Acerbi Toloi, 67 anni in due, non proprio dei giovanotti, senza quel Verratti e quel Jorginho, e senza le razzie apriscatole di Chiesa, c’è il rischio che venga a mancare anche il gioco, con cui Santo Mancio aveva costruito quel piccolo miracolo europeo. Il ct, che almeno ha sempre avuto il coraggio di scovare campioncini in erba ancora prima che provassero le arcigne marcature della serie A come Zaniolo, si affida a Mateo Retegui, debuttante pescato in Argentina, paragonato alla vigilia addirittura al giovane Batistuta. Troppa grazia. Speriamo bene. Chi non ha questi problemi è proprio Southgate, che può fare a meni di Rashford e lasciare a casa Abraham e Sterling, tanto lì davanti può contare su Kane, 53 gol in 80 partite, e una batteria di giovani da far invidia al mondo, da Saka a Bellingham, permettendosi il lusso di tenere in panchina Phil Foden, talento naturale del Manchester City.
Però all’inizio, l’Italia è sembrata tornata ai bei tempi, almeno nelle intenzioni, in pressione sugli inglesi a cercare veloci triangolazioni e trame di gioco coraggiose, nel dna di Mancini. Prima su una punizione di Jorginho, Di Lorenzo svirgola un po’ appoggiando su Pickford, poi di testa Retegui manda a lato. La volontà c’era. Ma l’Inghilterra non è che sia stata a guardare. All’8’ una incursione di Saka è sventata senza problemi, e tre minuti dopo una sventola da fuori area di Bellingham ha chiamato Donnarumma all’intervento in angolo, con tano di volo plastico. Sul corner mischia pericolosa, ci prova Kane e sulla ribattuta Rice non perdona: zero a uno. Gli inglesi giocano coperti, cercando di sfruttare gli spazi lasciati liberi nelle nostre retrovie. In questa fase gli azzurri soffrono in particolare la pressione di Bellingham che si muove a tutto campo e lo svariare di Kane, quasi da regista avanzato, per lanciare gli inserimenti da dietro. L’Italia attacca, ma l’azione più pericolosa è ancora degli ospiti quando Bellingham non arriva per un soffio sul traversone basso di Kane. Poi, su una boiata di Jorginho, Philips s’invola tutto solo e sfiora il palo alla destra di Donnarumma. E l’Italia? Niente. Solo qualche cross a vuoto di Spinazzola. Davanti, il povero Retegui è cancellato dalla ferrea marcatura di Maguire. Si fa vedere solo su un contropiede, quando cerca di liberarsi per un tiro, ma senza successo. Subito dopo su un traversone nell’area azzurra, invece, tocco di mano con il braccio largo di Di Lorenzo: rigore. E due a zero di Kane. Un minuto dopo, al 45’, il centravanti inglese va via di nuovo e serve tutto solo davanti alla porta vuota Grealish, che riesce incredibilmente a mandare fuori il pallone. Il primo tempo si chiude così. E il risultato purtroppo non mente. Anzi. I dubbi della vigilia sono confermati dal campo, nessuno escluso: dopo Chiellini e Bonucci il niente, Acerbi e Toloi, traballanti e incerti, non danno nessuna sicurezza. Jorginho e Verratti sembrano due ex calciatori a una partita di vecchie glorie, e l’ex Chelsea poi è addirittura disastroso, perdendo un pallone dietri l’altro. In attacco la nostra crisi pare irreversibile: Berardi chi l’ha visto?, e Retegui sembra impalpabile, ma la verità è che non è colpa sua, visto che non arrivano molti palloni dalle sue parti.
La ripresa
Nel secondo tempo, alla ripresa del gioco, formazione confermata. Noi proviamo con qualche calcio d’angolo, poi ci pensa Verratti a cincischiare col pallone per lanciare in contropiede gli inglesi e costringere Toloi a un intervento killer (neanche ammonito). Tutto come nel primo tempo? Forse no. Al 5’ improvvisa fiammata azzurra, ma Pellegrini in area tira alle stelle. E subito dopo ancora lui, Pellegrini, inventa uno splendido passante per Retegui davanti a Pickford e la recluta, liberato dalla marcatura di Maguire che s’era spinto a metà campo per picchiare Barella, non sbaglia. A questo punto Mancini cambia: fuori Berardi finalmente e dentro Politano, mentre Cristante sostituisce uno zoppicante Barella. L’Italia adesso spinge e dalla panchina entrano pure Gnonto e Tonali (al posto di Pellegrini e Jorginho). Southgate invece richiama Grealish e manda in campo Foden. Mancano 15 minuti alla fine e l’Italia comincia l’assedio. Al 77’ Gnonto spedisce al centro un pallone velenoso che Politano manca d’un soffio a un metro dalla linea di porta. E un minuto dopo Retegui prova a scattare palla al piede, con la prateria libera davanti, ma viene atterrato da Shaw, che era stato appena ammonito. L’arbitro ci pensa un po’, poi estrae il secondo cartellino giallo. Inglesi in dieci. E l’assedio si fa ancora più insistente, con gli inglesi arretrati tutti a presidio della rete difesa da Pickford, nel più classico dei catenacci provinciali. Gli azzurri creano una mischia dietro l’altra, ma tiri in porta nessuno. Alla fine è una sconfitta che fa male, non perché ingiusta, ma per questo secondo tempo all’arrembaggio, molto diverso dal primo, per il cuore che ci ha messo, per aver fatto vedere che quando si lotta e si corre puoi farcela anche se sei meno forte.