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Una bella Italia (Barella e Chiesa su tutti) si libera del tabù Macedonia. Ora la sfida decisiva con l'Ucraina che vale l'Europa

Ce n’è voluto di tempo, è un assedio cominciato alle porte del Mondiale e finito adesso sulla soglia di un Europeo

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
Una bella Italia (Barella e Chiesa su tutti) si libera del tabù Macedonia. Ora la sfida decisiva...
Chiesa esulta dopo il gol (Ansa)

Finalmente, la Macedonia è crollata sotto i nostri colpi. Ce n’è voluto di tempo, è un assedio cominciato alle porte del Mondiale e finito adesso sulla soglia di un Europeo. Cinque gol a due, ma per farne così tanti abbiamo dovuto creare almeno il doppio di occasioni. Adesso ci aspetta l’Ucraina a Leverkusen. Ma ci andiamo con un po’ di fiducia in più. Abbiamo un grande ct. E abbiamo trovato un ottimo Chiesa, apparso in splendido stato di forma. Ma sono tanti i segnali buoni arrivati da questa sfida, da Barella, superbo in tutte le fasi di gioco, a Darmian che ha sostituito Di Lorenzo senza farlo rimpiangere, a Gatti e Di Marco. Buona la prova pure di Raspadori. E bene Jorginho, a parte il solito rigore sbagliato, in maniera anche un po’ ridicola. L’unico che rimandato è Berardi.

La nostra bestia nera

Negli ultimi tempi la Macedonia era diventata la nostra Bestia Nera. Gli azzurri di Spalletti non dovevano solo scacciare i fantasmi del ko di un anno e mezzo fa, 24 marzo 2022, quando furono eliminati nella corsa ai Mondiali, ma togliersi di dosso anche il pareggio con il quale ci avevano inchiodati a Skopje. Gli uomini di Blagoja Milevski si sono presentati all’Olimpico, riempito quasi come se fosse una partita della Roma, arroccati in un allegriano 3-5-2, a far muro dietro a protezione di Dimitrievski, il portiere che all’andata inseguì Buffon per farsi autografare la maglia, con Elmas in posizione appena più avanzata, ma non troppo, a supporto di Miovski, l’unica vera punta. L’uomo da tenere d’occhio, però, è Enis Bardhi, centrocampista del Trabzonspor che all’andata infilò Gigio Donnarumma sul suo palo al minuto 81 della gara giocata in terra macedone, a conferma che questi diavoli in maglia rossa hanno preso la brutta abitudine di colpirci sempre nei minuti finali. Sin dall’inizio si capisce subito che partita ci aspetta.

La strategia della Macedonia

La Macedonia si piazza tutta nella propria metà campo, con l’intenzione di non muoversi da lì, senza nemmeno abbozzare un timido pressing ai difensori azzurri che impostano l’azione. Chiesa, galvanizzato per bene da Spalletti che l'ha appena definito un fuoriclasse, sembra in grande spolvero, ma al primo affondo Dimoski, al secondo minuto, gli fa capire come intende marcarlo, con una entrataccia killer sul suo ginocchio destro: l’arbitro manco lo ammonisce, anche se l’attaccante azzurro è costretto a farsi medicare fuori campo. Rientra giusto in tempo per impegnare Dimitrievski: è il settimo minuto ed è il primo tiro in porta di una lunga serie. Al 13’ segna Raspadori, solo che è scattato in fuorigioco. Tre minuti dopo ancora Chiesa: scambia con Bonaventura e il portiere macedone rinvia il suo tiro in calcio d’angolo. Al 17’ il gol vero: corner, Raspadori crossa e Darmian di testa insacca. Alla mezz’ora ancora Chiesa, servito da Bonaventura: Dimitrievski si salva in angolo. Poco dopo, netto fallo di mani in area di Serafimov che devia un colpo di testa di Gatti. Rigore. Sul dischetto Jorginho, proprio lui, quello che sbagliandone due non ci ha fatto andare ai mondiali. E rieccolo: fallisce di nuovo, tiro blando e centrale, il portiere era già a terra e se lo ritrova fra le mani. Nel prosieguo dell’azione, dal fallo laterale, mischia confusa in area con Barella che di tacco libera Chiesa dietro di lui, gran botta all’angolino e due a zero. Ma non basta. Al 47’, in contropiede ancora lui, Chiesa, punta Manev e inventa un tiro a giro che si infila in rete. Tre a zero e doppietta. L’attaccante azzurro sembra trasformato rispetto a quello che balbetta nella Juventus. Elementare, Watson. Quando non devono pensare solo a difendere, le punte rendono di più. E poi in azzurro gioca nel suo ruolo, da attaccante esterno e non da seconda punta. Il primo tempo si chiude così. Tanta Italia, la Macedonia si è vista solo quando c’era da picchiare, e questo lo ha fatto benissimo.

Il secondo tempo

La ripresa sembra cominciare com’erano finiti i primi quarantacinque minuti, con Raspadori che impegna subito Dimitrievski. Ma gli azzurri paiono quasi appagati del risultato, e lo si capisce guardando la panchina, perché Spalletti, fino a quel momento silenzioso camminatore davanti alla panchina, mani in tasca e testa bassa, comincia ad agitarsi come un forsennato, come se temesse un calo d’attenzione da parte dei suoi. E ne ha ben donde: sono appena passati sette minuti e al primo tiro in ports, la Macedonia accorcia. Colpo di testa di Atanasov, lasciato tutto libero di infilare Donnarumma, che è rimasto a guardare anziché uscire a intercettare il cross. Preso il gol, per qualche minuto l’Italia riprende a giocare come nel primo tempo e a bombardare la porta degli ospiti. Al 53’, Bonaventura da due passi, al volo, e Dimitrievski si salva miracolosamente. Al 57’ Di Marco, tiro a giro, e il portiere macedone rinvia con i pugni. Poi, splendida azione di Darmian e altra grande parata del numero uno (tutto vanificato però da una segnalazione di fuorigioco). Questo Dimitrievski, protagonista di una serata memorabile a casa del Real Madrid, è davvero un ottimo portiere. Da parte nostra, però, cominciano a emergere difetti e carenze, anche pesanti. Cominciamo a perdere le seconde palle, consentendo agli assatanati macedoni di portarsi avanti con più insistenza verso la porta di Donnarumma. Per di più c’è il problema Berardi, che continua a sbagliare un pallone dietro l’altro, ma soprattutto a perderne di veramente velenosi.

Su uno di questi riparte la Macedonia, Atanasov tira da fuori trovando una deviazione di Acerbi che spiazza Donnarumma. Tre a due, e i fantasmi della nostra Bestia Nera che cominciano ad aleggiare sull’Olimpico. E’ il 74’. Passano cinque minuti di vera e propria angoscia, gli azzurri cominciano a temere l’incubo. Poi come un lampo, arriva il gol liberazione: taglio di Barella e diagonale fulminante di Raspadori: quattro a due e un gran sospiro di sollievo. Passata la gran paura, l’Italia ritorna a giocare come nel primo tempo (dopo aver sostituito Berardi, per fortuna, con El Shaarawy). Ed è proprio l’attaccante della Roma a mettere il timbro sul quinto gol. Abbiamo dovuto esagerare per toglierci di dosso questo tabù. Adesso almeno andiamo a Leverkusen per affrontare l’Ucraina con due risultati su tre a disposizione. Questa comunque non è una Nazionale che fa calcoli. Si va là per vincere e basta. Spalletti il gioco è già riuscito a darlo. Ed è da lì che si comincia a fare una squadra.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno   
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